VORREI INCASSARE COME BIAGIO ANTONACCI - L’ARCHIVIO DELLA SIAE RIVELA CHE IL BRANO "VORREI CANTARE COME BIAGIO ANTONACCI", CHE HA CREATO ATTRITI TRA IL CANTAUTORE CITATO E L’ESECUTORE, SIMONE CRISTICCHI, È STATO COMPOSTO DA ENTRAMBI - DA LUCIO BATTISTI A VASCO ROSSI, ECCO TUTTE LE CANZONI CHE EVOCANO GIÀ NEL TITOLO ALTRI ARTISTI – L’AVVOCATO GIORGIO ASSUMMA: “NON C’È BISOGNO DI AUTORIZZAZIONI” - VIDEO
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Michele Bovi per Dagospia
Simone Cristicchi è un ingrato. Parola di Biagio Antonacci.
Nel 2005 Cristicchi incise “Vorrei cantare come Biagio” e fu subito successo. All’epoca lui faceva pianobar e venne a chiedermi il permesso a un concerto a Roma – ha raccontato Antonacci a Renato Franco del Corriere della sera - Gli dissi: se vai sul palco stasera davanti a ottomila persone potrai farla. Da quel momento non ho più sentito da parte sua un gesto carino, per una canzone che è tuttora il suo più grande successo. Io vivo di gesti, di empatia umana, il riconoscimento che sta in una parola: uno deve dire grazie, sempre”.
Sembra lo sfogo, inquieto ma legittimo, di un artista celebre verso un brano-tormentone che sfrutta la sua popolarità.
La sorpresa arriva quando, a seguito di una ricerca nell’archivio delle opere musicali della SIAE, si scopre che gli autori di “Vorrei cantare come Biagio” risultano essere tre: Simone Cristicchi, il musicista e produttore discografico Leo Pari e …Biagio Antonacci che firma come compositore della musica e come autore del testo.
Una realtà sconosciuta finora a tutti, visto che sulle etichette dei supporti musicali sono sempre e soltanto apparsi i nomi di Cristicchi e Pari.
Due le plausibili spiegazioni:
- Antonacci è davvero coautore del brano che lo cita a ripetizione e per una forma di pudore ha preferito mantenere il riserbo;
- Cristicchi per incidere il brano ha dovuto riconoscere il credito a colui che egli stesso ha voluto eleggere a protagonista del testo.
Resta tuttavia indecifrabile l’astio di Antonacci verso quella canzone, visto che ogni volta che viene eseguita è lui a incassarne buona parte dei profitti.
Il quesito fondamentale è un altro e riguarda la necessità di un’autorizzazione quando si vuole intitolare a un personaggio celebre un’opera dell’ingegno.
Non c’è bisogno di permessi se l’uso di un nome non rappresenta un’usurpazione – spiega Giorgio Assumma, luminare del diritto d’autore – ovvero se non viola quattro requisiti: l’onore, il decoro, la reputazione e la riservatezza del soggetto invocato.
In realtà nell’invocare altri artisti nelle proprie canzoni c’è già stato chi rasentava i margini segnalati dall’avvocato Assumma.
Nella “Venerdì 17” pubblicata nel 2004 dal rapper Fabri Fibra si ascolta Ultimamente fumo eroina tabasco e ti assicuro è buona: ce la vende Vasco. E Fedez nella sua “Jet Set” del 2011 canta Quando Vasco si faceva era l’idolo del mondo.
Senza dubbio Vasco Rossi rappresenta il totem di innumerevoli artisti. Sono 48 le canzoni depositate alla SIAE che lo citano nel titolo.
A comporre la “Vasco” più famosa fu Jovanotti nel 1989 con la musica firmata da Claudio Cecchetto e Luca Cersosimo. Ma ci sono anche “Vasco non Vasco” di Dino Moroni alias Arcano, “L’ha detto Vasco” di Giuseppe Carella, “Colpa di Vasco” di Ka Bizzarro con Giacomo Fusari. Seguono la tangibile “Tale e quale a Vasco” di Alfonso Di Bernardino, l’esitante “Non sono mica Vasco” dell’arrangiatore milanese Lorenzo Magnaghi, l’oggettiva “Non mi chiamo Vasco Rossi” di Fabio Gasparini, le due conviviali “Al bar di Vasco” del cantautore torinese Enzo Maolucci e “Quando Vasco mise piede in questo bar” del cantautore bresciano Marco Franzoni e l’angelica “Il paradiso è solo Vasco Rossi” del cantautore romano Fabio Criseo.
