ABBAIARSI ADDOSSO COME CAGNONI - NELLA SAGA DELL’EREDITÀ MILIONARIA CONTESA TRA I TRE DISCENDENTI DELLA FAMIGLIA DOZZIO CAGNONI È STATO CONDANNATO UGO, 76 ANNI, CHE NON VOLEVA DIVIDERE CON LE SORELLE ELISABETTA ED ELENA IL "TESORETTO" DI 21 MILIONI RIENTRATO DALLA SVIZZERA - IL NIPOTE ADOTTATO DALLA ZIA, GLI ASSEGNI DI MANTEMIMENTO RIMANGIATI, LA TENUTA CONTESA: UNO SCAZZO TIRA L'ALTRO...
-Elisabetta Andreis per www.corriere.it
Terreni a perdita d’occhio con sopra molte aziende agricole; immobili di grande valore, come l’intero palazzo che collega via Monte Napoleone e via Bigli, icona del Quadrilatero della moda di Milano, ville sui laghi lombardi, tra cui quella sul Lago di Como con parco sul porticciolo di Tavernola che prende il nome dalla famiglia; un’imponente tenuta a Belgioioso, in provincia di Pavia: il patrimonio della famiglia Dozzio Cagnoni è enorme eppure uno dei tre eredi è stato condannato ad un anno di carcere (pena sospesa) per essersi appropriato di una parte, «appena» sette milioni, un’inezia rispetto ad una fortuna stimabile in centinaia di milioni.
Quei sette milioni hanno dato il via ad una lite tra fratelli che, come spesso avviene anche nelle migliori famiglie, intossica gli animi per tutta la vita. Nasce da un «tesoretto» di 21 milioni che Ugo Dozzio Cagnoni, 76 anni, che è stato consigliere della Fondazione Cariplo di Milano per tre mandati, fece rientrare dalla Svizzera nel 2009 grazie allo scudo fiscale della voluntary disclosure.
Un tesoretto che, però, Ugo Dozzio Cagnoni non ha voluto dividere in parti uguali con le due sorelle, Elisabetta ed Elena, come era avvenuto negli anni ’90 per il resto dell’eredità lasciata dal padre Giovanni. Una decisione che lo ha portato in età avanzata sotto processo per appropriazione indebita ed accesso abusivo ad un sistema informatico.
È accaduto quando Elisabetta Dozio Cagnoni ha chiesto di poter avere i suoi sette milioni sentendosi rispondere dal fratello che quei soldi erano il frutto di propri personali investimenti e non facevano parte del patrimonio lasciato dal padre Giovanni. Ugo disse che aveva cominciato da giovane a metà degli anni Settanta dopo che un lontano parente di Genova aveva lasciato a lui solo in eredità circa tre miliardi di lire. Soldi che investì in azioni della Mira Lanza, l’azienda che un tempo produceva detersivi.
Non la vedeva così Elisabetta la quale, come hanno illustrato i suoi legali, gli avvocati Massimo Dinoia e Fabio Federico, al giudice monocratico del Tribunale di Pavia, ha dichiarato che il padre aveva affidato «il tesoretto» a Ugo, difeso dall’avvocato Fabrizio Gnocchi, solo perché «lo amministrasse». E lui ci era riuscito benissimo, tanto che i tre miliardi iniziali erano lievitati fino a quota 21 ed oggi si sono ulteriormente rivalutati.
Quando nell’ottobre del 2017, non riuscendo a trovare un accordo, la donna querelò il fratello in Procura a Milano, il sostituto procuratore Stefano Civardi indagò Ugo Dozzio Cagnoni sia per appropriazione indebita, sia per aver scaricato le dichiarazioni dei redditi di Elisabetta dal sito dell’Agenzia delle entrate senza essere stato autorizzato.
Il processo fu poi trasmesso per competenza territoriale al Tribunale di Pavia che nei giorni scorsi ha condannato l’uomo anche a versare alla sorella diecimila euro come risarcimento danni.
I legali della donna depositarono a Milano una corposa memoria che conteneva anche alcune conversazioni che erano state registrate nel 2016 tra Elisabetta e Ugo e che sono state riproposte durante il processo a Pavia.
La sentenza di condanna di primo grado, però, non mette fine alla diatriba familiare che prosegue serrata anche di fronte alla giustizia civile in cui Elisabetta Dozzio Cagnoni è assistita dal professor Giovanni Iudica.
L’argomento è la donazione per un valore decine di milioni di euro disposta da Elena (che allora non aveva figli) a favore della sorella Elisabetta (che invece ne ha tre) tra il 2011 e il 2013. Nel 2017, però, Elena decise di adottare il figlio del fratello Ugo che era adulto e sposato.
Si rivolse alla magistratura per ottenere, proprio in virtù di quella adozione, la revoca della donazione che aveva fatto a favore della sorella per «sopravvenuti doveri di mantenimento».
In primo grado, però, il giudice Caterina Canu ha ritenuto valida la donazione stessa e respinto l’istanza di revoca. La controparte ha fatto ricorso in appello e il 15 giugno ci sarà la discussione.
Le cause si intrecciano in una matassa inestricabile. Un altro fronte corre in Corte d’appello e riguarda la tenuta agricola di Belgioioso, famosa anche per le produzione biologiche e del valore di diversi milioni, che Ugo Dozzio Cagnoni, rappresentato dall’avvocato Roberta Beretta, ritiene di aver usucapito.