LA 44ENNE UNGHERESE ARRESTATA PER LA MORTE DEL PICCOLO ALEX A CITTÀ DELLA PIEVE SI CHIAMA ERZSEBET BRADACS: ERA IN GUERRA CON IL PADRE DEL BAMBINO PER L’AFFIDAMENTO. L’HA UCCISO PER VENDICARSI SU DI LUI? – IL BIMBO DI DUE ANNI È STATO COLPITO DA NOVE COLTELLATE ALLO STERNO E AL COLLO. LEI DICE DI AVERLO TROVATO COSÌ, MA DEL SUO RACCONTO NON TORNA NIENTE. PRIMA HA DETTO CHE ALEX ERA CADUTO. POI CHE ERA STATO UCCISO MENTRE LEI DORMIVA, MA NEL CASOLARE DI FRONTE AL SUPERMERCATO LIDL NESSUNO È STATO VISTO ENTRARE O USCIRE. TRANNE LEI... - TUTTO QUELLO CHE NON FILA NE
Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”
Lo volevano entrambi, non lo avrà più nessuno. Prima di finire i suoi due anni di vita, colpito da nove coltellate, Alex era stato un bambino conteso. Per il suo affidamento c'era una causa in corso in Ungheria tra il padre e la madre, Erzsebet Bradacs, 44enne ungherese, che ora è accusata di omicidio aggravato e resterà in carcere.
Lo ha raccontato lei stessa, subito dopo il fermo, alla pm Manuela Comodi e ai carabinieri di Città della Pieve e del nucleo investigativo di Perugia, di quella lite giudiziaria aperta con l'ex compagno.
E ora sono in corso accertamenti per capire se era diretto proprio all'uomo, anche lui ungherese, il WhatsApp con la foto del bambino agonizzante. Un invio che ha fatto scattare l'alert alle autorità competenti.
Oppure se la donna lo aveva inviato al fratello di Alex: un diciottenne che vive in Ungheria, avuto dal matrimonio con un italiano, morto alcuni anni fa. Si vuole fugare ogni sospetto di premeditazione. La donna, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere su consiglio dell'avvocato d'ufficio Enrico Renzoni, ha rivendicato la sua innocenza con versioni confuse e contrastanti. Forse non solo per lo choc.
Prima ha detto che Alex era caduto. Poi che era stato ucciso mentre lei dormiva. Poi che non sapeva nulla. Ma non ha convinto la pm Manuela Comodi che ha disposto il fermo per pericolo di fuga e la sentirà ancora domani nell'interrogatorio di garanzia. Nello stesso giorno ci dovrebbe essere l'autopsia sul bambino. Biondo, occhioni azzurri, aspetto ben curato.
Sul nastro trasportatore dei prodotti della cassa del supermarket Lidl di Po' Bandino, vicino a Città della Pieve, dove Erzsebet lo ha deposto, dicono che sembrasse addormentato. I sanitari del 118 hanno tentato di rianimarlo ma sono convinti che fosse già morto da un po'. E tutti sperano che l'autopsia accerti che Alex sia davvero stato ucciso nel sonno. Senza accorgersi di nulla.
Alcune delle nove coltellate, in particolare una allo sterno e una alla base del collo, potrebbero averlo ucciso sul colpo. Sua madre ha detto di averlo trovato così, su una coperta come fasciatoio di fortuna, tra gli sterpi del giardino del casolare dove lo aveva steso perché aveva sonno. E di non sapere chi e perché l'abbia ucciso. Ma non fila nulla del suo racconto.
Nessuno è stato visto entrare o uscire da quel cancello arrugginito. Lei sì. Le telecamere di sicurezza hanno seguito il suo percorso quando venerdì, dopo aver dormito a Chiusi da un conoscente in un ex night club, è arrivata spingendo il passeggino con Alex dentro. Seminando nel percorso anche alcuni oggetti. Inclusi gli ultimi giochi del piccolo: un trenino, un orsacchiotto.
Poi ha varcato il cancello di quel casolare prendendolo in braccio. Quindi l'hanno vista uscire e frugare nel passeggino. E gli investigatori hanno pensato alla maglietta integra che lui aveva indosso. Quella insanguinata e con i tagli che corrispondevano alle nove ferite giaceva lì in terra. Assieme alla felpa di Erzsabet, che aveva una ferita al braccio. Ma appena un graffio. Prima di riattraversare la strada, entrare nel supermercato con Alex in braccio, e chiedere «aiuto», lei lo aveva cambiato.
E forse è andata a prendere la t-shirt nel passeggino. Ma a puntare il dito contro la mamma è anche un coltello, spezzato, che aveva nella borsa. Si capirà dall'esame autoptico se è stata quella l'arma del delitto. Intanto si ricostruiscono gli ultimi giorni di vita del bimbo. Agli investigatori la donna ha detto di essere una dipendente dell'Ikea di Budapest, in congedo dal lavoro dal momento della gravidanza di Alex. In Italia ha sostenuto di essere arrivata per una vacanza.
Ma nei giorni precedenti all'omicidio era stata in un centro di accoglienza della Caritas, assieme al piccolo. Poi si era allontanata senza dire niente a nessuno. Per questo era scattata la segnalazione al commissariato. Giovedì era arrivata a Chiusi, cittadina che ricade nella provincia di Siena, ma il cui territorio è adiacente al confine con l'Umbria. Da Po' Bandino dista solo un chilometro.
Poco curata, l'aspetto un po' sconvolto, aveva attirato l'attenzione. Ed era stata controllata dai carabinieri. Ma aveva i documenti in regola, Alex non era malnutrito né apparentemente sofferente, e quindi era stata lasciata andare. Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe accaduto il giorno dopo.