ZINGARETTI E' COME STALIN. NON SI PUO' CRITICARE – FELTRI BASTONA IL SEGRETARIO DEM REO DI AVER ATTACCATO LA DE GREGORIO – “NON BASTA ESSERE A CAPO DI UN PARTITO EX COMUNISTA PER SFUGGIRE AL GIUDIZIO, FOSSE ANCHE SBAGLIATO, ESPRESSO DALLA STAMPA” – IL GIORNALE: "SU ZINGARETTI SI È SCATENATA LA MACCHINA DEL FANGO DI REPUBBLICA. È STATO PRESO A BOTTE NUOVAMENTE DALLA DE GREGORIO, MENTRE FABIO FAZIO LO TENEVA FERMO A CHE TEMPO CHE FA. POI SI SONO AGGIUNTI ROBERTO SAVIANO E MICHELE SERRA. LA SEGRETERIA ZINGARETTI NON HA MAI CONQUISTATO IL CUORE DEI «RADICAL CHIC»…"
-Vittorio Feltri per "Libero quotidiano"
Criticare Zingaretti è cosa buona e giusta, esattamente come criticare qualsiasi politico di cui non si approvino discorsi ed azioni. Non capisco per quale motivo Concita De Gregorio, editorialista di Repubblica ed ex direttore de L' Unità, sia stata aggredita dal segretario del Pd per avergli rimproverato alcuni atteggiamenti.
Io non sposo le linee ideali di questa giornalista, della quale non sono amico, non avendola mai neppure incontrata. Però non comprendo per quale ragione ella non possa pubblicare un articolo aspro sul leader democratico, che non è Dio in terra bensì un uomo modesto, di cultura modesta, come quasi tutti gli esseri viventi.
Non basta essere a capo di un partito ex comunista per sfuggire al giudizio, fosse anche sbagliato, espresso dalla stampa. Io mi sono dimesso entusiasticamente dall' Ordine dei giornalisti, che considero un ovile, eppure questo non mi impedisce di difendere una categoria sempre più vilipesa soltanto perché talvolta fa male il suo mestiere. Concita, nel caso in questione, si è limitata a esercitare un diritto: quello di spiegare ciò che pensa riguardo un personaggio pubblico. Dov' è il problema? Mistero.
Mi risulta che pure Roberto Saviano, scrittore di successo a me poco gradito, abbia lanciato strali su Zingaretti, e anche egli è stato per questo bistrattato. Non entro nel merito dei suoi appunti (per me è libero di esternare ogni sua opinione, comprese quelle poco apprezzate). Tuttavia rimango basito nell' apprendere delle censure di cui è stato vittima.
Da notare che tutti si sciacquano la bocca con la democrazia di cui evidentemente ignorano l' autentico significato, visto che se qualcuno elabora concetti originali, non conformistici, immediatamente viene condannato dai soliti soloni, di norma progressisti appassionati di politicamente corretto.
Questo è un fenomeno abbastanza recente. La guerra al vocabolario infuria: è vietato ricorrere ai termini negro, zingaro, clandestino, per fare qualche esempio. Tutte parole, quelle citate, nient' affatto offensive ma, chissà perché, sono state messe al bando. Alla battaglia contro il linguaggio popolare partecipano intellettuali veri e sedicenti, col risultato di rendersi ridicoli.
Ieri poi Michele Serra, un tempo l' unico comunista spiritoso e ora intruppatosi nel mucchio selvaggio della sinistra generica, sulla solita Repubblica verga un commento sul dirigente del Pd e non trova di meglio che aggrapparsi ai radical-chic, che Zingaretti ha evocato, per prenderlo per i fondelli. Serra afferma che radical-chic fa parte del linguaggio di Salvini e Feltri, quando io questa locuzione non la adopero, poiché mi dà sui nervi. In sostanza Michele su di me dice il falso, essendo abituato alle falsità tipiche della sinistra, comunista. Compagni, vi conosco, perciò non vi stimo. Ma sono in grado di tollerare persino gli stolti.
