BANDIERA BIANCA LA SVENTOLERÀ? NON SOLO BERGOGLIO CHIEDE ALL’UCRAINA DI NEGOZIARE. ANCHE SU "FOREIGN AFFAIRS" SI LEGGE CHE L’UNICO SBOCCO DELLA GUERRA IN UCRAINA È DIPLOMATICO E NON MILITARE: “È GIUNTO IL TEMPO DI PARLARE SU COME PARLARE” – GLI ERRORI DEGLI AMERICANI A KIEV E A GAZA - LA TEORIA DEL DOMINO È SBAGLIATA - DAGOREPORT
-
Stefano Mannoni per milanofinanza.it
Da mesi ormai che siamo bombardati dalla propaganda atlantica sulla guerra in Ucraina che suona all’incirca così: Vladimir Putin vuole ristalinizzare l’Est Europa; se si consente che abbia successo in Ucraina inghiottirà l’uno dopo l’altro i Paesi baltici e magari la Polonia. Se poi se si dà il cattivo esempio, la Cina potrebbe trarne pretesto per attaccare Taiwan. Questo refrain è iniziato con l’audizione al Senato del segretario alla Difesa Lloyd Austin del 31 ottobre e continua quotidianamente con ritmo martellante.
Gli errori degli americani
Nulla di nuovo in questa strategia discorsiva: è la pura e semplice riedizione della tesi del domino in voga negli anni 60 secondo la quale se cade una pedina seguiranno tutte le altre. Quale successo abbia ottenuto nei fatti l’applicazione di questa metafora, lo attesta il fallimento della guerra in Vietnam, caso di insurrezione nazionalista, prima ancora che comunista, che il Pentagono stentò a comprendere con conseguenze letali.
Eppure qui, torniamo a ripeterlo, chi dovrebbe battersi il petto sono proprio gli americani che non hanno prestato ascolto al monito di George Kennan – mostro sacro delle relazioni internazionali - del 1997 il quale definiva sul New York Times un «errore fatale» l’espansione a Est della Nato, tale da fomentare sciovinismo e diffidenza dei russi.
A tutto ciò, fa da contrappunto l’ultimo articolo di Foreign Affairs sottotitolato in modo significativo «è giunto il tempo di parlare su come parlare» posto che l’unico sbocco della guerra in Ucraina è diplomatico e non militare. Ma perché allora aspettare lasciando che il clima si avveleni con l’invio di nuovi mezzi di morte da ambo le parti? La domanda è a questo punto più che legittima e vorremmo tanto che qualcuno si apprestasse a rispondervi.
Spostiamoci da un fronte di guerra all’altro dove – ahimè – le responsabilità degli americani e degli europei sono persino maggiori. Parlo di Gaza ovviamente. Paracadutare 36.000 pasti è un osceno gesto di condiscendente compassione verso una popolazione civile che chiede seriamente tre cose: cibo per i suoi abitanti (non per 36.000); il rispetto del diritto internazionale e un duraturo cessate il fuoco. Che poi il perché questo cessate il fuoco non possa essere «permanente» resta un mistero.
Persino l’analista militare più simpatetico con le posizioni di Israele avrebbe da ridire sulla strategia di radere al suolo interi centri abitati fino a quando non sarà eliminato l’ultimo terrorista di Hamas (obiettivo ovviamente impossibile). Anche qui invece di mettersi il cuore in pace dispensando inadeguata beneficenza, europei e americani dovrebbero passarsi una mano sulla coscienza ed esercitare adeguate pressione affinché Netanyahu alzi i tacchi e il governo israeliano rientri infine nella comunità degli Stati civili.