AVVISATE GIORGETTI: IL VERO MINISTRO DELL'ECONOMIA ORMAI È RAFFAELE FITTO – IN TANTI NEL GOVERNO SI CHIEDONO SE IL FEDELISSIMO DI GIORGIA MELONI, SUPER-MINISTRO CON QUATTRO DELEGHE (PNRR, SUD, POLITICHE DI COESIONE E AFFARI EUROPEI), NON SIA DIVENTATO, NEI FATTI, ANCHE QUALCOSA DI PIÙ – A COLPI DI DECRETI HA ACCENTRATO POTERI E ASSUNZIONI A PALAZZO CHIGI E HA RIDOTTO GLI SPAZI DEL TITOLARE DEL TESORO, CHE MASTICA AMARO…

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Estratto dell’articolo di Antonio Fraschilla e Giuseppe Colombo per "la Repubblica"

 

GIANCARLO GIORGETTI RAFFAELE FITTO GIANCARLO GIORGETTI RAFFAELE FITTO

Manda gli ispettori nei ministeri e negli uffici dei Comuni. Controlla, striglia e revoca poteri. Al tavolo dei soldi europei fa il croupier : prosciuga le fiches di Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. Impone persino un tagliando semestrale ai fondi, quasi fosse il ministro dell’Economia. Fa tutto lui: Raffaele Fitto, che in un anno a Palazzo Chigi ha accentrato su di sé un potere enorme, mettendo sempre più in ombra il collega della Lega al Mef.

 

Nelle ultime ore in tanti dentro al governo si stanno chiedendo se il super ministro con quattro deleghe Pnrr, Sud, politiche di coesione e Affari europei - alla fine non sia diventato, nei fatti, anche qualcosa di più.

 

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Fedelissimo di Giorgia Meloni lo è da ancora prima che la destra arrivasse a guidare il Paese; ma ora è lui il suo braccio economico. A colpi di decreti che concentrano poteri e assunzioni a Palazzo Chigi, riducendo gli spazi del ministero dell’Economia. Giorgetti è sempre più silente, abbozza. Ai suoi ripete quel che dice dal primo giorno di governo: il Pnrr è di Fitto.

 

E di certo non ha fatto le barricate - eufemismo - quando il super ministro ha scippato una raffica di poteri alla Ragioneria, che invece il governo di Mario Draghi aveva voluto co-titolare, insieme a Palazzo Chigi, della governance, assoggettata alla fine alla “Struttura di missione” per la gestione dei fondi Ue che risponde direttamente a Fitto.

 

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L’ultimo episodio qualche giorno fa. Il decreto per l’attuazione del Pnrr viene approvato dal Consiglio dei ministri: per far partire i nuovi progetti e salvare quelli tagliati, Fitto impugna le forbici e taglia 2 miliardi alle opere finanziate con il Piano nazionale complementare, il fondo gemello del Pnrr gestito dal Mef e che finanzia, in gran parte, ferrovie e altre infrastrutture care a Salvini.

 

Senza l’intervento della Ragioneria, che ha mappato i progetti e limitato i danni per il leader della Lega, lo scippo di Fitto sarebbe stato ancora più corposo. Lui, il superministro, ha disseminato il decreto con norme “amiche”.

 

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Cominciando da quelle dedicate alla “Struttura di missione”: le direzioni generali diventano cinque. Come un ministero. In partenza erano in 84 ai suoi ordini: saranno a breve 102, con l’arrivo di tre maxi dirigenti e altri 15 funzionari. Senza badare a spese: 44,5 milioni in più rispetto al budget iniziale per pagare stipendi e trasferte. Cifre significative se si guarda dove il governo è andato a scavare per recuperare i circa 13 miliardi che servono a salvare il Pnrr.

 

[…]

 

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Ed è sempre Palazzo Chigi che avocherà a sé i poteri sostitutivi se entro 21 giorni i soggetti attuatori del Pnrr non provvederanno ad aggiornare il cronoprogramma degli investimenti e risultare allineati agli obiettivi. E Fitto potrà ordinare ispezioni e controlli nei ministeri come nei Comuni. Il lavoro “sporco”, cioè recuperare i soldi da chi è in ritardo, lo farà la Ragioneria.

 

Lui, il super ministro, riven dica la linea dura che fa sponda con la Commissione Ue, dove spera di entrare dopo il voto di giugno come commissario per l’Italia.

 

Sempre Fitto potrà contare su tre dei suoi nel Comitato anti-frodi: dentro il coordinatore della Struttura di missione, il capo del Dipartimento della Coesione e il coordinatore della Struttura della Zes. Già, la Zes. Se il decreto Pnrr è finito di corsa sulla Gazzetta ufficiale è per non far slittare l’avvio dello Sportello unico che comunque parte già con il freno a mano tirato, mentre si preparano nuove assunzioni.

 

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Le pratiche in itinere delle vecchie Zes dovevano essere concluse entro il primo marzo, ma la nuova struttura unica voluta dal ministro a questa data non è ancora partita: così i termini per smaltire le domande sono stati allungati al 3 marzo, mentre il decreto legge prevede un’altra scadenza. Un pasticcio che rischia di portare a ricorsi e contenziosi. Nel frattempo però si preparano nuove assunzioni e i bandi per la selezione del personale esterno sono stati appena pubblicati sul portale Eutalia. […]

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