ARCHEO-PORNO! – IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI RIAPRE FINALMENTE IL “GABINETTO SEGRETO”, CHE CONTIENE 250 REPERTI PROVENIENTI DA POMPEI ED ERCOLANO A TEMA SESSUALE – CI SONO FALLI DI OGNI FORMA, AMULETI E CARICATURE, COME QUELLA DEL GLADIATORE CHE COMBATTE CONTRO IL SUO STESSO PENE, DALLA FORMA DI UNA PANTERA, O DEI FABBRI CHE SI PRENDONO A MARTELLATE SUI GENITALI - UNA RACCOLTA ECCEZIONALE CHE È STATA PIÙ VOLTE CENSURATA NEL CORSO DEL TEMPO (UNA VOLTA FU PERSINO MURATO L’INGRESSO) – VIDEO
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Antonio Emanuele Piedimonte per www.lastampa.it
Ferragosto con Eros. L’accoppiata non è certo inedita ma l’idea invece appare intrigante, specie per la sua ambientazione: il più osé e a lungo proibito degli spazi museali.
Da oggi il Mann di Napoli riapre il suo “Gabinetto segreto”, 250 reperti ad alto tasso erotico provenienti prevalentemente dagli scavi di Pompei ed Ercolano, una raccolta eccezionale che per le sue caratteristiche nel corso del tempo è stata più volte censurata (ne fu persino murato l’ingresso) e separata fisicamente dal resto delle collezioni.
«Un dono simbolico a cittadini e turisti presenti in città ad agosto», ha spiegato il dinamico direttore dell’Archeologico, Paolo Giulierini, dopo aver chiarito che l’esposizione era stata interdetta dai primi momenti della pandemia (febbraio 2020) a causa delle piccole dimensioni delle sue sale, problema oggi risolto grazie a mascherine e green pass.
Dunque, a gruppi di 8 persone per volta, tutti i giorni (eccetto il martedì, chiusura settimanale), dalle 9 alle 14, si potrà andare alla scoperta dell’erotismo pompeiano nelle sue diverse declinazioni, dalla rozze e tuttavia molto realistiche pitture da lupanare ai dettagliai affreschi a soggetto mitologico, passando per i suggestivi elementi decorativi da giardino e gli arredi delle sale da banchetto, ma anche gli smisurati falli che movimentavano la toponomastica della città distrutta dal Vesuvio, della quale grazie al lavoro degli archeologi conosciamo molte cose anche della sue vivacissime attività carnali. Infine, la ricca raccolta di amuleti e talismani e di tutto quello rientra in una sfera strettamente collegata a quella sessuale e di uguale rilevanza: il magico.
Tre chiavi per la censura
Sin da subito considerata oscena dai benpensanti, la collezione è stata sempre oggetto di scandalo. Basti dire che 1846 era mostrata solo a quei pochi che riuscivano a entrare in possesso di uno speciale permesso rilasciato «a richiesta di diplomatici» o di altri personaggi «cospicui».
Addirittura nel 1851 la porta d’ingresso fu murata. E si rischiò pure la distruzione dei reperti, proposta per «difendere la reputazione dei Borbone», ma per fortuna un coraggioso direttore convinse tutti che sarebbero bastate tre chiavi per evitare qualsiasi accesso non autorizzato, una a lui, una al “controllore” e una a sua maestà.
Così, quando la censura fu spazzata via (insieme a molte altre cose) da Garibaldi e si scoprì che proprio la chiave del re era sparita, il Generale diede ordine di buttar già la porta. La successiva disposizione fu di aprire le sale al pubblico tutti i giorni, a tutti. L’illuministica ventata di progresso andò via via rallentando sino ad arrestarsi del tutto con il regime: durante il Ventennio per visitare il Gabinetto era necessario un permesso rilasciato a Roma.
Lo stop è andata avanti anche dopo così come la scarsa cura per qui gioielli del passato: riaperto solo nel 1976, lo spazio fu subito richiuso per lavori di restauro. Per quasi trent’anni. La “sezione hot”, come talora viene scherzosamente indicata, è stata definitivamente sistemata e aperta stabilmente al pubblico soltanto nell’aprile del 2000, con un’unica ristrettezza: i minori possono visitarla solo se accompagnati da un familiare o un docente.
“Lascivissima ma bella”
Quello che un tempo faceva scandalo – il più sconvolto fu il principe ereditario (e futuro re) Francesco I, che si agitò molto più delle sue accompagnatrici, la moglie Maria Isabella e la figlia Luisa Carlotta – oggi fa sorridere (e riflettere).
Come nel caso dei simbolismi legati al misterioso dio Pan, figura centrale della mitologia, che qui si nota soprattutto nel gruppo marmoreo che ornava il giardino della famosa Villa dei Papiri di Ercolano, una scultura che il Vanvitelli definì “lascivissima, ma bella”, e sempre in epoca borbonica turbò più di tutte le altre (per via della capra).
Semplicemente spettacolari, poi, i tanti organi sessuali maschili in erezione che caratterizzano gli apotropaici amuleti (“fascinum”) destinati a proteggere dallo “sguardo invidioso” che provocava la malasorte, e quei “tintinnabuli” in bronzo sospesi agli ingressi delle case o delle botteghe per difenderle dagli spiriti cattivi.
Come del resto si fa ancora oggi, magari usando oggetti meno fallici. Poi, dal momento che anche la risata scaccia le negatività, ecco allora le opere per così dire caricaturali: un gladiatore che combatte contro il suo stesso pene che ha la forma di una pantera, o i quei curiosi fabbri che si prendono a colpi di martello sul fallo.
Le reazioni
«I turisti sono sempre molto interessati a questa raccolta che è unica nel suo genere in Europa. E, al contrario di quanto forse si può credere, la maggiore curiosità dei visitatori è per la funzione degli oggetti erotici, specie quella apotropaica, all’interno della vita quotidiana degli antichi romani», spiega Maria Anna Martignetti, architetto, studiosa di storia dell’arte e guida turistica.
Analoga soddisfazione esprime Umberto Pappalardo, direttore del Centro internazionale per gli studi Pompeiani dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli: «La storia del Gabinetto segreto riflette la storia della morale del nostro Paese. Dalla sua “clausura” ottocentesca alla sua apertura per soli uomini. Pensi che – aggiunge il docente – che anche gli studiosi prima del 2000 potevano entrare solo previa certificazione delle ragioni “non morbose” della visita».
Infine Antimo Cesaro, ordinario di Filosofia all’Università “Luigi Vanvitelli”, che spiega alla Stampa: «Forse non è un caso che questa riapertura avvenga dopo la notte di San Lorenzo, quella in cui si rivolgono i desiderata alle stelle. Nell’antica Roma come oggi si usava affidare i nostri sogni più intimi e inconfessabili (spesso di natura erotica) alle stelle. “Desiderium” è infatti parola composta da de e sidera, mancanza delle stelle o, meglio dei segni augurali, che potevano indurre ogni amante a ben sperare nel felice esito delle sue fantasie erotiche. Chi abbia mai provato un forte e irrefrenabile “desiderium” potrà facilmente comprendere questa affascinante etimologia. E chi non ha ma provato questa sensazione potrà trarre ispirazione dai magnifici reperti del Gabinetto segreto».