ALICE SCAGNI POTEVA ESSERE SALVATA – DUE POLIZIOTTI E UN MEDICO DEL CENTRO DI SALUTE MENTALE SONO INDAGATI DALLA PROCURA DI GENOVA: L’ACCUSA È DI AVER SOTTOVALUTATO I NUMEROSI ALLARMI DELLA FAMIGLIA SULLA PERICOLOSITÀ DI ALBERTO, IL FRATELLO DI ALICE CHE L’HA UCCISA IL 1 MAGGIO DELLO SCORSO ANNO – AVEVANO AVVERTITO AGENTI E PSICHIATRI, RIBADENDO CHE IL FIGLIO ERA FUORI CONTROLLO, MA QUELLI HANNO MINIMIZZATO, RISPONDENDO ALLA MADRE: “NON FAMOLA TRAGICA”
-Matteo Indice per “la Stampa”
Sul registro degli indagati vengono iscritti i nomi di tre persone, due poliziotti e un medico del centro di Salute mentale. L'accusa è quella d'aver sottovalutato gli allarmi della famiglia sulla pericolosità di Alberto Scagni, l'uomo di 42 anni che il 1° maggio ha ucciso la sorella Alice, 34 anni, sotto la casa di quest' ultima a Genova Quinto. Nei giorni precedenti i genitori si erano più volte messi in contatto con agenti e psichiatri, ribadendo che il figlio era fuori controllo e andava fermato.
L'addebito per gli inquisiti è omissione di atti d'ufficio e omessa denuncia, il pm Paola Crispo ha circoscritto i nomi dopo aver ascoltato una serie di testimoni ed esaminato varie prove. «Non siamo ancora persone offese per la legge - spiega Antonella Zarri, madre di Alice e Alberto -, ma vedere che la giustizia fa il suo corso ce lo ricorda con dolore amplificato. Il danno per noi sono due figli persi e ho il cuore che è una pietra: ci auguriamo ora trasparenza sugli atti e la possibilità che i nostri diritti possano essere tutelati».
I poliziotti, si conferma in ambienti investigativi, sono nel mirino in primis per l'approccio riduzionista palesato dalla centrale operativa della questura nelle ore di poco antecedenti l'aggressione. E un peso determinante nella svolta all'inchiesta lo ha avuto l'audio della chiamata compiuta da Alberto alle 13,30 del 1° maggio, secondo i familiari una delle prove clou nel certificare l'immobilismo degli inquirenti.
Il quarantenne, lo conferma la registrazione in mano ai magistrati, farnetica, parla d'una fantomatica ingiustizia ordita dal mondo contro di lui. Dopo aver insultato il padre e avergli chiesto «il denaro per mangiare, uomo di m...», rilancia la frase più inquietante: «Fra 5 minuti io controllo il conto, se non c'ho i soldi stasera Gianluca (Calzona, marito di Alice, ndr) e tua figlia sai dove c... sono, lo sai dove c... sono?».
A quel punto il papà si rivolge a chi gli sta vicino: «Sentito? Gianluca e tua figlia, io chiamo, io chiamo il 112». Sette ore più tardi, Alberto raggiunge la sorella e la strazia. Ed è importante ripercorrere ciò che a proposito di quel colloquio scrive il legale della famiglia, Fabio Anselmo, per capire quanto abbia inciso il file.
«La seconda, drammatica telefonata del 1° maggio - premette Anselmo in un dossier inviato in procura - dura 16 minuti. Il signor Scagni riferisce la situazione del figlio, il danneggiamento e l'incendio alla porta dell'abitazione della nonna (avvenuti in un immobile del quartiere Sampierdarena, ndr) e le minacce di morte di poco antecedenti. Chiede che venga inviata una pattuglia, ma gli viene opposto un diniego trattandosi d'una giornata di festività, e gli consigliano di formalizzare la denuncia il giorno dopo».
Alla madre, e sempre dalla polizia, era stato replicato inoltre «non famola tragica» quando aveva profilato lo spauracchio che si concretizzasse un caso analogo a quello di Benno Neumair, il trentenne che il 4 gennaio 2021 a Bolzano strangolò i genitori. Diverso è il comportamento costato l'accusa a una dottoressa della Salute mentale. Madre e padre dell'assassino s' erano rivolti a lei con veemenza, dopo alcuni colloqui avvenuti in precedenza, il 28 aprile, tre giorni prima del massacro. E alla loro richiesta di ricoverare Alberto, il medico aveva risposto che prima di disporre un trattamento sanitario obbligatorio (Tso) avrebbe dovuto parlarne con il primario, rimandando ogni decisione. «Ora - precisa l'avvocato Anselmo - auspico che venga contestato il reato di omicidio in conseguenza di altro reato, e cioè delle omissioni».