Si accodano le comparative “Come Vasco” di Fabri Fibra, “Come il grande Vasco” del cantautore siciliano Salvatore Tornitore e l’hit del 2007 “Come Vasco Rossi” eseguita dal duo trentino Gaia & Luna con un’altra sorpresa nell’archivio della SIAE: la canzone è accreditata al dj e discografico Agostino Carollo, al compianto Alan Taylor produttore dei primi tre dischi di Vasco Rossi e - seppure non menzionato nell’etichetta - allo stesso Vasco Rossi, musica e testo. Blasco come Biagio.
L’invocazione di artisti celebri è abitudine diffusa e vantaggiosa nella cosiddetta musica leggera. Cominciò la regina dello swing Ella Fitzgerald nel 1936 con “Mister Paganini” scritta da Sam Coslow che adattata in italiano dall’editore Alberto Curci divenne un cavallo di battaglia per Natalino Otto e per il Quartetto Cetra. Il principe dei violinisti Niccolò Paganini è stato ricordato anche dal cantautore molisano Enzo Guarini per “Io e Paganini” e dal chitarrista classico sardo Ivo Zoncu per l’esoterica “Io, Paganini e il diavolo”. Forse nell’intento di smentire l’aforisma Paganini non ripete è nata “Clone Paganini” composta da Guido Gavazzi, direttore della scuola di musica toscana Amadeus.
E proprio Wolfang Amadeus Mozart è il primo della classe. Nell’archivio della SIAE il suo nome compare nil titoli di 2300 opere. Molte classiche, numerose pop come “Caro Mozart” scritta da Lilli Greco e Paolo Dossena nel 1971 per Sylvie Vartan, “A sud di Mozart” di Edoardo Bennato, le sibilline “Mozart acquatico” del maestro Pinuccio Pirazzoli e “Scappa Mozart” del direttore d’orchestra emiliano Paolo Gattolin, le immancabili ricreative “Addio Caffè Mozart” di Renato Rascel con il testo della coppia Garinei & Giovannini e “Al bar del piccolo Mozart” di Enrico Gasparotto. Di più ampio respiro stilistico ed epocale “Mozart e i Beatles” composta dal più acclamato dei direttori d’orchestra pop Beppe Vessicchio.
Dopo Mozart c’è Johann Sebastian Bach con 2031 titoli dedicati: il più famoso è “Ho scelto Bach” scritto da Roberto Vecchioni e Iller Pattacini nel 1967 per Andrea Lo Vecchio e l’archivio della società degli autori ed editori ospita ben tre diversi depositi con lo stesso titolo “Ascoltando Bach” e un quarto “Ascoltando un disco di Bach”. Sul nome del compositore tedesco sono stati in molti anche a sbizzarrirsi in parafrasi: dal compositore bresciano Luigi Stanga con “Bach is Back” al fisarmonicista emiliano Fabio Magnoli con “Bachata dalla fortuna”.
Segue Frédéric Chopin a quota 1740 : nel 1971 Franco Migliacci e Dario Farina scrissero “A quel concerto di Chopin” per Gianni Morandi; vent’anni dopo, Marco Masini ha pubblicato “Un piccolo Chopin”.
In quarta posizione c’è Ludwig van Beethoven citato in 1664 titoli. Il primo a trascinarlo in un brano rock fu Chuck Berry con “Roll Over Beethoven” del 1956, riproposto in seguito da altri giganti, Beatles e Rolling Stones su tutti. Scrisse “Le scarpe di Beethoven” Giovanni Fusco, tra i primi compositori italiani di musica cinematografica. Allo Zecchino d’oro del 1993 entrò in finale “La nonna di Beethoven” composta dal maestro Augusto Martelli con il testo di Pipolo, pseudonimo dello sceneggiatore Giuseppe Moccia.
Enrico Caruso è l’interprete lirico più citato, con 124 titoli. In testa per popolarità la “Caruso” del 1986 di Lucio Dalla, ma prima di lui un’altra “Caruso” aveva fatto il giro del mondo, scritta e cantata nel 1976 da Joan Baez.
78 sono i titoli che invocano Maria Callas. Due riguardano colonne sonore di film: “Callas Forever” del 2002 di Franco Zeffirelli con la musica di Alessio Vlad e “Callas e Onassis” del 2005 di Giorgio Capitani con la musica di monsignor Marco Frisina.
Anche Luciano Pavarotti è ricordato nei titoli del pop (28 volte). Il polistrumentista vicentino Sergio Brugnone ha composto “Ho cento dischi di Pavarotti”, il cantautore Roberto Cavalcante ha depositato l’intrigante “Dal Boss a Pavarotti”, mentre Raul Casadei titolò “Pavarotti” una delle sue mazurche.
Il re del rock Elvis Presley fa anche in questo campo la parte del leone: 1535 titoli lo ricordano. Tra gli italiani, lo scrittore padovano Romy Genovese ha registrato alla SIAE “Più famosi di Elvis Presley”. Il rapper statunitense Dante Cimadamore gioca sui confronti: “Michael Jackson VS Elvis Presley” e “Frank Sinatra VS Freddy Mercury” sono i suoi pezzi forti.
