L'ESAME TOSSICOLOGICO SUL CADAVERE DI YOUNS EL BOUSSETTAOUI SERVIRA' A CAPIRE SE L'UOMO AVEVA ASSUNTO DROGHE O ALCOL: E' UN ELEMENTO DECISIVO PER CAPIRE SE L'UOMO ERA DA CONSIDERARE MINACCIOSO O NON PERICOLOSO, NONOSTANTE ABBIA SFERRATO UN CAZZOTTO E FORSE ANCHE UNA SPINTA A MASSIMO ADRIATICI - IN CASI COME QUESTI, LA LEGITTIMA DIFESA SI APPOGGIA SUL SENSO DI PERICOLO PERCEPITO...
-Andrea Galli per il "Corriere della Sera"
Adesso è certificata l'azione - forse una delle azioni - di Youns El Boussettaoui contro Massimo Adriatici: ma laddove una telecamera comunale ha ripreso il colpo a mano aperta che ha fatto cadere l'avvocato e politico leghista, ancora mancano i filmati che cristallizzano la sua reazione. Ovvero lo sparo letale, peraltro una possibile conseguenza, come raccontato da due testimoni, di una successiva spinta della stessa vittima che di nuovo avrebbe fatto precipitare l'assessore alla Sicurezza innescando quel «proiettile partito per sbaglio», come da sua versione.
Quello alle 22.30 di martedì in piazza Meardi, nello spiazzo esterno al bar «Ligure», non è stato soltanto un fatto di cronaca nera essendo subito divenuto un affare di politica nazionale. E certo rimane un dato oggettivo: la modifica da parte della Procura di Pavia, che non ha avallato la misura dei carabinieri (l'arresto per omicidio volontario) scegliendo l'accusa di eccesso colposo di legittima difesa, e confermandola con la decisione di mantenere i domiciliari, in attesa dell'odierno interrogatorio di garanzia davanti al gip.
Dopodiché, sempre che lo sia, quantomeno ad ascoltare l'unica voce dei legali del cittadino marocchino che parlano di un delitto privo di accidentalità, resta il mistero legato all'eventuale mancata comunicazione agli stessi avvocati dell'autopsia, eseguita mercoledì.
L'esame non avrebbe svelato segreti reconditi circa le cause della morte del 39enne - quel proiettile al petto -, ma oltre che funzionale alle analisi balistiche, il lavoro del medico legale non è definitivo poiché si attendono i risultati dell'esame tossicologico. Risultati dirimenti, nella prossima contesa tra le parti e i loro periti, in quanto la presunta assunzione di droghe e di alcolici potrebbe configurare una posizione non pericolosa oppure minacciosa di El Boussettaoui, nonostante abbia sferrato quel colpo e forse in seguito anche la spinta, e nonostante, in casi come questi, la legittima difesa molto si appoggi sul percepito.
Insomma, si sarebbero trovati di fronte un uomo barcollante, per niente lucido, e un altro uomo armato, consapevole di sé e della situazione, e per di più con il colpo in canna. Bisogna rilevare che, dopo l'iniziale intervento della pattuglia, Adriatici, ex sovrintendente della polizia, ha trascorso l'intera notte con il pm Lorenzo Valli, magistrato d'esperienza il quale, convinto dalla versione dell'assessore e dall'analisi degli elementi a disposizione compresi il video e le testimonianze, superata l'alba ha appunto optato a favore della legittima difesa. In un impianto che ieri, nel passaggio dell'incartamento al gip, ha registrato la necessità dei domiciliari per il rischio che Adriatici reiteri il reato.
Un evidente riferimento all'uso abituale di camminare per Voghera con quella pistola eternamente «pronta». Itinerante lui, e itinerante El Boussettaoui, del quale l'amore di una sorella inquadra l'esistenza sofferente, gravata da problemi mentali, dall'assenza di un lavoro e una casa, ma del quale in tanti, a Voghera, in un'esasperata contrapposizione che in realtà racconta la complessità delle anime perse, lamentavano la presenza nelle strade.
Volevano che se ne andasse, stanchi dell'abitudine di orinare all'aperto e dell'avvicinarsi ai passanti, compresi i minorenni, senza intenzioni violente ma che generavano preoccupazioni.
Che poi a Voghera e in generale in Italia non dovesse esserci, proprio per la pendenza dei provvedimenti di allontanamento rimasti nell'aria, non serve come spiegazione né come giustificazione o lenitivo di eventuali errori che gli hanno tolto la vita, innescando la rabbia di giustizia dei numerosi parenti. Un famigliare a Torino, viene garantito dai vertici della Procura, era stato informato del decesso e del giorno dell'autopsia. Nessuna dimenticanza e omissione degli inquirenti, ma il rispetto delle procedure.