BELPIETRO RISPONDE A NANDO DALLA CHIESA CHE HA EVOCATO L'ESISTENZA DI UN PIANO PER COLPIRE GIOVANNA BODA, DIRIGENTE MIUR CHE HA TENTATO IL SUICIDIO LANCIANDOSI DALLA FINESTRA: "LUI CHE PER ANNI HA APPLAUDITO A OGNI INCHIESTA DELLA MAGISTRATURA, ANCHE A QUELLE POLITICIZZATE, DI FRONTE ALLE INDAGINI DEI PM DI ROMA PARLA DI STRANO CASO. SE LUI PENSA CHE QUALCUNO ABBIA ACCUSATO INGIUSTAMENTE GIOVANNA BODA PUR DI TOGLIERLA DI MEZZO, DOVREBBE BUSSARE ALLA PORTA DELLA PROCURA DI ROMA, PERCHÉ È LÌ CHE È NATA L'INCHIESTA. LEGGA LE CARTE: IMPARERÀ QUALCHE COSA. ANCHE A NON SCRIVERE STUPIDAGGINI"
-Maurizio Belpietro per "la Verità"
Ho letto con attenzione l'articolo scritto ieri da Nando Dalla Chiesa sul Fatto Quotidiano. Si tratta di un pezzo dedicato all'ormai nota vicenda di Giovanna Boda, la dirigente del ministero dell'Istruzione che, indagata dalla Procura di Roma per corruzione, si è buttata dalla finestra dello studio del suo avvocato. I lettori conoscono bene la storia, perché La Verità è stata la prima a raccontarla. Molto probabilmente invece, non conoscono il commento vergato da Dalla Chiesa, che dell'alta funzionaria ministeriale si dichiara amico.
Si tratta di un articolo «da far studiare per anni nelle scuole di giornalismo», affinché i futuri cronisti imparino che cosa non si deve scrivere su un giornale. Sotto un titolo che dice tutto - «Vietato toccare la Calabria. Qualcuno voleva colpire Giovanna Boda?» - il sociologo un tempo campione della «società civile», fa quello che non si dovrebbe fare: allude. Scrive un articolo lamentando che il nome della Boda sia stato accostato a quello di Luca Palamara, un tempo deus ex machina delle Procure, comprese quelle antimafia, ma oggi caduto in disgrazia e dunque accuratamente rimosso dalla memoria collettiva dei puri e duri. La dirigente parlava con Palamara? Meglio non dirlo, perché non sta bene.
Come nell'Unione sovietica dei bei tempi di Stalin che tanto piacevano a chi militava a sinistra, i personaggi scomodi vanno cancellati anche dai ricordi, oltre che dagli atti ufficiali. Ma il meglio, il compagno Nando lo dà quando parla delle accuse mosse a Giovanna Boda. Lui che per anni ha applaudito a ogni inchiesta della magistratura, anche a quelle politicizzate, di fronte alle indagini dei pm di Roma parla di strano caso.
«La colpa: due affidamenti sotto i 40.000 euro, prassi seguita da ogni ente pubblico e ministero per i lavori minori, perché non è reato. Un articolo scoop (quello della Verità, ndr) senza notizia di reato». Il giudice Dalla Chiesa insomma, ha già emesso la sentenza. Che la magistratura abbia fatto perquisire gli uffici del ministero da un drappello di finanzieri, ipotizzando il reato di corruzione, al sociologo con la toga sfugge.
Per lui è chiaro che il reato non esiste, anche se l'unica cosa chiara è che il commentatore non ha letto gli atti dell'inchiesta di cui scrive. Tuttavia Dalla Chiesa, oltre a sentenziare sicuro sull'inconsistenza dell'inchiesta con lo stesso piglio con cui trent' anni fa, durante Mani pulite, emetteva giudizi di colpevolezza, si stupisce perché nell'articolo si parla di una «soffitta nelle disponibilità della donna», quando in realtà si tratta di un solaio di casa sua.
Che senso ha, si chiede? Ma non è un articolo a parlarne, bensì un'ordinanza che dispone la perquisizione. E forse, chi scrive di giustizia dovrebbe per lo meno cercare di comprenderne la differenza. Infine, siccome Giovanna Boda un mese fa era stata nominata commissaria dell'ufficio scolastico della Calabria, l'esperto di criminalità organizzata si chiede come all'improvviso l'amica sia «diventata una corrotta».
Come e perché tre suoi amici - tutte persone per bene, assicura - siano stati sottoposti a indagini o processi per lui incredibili. «Mi viene un rovello, che gira sempre di più nella mente. Dove nasce l'input di quell'articolo (sulla Verità, ndr), chi e perché suggerisce quella storia a un giornalista?».
Il metodo è quello dell'antimafia di professione, quella che ha costruito grandi processi e grandi carriere sul nulla. Se non sai spiegare una cosa semplice, ovvero un'indagine con un'accusa precisa, cerca di capire che cosa c'è dietro, lancia qualche sospetto, insinua il dubbio, alludi al fatto che una funzionaria arrivata in Calabria da un mese e pendolare avanti e indietro da Roma può aver pestato i piedi e un giornalista - su input di qualcuno - si è incaricato di sistemarla. Dalla Chiesa, che la mafia la conosce bene perché ne è stato duramente colpito, sa che cosa significa «mascariare».
È un termine siciliano che indica un'arte subdola, che serve a schizzare fango e viene usata per confondere. Ora, se lui pensa che qualcuno abbia accusato ingiustamente Giovanna Boda pur di toglierla di mezzo, dovrebbe bussare alla porta della Procura di Roma, perché è lì che è nata l'inchiesta e sempre lì che è stata firmata un'ordinanza di perquisizione.
I rovelli sono sospetti e gettarli a caso è un modo perfetto con cui gli amici degli amici si coprono fra loro.Insomma, caro Dalla Chiesa, se ha qualche cosa da dire si rivolga ai magistrati altrimenti, invece di scrivere articoli in cui nega che sia stato contestato un reato (una perquisizione non si fa se non si ipotizza un reato e questo lo sa anche uno studente al primo anno di giurisprudenza), legga le carte: imparerà qualche cosa. Anche a non scrivere stupidaggini.