Frank Sinatra (246 titoli) fu ricordato già nel 1950 dal Quartetto Cetra con il brano “Dimmi un po’ Sinatra” scritto da Tata Giacobetti sulla musica di Armando Trovajoli e nel 1972 Fred Bongusto incise “La canzone di Frank Sinatra”.
Fabio Concato nel 1977 ha ricordato Dean Martin, partner abituale di Sinatra, nella spassosa “A Dean Martin”.
Dalla British Invasion scaturirono altri soggetti. 421 titoli citano i Beatles, 117 i Rolling Stones. Il paroliere Franco Migliacci coinvolse entrambe le band nel 1967 per la storica “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” di Mauro Lusini e Gianni Morandi. Il poeta Roberto Roversi scrisse per gli Stadio nel 1984 “Chiedi chi erano i Beatles”. Ha scelto i secondi con “Non siamo i Rolling Stones” Marco Scanavilli, voce della tribute band lodigiana consacrata a Luciano Ligabue. Elio e le Storie Tese nel 1999 triplicarono con “Beatles, Rolling Stones e Bob Dylan”.
I quattro Beatles sono anche citati singolarmente. 120 volte John Lennon. Tra i titoli più incisivi “Ci vorrebbe John Lennon” di Simone Giorgi, “Hanno sparato a John Lennon” di Andrea De Luca, “John Lennon sa chi sono” di Franco Marcello Murro e Fabrizio Gatti, il liturgico “La salvezza di John Lennon” di Natale Plebani, il cutaneo “La forfora di John Lennon” di Emiliano Ballarini.
“L’Agresti è morto come Paul McCartney” è stata depositata dal comico toscano Andrea Agresti e “I sandali di Paul McCartney” dal cantautore milanese Marco Levi. In tutto 37 titoli con Paul McCartney, di cui cinque cofirmati dallo stesso Paul.
Restano George Harrison e Ringo Starr.
Un “George Harrison” (su 17 titoli in totale) è firmato dal pianista Mauro Pagliarino.
Anche il batterista dei Beatles è a quota 17: da “Non piange Ringo Starr” di Paolo Limiti e Umberto Napolitano per i Nuovi Angeli del 1978 a “Ringo Starr” dei Pinguini Tattici Nucleari per Sanremo 2020.
Nome e cognome di Adriano Celentano compaiono in 54 titoli. Due sono diventati importanti successi stranieri: il primo del musicista svedese Joakim Åhlund, il secondo della cantautrice tedesca Suzie Kerstgens.
Nel 1966 quando ancora era considerato il luogotenente del Molleggiato, Don Backy scrisse “Come Adriano”. Mentre “Adriano Celentano” è uno dei titoli dell’album di Francesco Baccini del 1992 “Nomi e cognomi”, in compagnia di “Antonello Venditti”, “Giulio Andreotti”, “Diego Armando Maradona”, “Renato Curcio” e “Jack lo Squartatore”.
Il nome di Lucio Battisti compare in 46 titoli: dall’azzardato “Ammazzando Battisti” del duo folignate Tommaso Trastulli e Federico Bocchini, al percussivo “Battisti” (Battisti dove sei? Battisti non esisti) del 1995 dei B-Nario, fino alla “Mogol-Battisti” del 2006 interpretata dall’autore Andrea Mingardi con Mina. Merita menzione il titolo remissivo confezionato dal cantautore napoletano Massimiliano Ambrosino: “Siamo tutti figli di Battisti”.
Nell’archivio della SIAE si trova di tutto: “Auguri Mina” del pianista Fabio Gangi, “Claudio Villa dispettoso” del direttore d’orchestra Ovidio Sarra assieme al clarinettista Astro Mari e sette diverse “Amanda Lear”, l’ultima del 2017 firmata da Diego Palazzo e Francesco Bianconi per i Baustelle.
E tornando al titolo di apertura scopriamo che “Vorrei cantare come Biagio” di Antonacci-Cristicchi-Pari ha dato origine a due gemelli: il primo è “Abbiaggio Antonacci” di Andrea Sambucco, alias Ruggero de I Timidi, assieme a Salvo Spoto, coppia di comici con all’attivo partecipazioni in programmi tv come Zelig e Quelli che il calcio. Il secondo è “Vorrei cantare come quello che vuole cantare come Biagio Antonacci” enigmatica controproposta di Francesco Recchia, alias Keccorè, cantautore pugliese residente a Londra. È un brano che ho composto 17 anni fa in omaggio a Simone Cristicchi, uno dei miei artisti preferiti – rivela Recchia – L’ho depositato alla SIAE ma non l’ho ancora inciso. Penso di farlo nei prossimi giorni. Senza nemmeno chiedere il permesso a Biagio Antonacci.