I BENETTON CASCANO SEMPRE IN PIEDI - COME MAI LA PROCURA HA DATO IL SUO PARERE FAVOREVOLE AL PATTEGGIAMENTO DI AUTOSTRADE SUL PONTE MORANDI, IN CUI L’OGGETTO DEL PROFITTO È SOLAMENTE IL RITARDATO INTERVENTO MANUTENTIVO SUL PONTE E NON I RISPARMI SULLE MANUTENZIONI? - L’INTERCETTAZIONE “RIVELATRICE” TRA SERGIO EREDE E IL DIRETTORE DELL’UFFICIO LEGALE DI ASPI: “NON SO SE A QUEL PUNTO È MEGLIO... IMMAGINARE CHE PROVI UN PATTEGGIAMENTO... ASPI NE ESCA, E POI GLI IMPUTATI SI FARANNO IL LORO PROCESSO. SI SCANNERANNO UNO CON L’ALTRO E A QUEL PUNTO…”
-1 - DAGONOTA
C’è una piccola grande anomalia nella richiesta di patteggiamento di Autostrade per l’Italia per la tragedia del ponte Morandi.
Se infatti è comprensibile la volontà dell’azienda di uscire al più presto dal processo pagando due spicci, è invece insolito che la procura (che fra l’altro si era già dichiarata contraria alla citazione di Aspi come responsabile civile), abbia dato parere favorevole a un patteggiamento nel quale l’oggetto del profitto è solamente il ritardato intervento manutentivo sul ponte, ovvero il cosiddetto retrofitting.
Per questo il profitto sequestrato è di appena 26 milioni, e non le centinaia di milioni che la procura dichiara siano stati risparmiati in manutenzioni per dare extraprofitti agli azionisti, tramite dividendi.
Il parere favorevole contraddice tutta l’impostazione indiziaria, cioè il movente contestato alla maggior parte dei 59 imputati: che abbiano tagliato sulle manutenzioni per fare dividendi.
Poi c’è la questione delle responsabilità, che riguardano il modello organizzativo e di controllo, che erano in capo al cda di Aspi e Atlantia. Per Aspi il consigliere responsabile del sistema dei rischi non era l’amministratore delegato ma un alto consigliere indicato da Edizione Holding, ossia dai Benetton.
Con il patteggiamento Aspi non dovrà più difendersi sul sistema di controllo e sul sistema organizzativo e resterà responsabile civile, ovvero responsabile dei danni nei confronti delle parti civili.
C’è anche un altro fatto curioso, “un’intercettazione rivelatrice”, come si leggeva ieri sul sito di Repubblica.
Scrive Marco Lignana: “Va ricordato come compresa agli atti dell’indagine, ma non ammessa dal gip Angela Nutini nel fascicolo sul quale verranno decisi i rinvii a giudizio e si terrà il futuro dibattimento, c’è l’intercettazione di una telefonata fra l’avvocato Sergio Erede - dello studio Bonelli Erede che segue tutti gli aspetti civili e amministrativi per Autostrade - e il direttore dell’ufficio legale di Aspi Amedeo Gagliardi.
Risale al 18 febbraio 2020: nella conversazione fra i due interlocutori, che non sono mai stati indagati dalla Procura di Genova, Gagliardi ipotizzava che la strada migliore sarebbe stata proprio quella di un accordo con l’accusa, in modo da salvare la convenzione:
“Non so se a quel punto è meglio... immaginare che provi un patteggiamento... Aspi ne esca... e poi... gli imputati si faranno il loro processo... si scanneranno uno con l’altro... a quel punto... la convenzione è in salvo... Autostrade magari esce pagando la sua sanzione 231... senza interdittiva e sparisce dalla faccia della terra diciamo così. Ma questa, come dire... è veramente un’illazione mia”.
2 - IL PATTEGGIAMENTO DA 30 MILIONI PER LA TRAGEDIA DEL MORANDI COSÌ ASPI USCIRÀ DAL PROCESSO
Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
Un patteggiamento da circa 30 milioni di euro. Così Autostrade per l'Italia (Aspi) si avvia a chiudere la partita penale del ponte Morandi che la vede imputata come società per il disastro del 14 agosto 2018 nel quale persero la vita 43 persone.
La richiesta del concessionario, che deve rispondere della specifica legge sulla responsabilità amministrativa, ha ottenuto il consenso della Procura di Genova e ora attende quello decisivo del giudice dell'udienza preliminare, orientato a dire sì.
Una soluzione soddisfacente per tutti: per Aspi, che esce così dal processo ed evita misure interdittive più pesanti come il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; e per i pm che incassano la pena pecuniaria massima e un'implicita conferma dell'impianto accusatorio.
Stessa richiesta e stesso parere favorevole degli inquirenti per Spea, la divisione del gruppo Atlantia un tempo delegata ai monitoraggi delle infrastrutture, anch' essa imputata.
«Da parte delle società registriamo questa accettazione della nostra impostazione - ha commentato il procuratore di Genova facente funzioni Francesco Pinto, riprendendo le motivazioni firmate dai pm Massimo Terrile e Walter Cotugno -.
Abbiamo dato il consenso per varie ragioni: Autostrade ha adottato un nuovo modello di organizzazione, di gestione e di controllo che può prevenire reati analoghi, ha modificato il documento per la valutazione dei rischi, ha risarcito in modo pressoché integrale le vittime e ha messo a disposizione dello Stato questa somma (26,8 milioni) che è l'equivalente di quanto avrebbero speso se avessero fatto i lavori progettati per evitare il disastro, quelli alle pile 9 e 10 del ponte».
Come dire, Aspi non è più quella del 2018 e ora sembra garantire sicurezza. Un cambio di passo che è stato accompagnato dai risarcimenti alle famiglie delle vittime, 63 milioni di euro, e dai costi sostenuti per la demolizione e ricostruzione del viadotto: 583 milioni, precisano in Autostrade.
Cosa ne pensano i parenti delle vittime? «Il patteggiamento non lava le coscienze ed è oltretutto un'ammissione di colpa», ha sospirato Egle Possetti, portavoce del Comitato ricordo vittime di ponte Morandi.
Secondo Possetti lo sviluppo «avrà un impatto importante sull'iter processuale degli altri imputati: significa che il castello accusatorio è valido». Autostrade ha evitato repliche dirette: «Resta in noi la piena consapevolezza che non si potrà mai dimenticare la tragedia con il suo carico non commensurabile di dolore e sofferenze che ha profondamente segnato anche la società e tutti i suoi dipendenti».
Ci sono poi gli altri 59 imputati, rispetto ai quali il gup deciderà a breve chi mandare a processo. Si tratta soprattutto di manager e tecnici delle due società e di dirigenti e funzionari del ministero dei Trasporti.
Primo fra tutti, l'ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci. «Ho trovato singolare che la Procura abbia offerto una rappresentazione del mio assistito distorta, non realistica, non legata ai fatti», ha acceso i fuochi l'avvocato Guido Carlo Alleva, difensore di Castellucci.
«Questo processo si candida a un vigoroso vaglio della Corte europea, sono stati mortificati alcuni principi fondamentali del diritto di difesa», ha rilanciato il suo collega Dinacci, che assiste l'ex numero due di Aspi Paolo Berti. La battaglia giudiziaria è ancora lunga.