2 - CASO CONCITA, PROCESSO STALINISTA A ZINGARETTI
Paolo Bracalini per "il Giornale"
Su Nicola Zingaretti si è scatenata la macchina del fango di Repubblica.
Il segretario del Pd si è macchiato di una colpa troppo grave per essere perdonata in nome dalla comune militanza politica. Zingaretti è infatti colpevole di aver risposto male a Concita De Gregorio, utilizzando per giunta un termine («radical chic») che secondo le firme del quotidiano di riferimento del Pd non doveva permettersi di utilizzare, tanto più con una donna, che nella misteriosa logica di sinistra sarebbe più grave rispetto a polemizzare con un giornalista maschio.
Dopo la character assassination fatta dalla De Gregorio, che ha descritto Zingaretti come un incapace, «un ologramma», uno «che inciampa, esita, traccheggia, tira fuori un foglietto da leggere» e che non è neppure capace da solo di «trovare l' uscita del Quirinale», un mediocre che «lascia dietro di sé l' eco malinconica di un vuoto», il segretario del Pd ha reagito con un tweet altrettanto polemico verso la giornalista di Repubblica che lo ha demolito attaccandolo sul personale, descrivendolo come un inetto (mentre invece ha magnificato il ministro Provenzano, con cui collabora il figlio della De Gregorio).
Zingaretti per questo è stato preso a botte nuovamente dalla giornalista, mentre Fabio Fazio lo teneva fermo a Che Tempo che fa. Poi si è aggiunto Roberto Saviano, un altro opinionista della stessa famiglia, che ha attaccato la gestione dei vaccini Covid nel Lazio, amministrato da Zingaretti, ormai bersaglio dei giornalisti «radical chic». Un termine che appunto ha usato lo stesso segretario del Pd, vincendo così un altro round di mazzate, stavolta da un altro senatore di Repubblica, Michele Serra, scomodato solo quando la pratica si fa seria.
Serra ieri ha preso il trattore ed è passato su quel che resta della reputazione di Zingaretti accusandolo più infame misfatto concepibile da quelle parti: parlare come Salvini (o come un giornalista non affiliato al Pd, ugualmente riprovevole). Se Repubblica arriva a spiegare al segretario del Pd come utilizzare la lingua italiana per non sembrare un leghista e gli consiglia di rileggere quello che scrive come si fa con gli scolari poco svegli, significa che lo considera un incapace.
Secondo il Tempo la lite Zingaretti-De Gregorio ha coalizzato le donne del Pd contro il segretario autore di una «vergognosa prova di machismo, e proprio contro una donna di sinistra», per la solita questione dell' intoccabilità di una giornalista donna per giunta di sinistra. In effetti quasi nessuno si è levato, dal partito, per prendere le parti del povero Zingaretti trattato malamente da Repubblica.
Solo Gianni Cuperlo è intervenuto confessando di aver trovato «davvero incomprensibile l' accento scelto da Concita De Gregorio per descrivere il tratto umano e politico di chi oggi, alla guida del Pd, si sobbarca una rotta tra le più complicate cercando ancora in queste ore di pilotare la crisi verso uno sbocco utile al paese». La segreteria Zingaretti non ha mai conquistato il cuore dei «radical chic», per usare un suo termine, della galassia dem, specie le redazioni amiche (cioè la maggioranza).
Diversamente da segretari che hanno plasmato una generazione di giornalisti di sinistra come ha fatto Walter Veltroni, e a differenza anche di Renzi che in un primo momento aveva ai suoi piedi i «giornaloni», Zingaretti è stato sempre visto come un normalizzatore dopo la stagione personalistica renziana, un ritorno alla vecchia Ditta, in cui è cresciuto seguendo la gavetta tipica del funzionario Pci.
«Tanto una brava persona», ma ci vuole un' altra tempra politica per conquistare i salotti che contano.