E' STATO VERAMENTE UN SUICIDIO? SI POTREBBERO APRIRE ALTRI SCENARI SULLA MORTE DI LILIANA RESINOVICH - IL CORPO DELLA DONNA DI SESSANTAQUATTRO ANNI, RITROVATO SENZA VITA NELLA BOSCAGLIA A TRIESTE, POTREBBE ESSERE STATO CONGELATO DOPO IL DECESSO. QUESTA LETTURA APRIREBBE ALL'IPOTESI DELL'OMICIDIO. LILIANA RESINOVICH E' STATA RINVENUTA IN BUONO STATO, IL SUO CORPO ERA VESTITO E INFILATO IN DUE SACCHI DELLA SPAZZATURA, SE SI FOSSE SUICIDATA CHE L'AVREBBE COPERTA?
-Alessandro Fulloni per www.corriere.it
Cinquanta pagine che tratteggiano in modo netto una certezza: ovvero che Liliana Resinovich è morta per soffocamento, togliendosi la vita. Ma c’è anche un dubbio pesantissimo: non si sa cosa abbia fatto la sessantaquattrenne di Trieste nelle circa tre settimane precedenti al ritrovamento del cadavere, nella boscaglia dell’ex ospedale psichiatrico cittadino, il pomeriggio dello scorso 5 gennaio.
Ecco perché, addirittura, nella perizia della Procura sulla morte della donna si adombra un’ipotesi, sia pure «molto remota»: il cadavere di «Lilly» — in pensione, sposata con il fotoreporter Sebastiano Visintin — potrebbe essere stato «congelato» e nascosto da qualche parte prima di essere abbandonato.
Il lavoro del medico legale Fulvio Costantinides e del radiologo Fabio Cavalli — anticipato ieri da Il Piccolo — svela dettagli sul ritrovamento del corpo, l’esito dell’autopsia e i rilievi della Scientifica. Liliana, scomparsa da casa il 14 dicembre, sarebbe morta 48 ore prima del rinvenimento del cadavere, trovato vestito all’interno di due sacchi della spazzatura, uno infilato dall’alto e l’altro dal basso, con due buste di nylon intorno al capo. Netta la conclusione dell’esame autoptico: non c’erano segni di putrefazione.
L’ipotesi della Procura rimane quella del suicidio e la direzione dell’inchiesta sarebbe quella dell’archiviazione. Restano però interrogativi non da poco: cos’ha fatto Liliana dopo la scomparsa? Dove ha dormito? Ha forse vagato senza meta? Assai improbabile: la donna indossava giubbotto, felpa, canottiera, biancheria intima, pantaloni. Indumenti puliti, in ordine. Non solo.
Nessuna traccia di alcol e nemmeno la presenza di Losartan e di amiodarone, farmaci contro l’ipertensione e la tachicardia, che assumeva regolarmente. Nello stomaco unicamente caffeina e uvetta — forse resti, questi, di una fetta di panettone —, tutto compatibile con la sua solita colazione.
E ancora: il corpo, per nulla smagrito, era depilato nella zona ascellare, nel pube e nelle gambe. Curato, insomma. E senza traccia di una normale crescita attesa nella supposizione che Lilly avesse dormito a lungo qua e là, chissà dove. Ma l’indagine è chiara: nessuno l’ha vista in giro per Trieste. E salvo un frame dell’impianto di videosorveglianza della scuola di polizia che la ritrae la mattina della sparizione, non vi sono altre immagini successive a quel 14 dicembre.
Ed ecco il motivo per cui i due specialisti avanzano, pur tra mille cautele, la possibilità del «congelamento». Che aprirebbe altri scenari: omicidio e occultamento di cadavere. In questo caso la morte sarebbe avvenuta «in luogo ignoto e diverso», con il corpo «poi teoricamente congelato» e trasferito, «a gennaio, nel luogo del rinvenimento».
Va detto che i due periti poi chiariscono che «non vi sono, allo stato, elementi specifici per dimostrare un avvenuto congelamento post mortale del cadavere», indicando, tra l’altro, una serie di ostacoli che avrebbe incontrato chi lo avesse maneggiato. In primis le dimensioni del congelatore — «grandi» — e poi la «complessità» nello scongelare il corpo, trascinandolo via «in tempi brevi».
Non c’erano inoltre segni di violenza, né autopsia né Tac hanno individuato altri possibili cause del decesso oltre all’asfissia. Le mani afferravano la cerniera del giubbotto. Testa e viso erano dentro ai due sacchetti di nylon, quelli piccoli per frutta e la verdura, chiusi attorno al collo con un cordino non molto stretto. Resta però questo mistero: cosa ha fatto «Lilly» dal 14 dicembre sino alla morte?