BASTANO UN PO' DI METAL E LA SOLITUDINE PER SPIEGARE UN GESTO COSÌ ESTREMO? - MASSIMO GIULIO, IL 19ENNE DI CUNEO CHE SI È AMMAZZATO BUTTANDOSI SOTTO IL TRENO SU CUI VIAGGIAVA LA MADRE DOPO AVERLO ANNUNCIATO SU INSTAGRAM, AVEVA POCHI AMICI, CHE ORA SONO SCIOCCATI: "CON LE RAGAZZE ERA SFORTUNATO, LA MUSICA ERA TUTTO PER LUI. NE PARLAVA CON PASSIONE E FOGA. ALCUNI RAGAZZI LO PRENDEVANO IN GIRO" - LA RABBIA CONTRO I CONTROLLORI PERCHÉ ERA SENZA BIGLIETTO…

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Simona Lorenzetti per www.corriere.it

 

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«Sono sconvolta, ti conoscevo da quando eri piccolo. Andavamo insieme a cavallo, eravamo migliori amici. Non ci posso credere, vorrei tornare indietro. Vorrei che andasse diversamente».

 

È sui social, su Instagram, che va in scena la liturgia del dolore che accompagna la morte di Massimo Giulio, il diciannovenne di Cuneo che mercoledì pomeriggio si è suicidato alla stazione di Carmagnola lanciandosi sotto un treno.

 

Non un treno qualunque: quello sui cui viaggiava la mamma Ilaria che stava rientrando a casa dal lavoro, da Torino. E non è un caso neanche che il cordoglio, il rammarico e il senso d’impotenza che provano coloro che lo hanno conosciuto trovino sfogo sui social.

 

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Massimo ha scelto di uccidersi e pochi istanti prima di buttarsi sotto il treno ha registrato un messaggio, una «storia», contro i controllori, inquadrando l’insegna blu e il convoglio fermo.

 

A loro urlava la sua rabbia, lo avevano sorpreso senza biglietto e avevano interrotto il suo viaggio. «I soldi non ve li do anche se mi fate scendere». Poi qualcosa è scattato nella sua testa e tutta quella insofferenza l’ha canalizzata contro se stesso.

 

Nella villetta bianca e rosa in cui viveva con la madre e il fratello regna il silenzio. «Non voglio che parliate di lui. Non c’è niente da dire», grida la mamma chiudendosi la porta alle spalle. Mentre il figlio maggiore si allontana insieme con un amico: «Non disturbateci».

 

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A parlare è invece il profilo Instagram di Massimo, che restituisce l’immagine di un ragazzo che amava la musica metal. I capelli colorati, l’abbigliamento, le borchie e le espressioni del viso ricordano i ritmi ossessive e i suoni distorti della musica hard rock.

 

E forse anche lui aveva una visione distorta della vita. «Non ho niente da fare in quarantena. È per questo che faccio storie», «D’ora in poi non uscirò più di casa perché non so farmi rispettare» scriveva sulle tante immagini che postava nella sezione «storie» del proprio profilo.

 

La home page, invece, appare scarna: solo una decina di fotografie postate cinque giorni fa «durante la quarantena». La sigaretta in mano, le unghie dipinte di rosso, il cappellino da baseball indossato al contrario.

 

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«Grevissimo», si legge in un commento al quale lui risponde con dei cuori rossi. Frasi che oggi lasciano il posto al dolore: «Ci mancherai». «Aveva un cuore d’oro — racconta un’amica —. La musica metal era tutto per lui. Ne parlava con passione e foga».

 

Ricordi che riaffiorano dal passato. «Non ci frequentavamo da un paio d’anni. Non avevamo litigato, solo preso strade diverse — spiega —. Non era fortunato con le ragazze: un sacco di volte ho dovuto consolarlo».

 

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Non tutti capivano la sua eccentricità e passione metal. «Aveva dei grattacapi con alcuni ragazzi che lo prendevano in giro. Gentaglia che non sa rispettare le scelte altrui, ma lui non si faceva abbattere da queste cose».

 

Coloro che oggi piangono per lui ammettono «che si erano persi di vista». Nel quartiere lo vedevano sempre allontanarsi a piedi da solo. «Era un bravo ragazzo, educato — racconta la barista sotto casa —. Mi spiace tanto».

 

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