LA VERSIONE DI MUGHINI: "QUESTA LA REPUTO TUTTO FUORCHÉ UNA PRIGIONIA. NELLA STANZA INTERAMENTE TAPPEZZATA DI LIBRI IN CUI SONO ORA E’ COME STARE AL PUNTO DI INCROCIO DI TUTTE LE STRADE DEL MONDO, DI TUTTE LE MEMORIE DEL MONDO, DI TUTTO IL DOLORE DEL MONDO. STO LEGGENDO "LE PREMIER HOMME", IL ROMANZO POSTUMO PUBBLICATO A 34 ANNI DALLA MORTE DI CAMUS..." - CONSIGLI DI LETTURA: "NON LASCIATEVI INFLUENZARE DALLA CLASSIFICA DEI LIBRI “PIÙ VENDUTI”, INSOMMA DAL LORO “SUCCESSO” - IL CASO DI “COMPAGNI ADDIO”
-Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, un amico mi ha chiamato a nome di un canale televisivo che mi chiedeva un breve video dove raccomandassi la lettura di un determinato libro ai tanti cittadini della repubblica in questo momento rinchiusi tra le pareti di casa. Ho risposto che la cosa era impostata male perché ciascuno che ama i libri un libro da leggere ce l’ha sul comodino da notte o sul tavolo da lavoro, e dunque ho risposto di no, che il video non lo facevo. Sta parlando uno per il quale, e dall’età dei vent’anni, il tempo della vita che non era passato a leggere era come buttato via.
Una mia cara e intelligente amica mi ha chiesto come stesse andando la mia “prigionia”, e voleva dire il fatto di essere obbligato a starmene in casa. Le ho subito rposto che tutto la reputavo fuorché una prigionia. Tutto al contrario. Le tre autentiche cattedrali della mia vita personale sono state le tre successive “stanze dei libri” delle tre case in cui ho vissuto dopo i vent’anni: la casa di via Francesco Cilea a Catania, la mia prima casa romana a via della Trinità dei Pellegrini (dalle cui finestre nei primi anni vedevo Sergio Tofano che innaffiava le piante del suo balcone), la casa a Monteverde dove abito adesso, che sarà la casa degli ultimi anni della mia vita e dove le “stanze dei libri” sono sette ma quella che conta è la stanza dove adesso sto battendo alla tastiera del computer. E’ interamente tappezzata di libri. Sentirmi “in prigionia” mentre sto qui dentro? Ma non scherziamo.
E’ come stare al punto di incrocio dove convergono tutte le strade del mondo, tutte le memorie del mondo, tutto il dolore del mondo. Non c’è niente meglio dei libri - dei viaggi della mente e della fantasia che ti sollecitano i libri - a raccontare tutto questo. I viaggi, i luoghi e le città del mondo, certo che è importante andarci, visitarle, scoprirle. Solo che i libri i luoghi e le città del mondo te le portano a casa, strada per strada, vicolo per vicolo, personaggio per personaggio.
Sto leggendo “Le Premier Homme”, il romanzo postumo pubblicato a 34 anni dalla morte di Albert Camus, premio Nobel della letteratura nel 1957. Racconta la sua infanzia di cittadino francese nato in Algeria (dove ambienterà il celeberrimo “La Peste” del 1947) e dov’è un ritratto straziante di sua madre, una donna che non sapeva leggere e che ci sentiva poco e che aveva passato tutta la sua vita a lavare i parquets dei francesi agiati o a guardare dal balcone di casa sua quelli che passavano per strada. Da una tale madre (che indossava sempre abiti poveri ma mai qualcosa di brutto), da un padre che era morto in guerra quando Camus aveva un anno, da una tale famiglia poverissima era sgorgato uno dei grandi intellettuali europei del secondo Novecento.
Vuol dire con questo che sto consigliandovi a tutti i costi di leggere “Le Premier Homme”? Ma no. Scegliete quello che volete, quello che è più necessario e più giusto in questo momento della vostra vita, quello che meglio appaga le curiosità e le tensioni dello stadio in cui versa oggi la vostra anima, e a non dire che fra voi che state leggendo ci sono ventenni/trentenni, cinquantenni, settantenni, ossia persone che appartengono a generazioni diversissime e dunque hanno sensibilità diversissime, antenne diversissime. A vent’anni io lessi ad alta voce da quanto mi commuoveva le “Lettere dal carcere” di Antonio Gramsci, uno dei libri che più mi hanno cambiato la vita a farmi diventare quello che sono oggi. Di certo non è un libro che consiglierei a oggi uno di vent’anni. Purtroppo s’è creato un muro fra loro e le esperienze e le sensibilità di noi che viaggiamo abbondantemente negli “anta”.
Una cosa sola consiglierei ai quindici lettori che sono arrivati sino a questo punto del mio pezzullo, ossia di non lasciarsi influenzare dalla classifica dei libri “più venduti”, insomma dal loro “successo”. Le pile di copie vendute di un libro dipendono dall’umore dei tempi e del pubblico cui si rivolgono, non certo dalla loro qualità. Ho raccontato su queste stesse pagine dei libri di Tommaso Landolfi, capolavori della letteratura italiana del Novecento che vendettero ciascuno di loro delle briciole. Ecco, provate a leggere Landolfi se non lo avete fatto. Era un tipo molto speciale.
E permettetemi, per la prima e ultima volta della mia vita, una specie di vanteria. Nel 1987 pubblicai da Mondadori un libro cui tengo molto perché segna una tappa della mia vita, “Compagni addio”. L’editore ci credeva sì in quel libro. Vendette poco più di 8000 copie, infinitamente meno delle aspettative dell’editore e forse anche mie. Un libro che uscì contemporaneamente al mio e che cantava la meraviglia degli anni della contestazione ne vendette cinque volte tante. Qualche giorno fa su e-bay due copie di “Compagni addio” erano offerte rispettivamente a 150 e 210 euro. Una copia del libro che aveva talmente surclassato il mio quanto a copie vendute, era offerto a 8 euro.
GIAMPIERO MUGHINI