A BAZZI, NUN TE LAMENTA', TE POTEVA ANDA' PEGGIO! "SONO STATO CIRCONDATO E MINACCIATO IN MEZZO ALLA STRADA. MI HANNO TIRATO NEVE GHIACCIATA E UNA LATTINA PIENA DI TE’" – LO SCRITTORE JONATHAN BAZZI RACCONTA L'AGGRESSIONE NEL COMUNE DI ROZZANO, ALLE PORTE DI MILANO, DURANTE IL SOPRALLUOGO PER IL FILM TRATTO DAL SUO ROMANZO: “ERA UN GRUPPO DI RAGAZZINI: FORSE AVEVA VISTO LA MACCHINA FOTOGRAFICA" – MA C'È CHI ACCUSATO BAZZI DI TORNARE A ROZZANO SOLO “PER SPECULARCI SOPRA”

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Francesco Moscatelli per “la Stampa”

 

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«Mi attaccano perché dico le cose come stanno. Il problema principale dei posti come Rozzano è che è difficile raccontare la verità. Scattano meccanismi di negazione o di minimizzazione. Ma è impossibile cambiare le cose se prima non vengono riconosciute e dette».

 

Jonathan Bazzi, 37 anni, scrittore candidato al Premio Strega nel 2020 con Febbre, sabato è stato aggredito durante un sopralluogo fra i palazzoni in cui è cresciuto in vista della trasposizione cinematografica del suo romanzo.

Nelle ultime ore, dopo che ha denunciato quello che gli è capitato, c'è stato chi lo ha accusato di tornare nel comune dell'hinterland di Milano solo «per specularci sopra».

 

Cos' è successo sabato pomeriggio?

«Camminavo con il mio ragazzo Marius e con il regista di Febbre che aveva bisogno di scattare qualche fotografia. Due tredicenni in monopattino elettrico, un maschio e una femmina, hanno cominciato a seguirci. Arrivati nella piazza del municipio hanno chiamato altri amici. Poi, hanno raccolto della neve ghiacciata dalla pista di pattinaggio e ce l'hanno lanciata addosso gridandoci contro. A Marius hanno anche tirato una lattina di tè piena rovinandogli la giacca».

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Vi hanno aggredito perché vi hanno riconosciuto?

«Credo di no. Penso siano stati attirati dalla macchina fotografica. Io ho cercato di andare avanti e di non calcolarli sperando che desistessero. L'unica cosa che abbiamo capito è che urlavano il nome di Brumotti, l'inviato di Striscia che ha girato alcuni servizi sullo spaccio. Ho avuto l'impressione che volessero difendere il territorio dei pusher. È come se avessero risposto a una chiamata alle armi».

 

Avete avuto paura?

«Sì, anche perché alla fine erano sette o otto. Ho rivissuto certe sensazioni spiacevoli di quando ero ragazzino. Non abbiamo reagito perché è un attimo che arrivino genitori e fratelli più grandi. Nei cortili delle case popolari ci sono pregiudicati, persone pericolose e violente».

 

Le ha fatto più male l'aggressione o quello che ha scritto qualcuno sui social?

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«Accanto alla solidarietà di tanta gente che capisce il mio lavoro e che apprezza quello che ho scritto su Rozzano e sulle mie origini, c'è anche una parte - che confido minoritaria, ma rumorosa - che produce questo tipo di giudizi e che mi accusa di denigrare il posto da cui vengo. È gente che nega la realtà».

 

Lei vive a Milano da 15 anni.Perché se n'è andato?

«A Rozzano si è sempre un po' in allerta, le persone badano molto agli altri e sono sempre pronte a sconfinare negli spazi altrui. A Milano la gente si fa i fatti propri, non passa il tempo a sanzionare ciò che non gli piace degli altri».

 

Torna spesso a Rozzano?

«Sì, e ci passerò anche il Natale dato che parte della mia famiglia vive ancora lì. Non sono d'accordo con chi dice che la situazione è migliorata. L'immigrazione ha cambiato il paesaggio commerciale, ma l'aggressività di fondo è rimasta la stessa. Rozzano è un enorme agglomerato di 6 mila alloggi popolari. I problemi nascono dall'aver aggregato moltissime persone con situazioni simili e complicate.

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Questo ha creato una subcultura e dei modi di fare e di pensare che sono completamente diversi da Milano, che pure è a soli 7 chilometri. C'è una grande omogeneità nel coltivare questi disvalori, che partono già dal rapporto con la scuola: molti adulti la vivono come un peso, come un'ingerenza. Difficile che i ragazzini riescano a trovarci un senso».

 

Dal Comune si sono fatti vivi?

«No. Non ho mai avuto rapporti con l'Amministrazione, ma da quello che mi è parso di vedere il sindaco e chi gli sta attorno coltivano abbastanza questo atteggiamento negazionista. Mi ha chiamato invece il maresciallo dei carabinieri: sa benissimo come stanno le cose, ma ha pochissimi margini d'azione. D'altronde parliamo di un degrado della qualità e delle prospettive di vita che investe intere famiglie».

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