BENVENUTI NELL'EPOCA DEL DISORDINE: LA DEMOCRAZIA NON SI PORTA PIÙ – A UNA LARGA PARTE DEL MONDO, L'ORDINE CREATO DALL'OCCIDENTE NON VA PIÙ BENE - DOMENICO QUIRICO: “LA RUSSIA CHE OSA IRROMPERE NEL CORTILE DI CASA, IN UCRAINA, I GOLPE CHE RIDISEGNANO LA CARTA POLITICA DELL'AFRICA, I BRICS CHE PROPONGONO DI RISCRIVERE LE REGOLE DELL'ECONOMIA MONDIALE. COLONNELLI E AUTOCRATI SONO CANAGLIA, MA SONO LA LEVA SENZA CUI IL DISORDINE NECESSARIO NON POTREBBE DARE NUOVO EQUILIBRIO”
-Estratto dell'articolo di Domenico Quirico per “La Stampa”
C'è un fenomeno nuovo, di fronte a cui noi occidentali onnipotenti ci accorgiamo di essere improvvisamente impotenti: il fenomeno del disordine necessario. La Russia che osa irrompere nel cortile di casa, in Ucraina, in Europa, i golpe (scandalo, non programmati da noi!) che ridisegnano la carta politica di vasta parte dell'Africa formando un commonwealth dei colonnelli, i Brics, i Paesi che con successo di adesioni propongono di riscrivere addirittura le nostre intangibili regole dell'economia mondiale, il Microsupremo nordcoreano Kim Jong-un che ha l'impunità dell'atomica e va in treno a Mosca a fornire ostentatamente di armi il ricercato Putin; e i piccoli e i piccolissimi che non ci obbediscono più.
[…] per vasta parte del mondo l'Ordine in vigore non rappresenta più la Forza. Ai giorni nostri l'ordine americano con i suoi dipendenti, Europa, Giappone, Oceania e poco altro, non può più reggersi. Una volta sceglievamo beatamente i nemici che ci servivano, ci bastava un piccolissimo spostamento dell'interruttore del potere, le nostre parole votavano alla distruzione e ristabilivano anche la pace.
Inevitabile destino: il mondo non esiste solo perché lo si amministri come vogliamo noi. Che indossiamo occhiali che modellano la realtà come di volta in volta ci aggrada. Osserviamo e lasciamo scorrere via disinvoltamente il dolore degli altri, migranti siriani, sudanesi per esempio, se non ci riguarda direttamente con il distacco di un impresario di pompe funebri.
[…] Non ci si accontenta più del latte magro della nostra carità. Appoggiarsi a questo ordine con speranza come accadeva fino a qualche tempo fa non significa più accrescere le proprie deboli forze, sentirsi protetti ed esaltati da una comune energia. Intendo la parola forza non nel senso esclusivamente militare, lo intendo come energia umana, fiducia nel progresso, politica, condivisione, sviluppo, dignità, perfino felicità. In buona parte illusioni, certo. Ma non il melenso ottimismo produttivo e consumistico su cui facciamo fiorire i nostrani concretissimi fiori del male.
Da qualche tempo le energie sono al di fuori di questo ordine, i popoli giovani d'Africa, Asia, America latina, sentono di essere al di fuori di questo ordine. Che è un mondo che per loro puzza di sfruttamento, in cui la povertà non è più una tappa della lotta di classe né una patria mitica ma solo una lebbra da cui ci si deve guardare.
Niente a che vedere con i muffiti filosofemi del «Tramonto dell'Occidente». Allora era un guardarsi allo specchio europeo concedendosi qualche brividino stimolante. Ora lo specchio è in frantumi. Come tutto ciò che è giovane gli Altri vogliono sentire dentro di sé fluire questa forza vitale, sono attirati e vanno dove pensano o si illudono di trovarla. Esempio: quello che chiamiamo il Sud globale osserva l'America, con quella bisogna fare i conti non certo con la Unione dei mediocri che vivacchia in uno stato di armistizi vari, soppesa i due ultimi presidenti, un guitto scandaloso e un vecchio signore. Eppure tra un anno gli americani sceglieranno di nuovo con ogni probabilità tra Trump e Biden. Dove sono l'energia, il nuovo, la forza?
Perché questo disordine è purtroppo necessario? Ogni trasformazione rivoluzionaria impone a chi voglia esplorare le vie del nuovo e della forza vitale l'obbligo di opporsi all'ordine, ovvero al Potere in vigore. In questa parte del mondo è arrivato il momento di smettere di fare appello all'Ordine: i golpisti accettabili sono solo quelli autorizzati, usiamo l'Ucraina come un poligono con sagome vere, la Cina si adegui alla parte che gli abbiamo assegnato nella commedia capitalista, esser l'officina a basso costo del mondo.
L'ordine che noi incarniamo non soddisfa più nessuno, forse nemmeno noi, ed è l'ora di preparargli una decorosa veglia funebre. Ma fino a che non si discioglierà in un nuovo ordine non soltanto geopolitico rassegniamoci a vivere un lungo complicato pericoloso periodo di disordine necessario.
[…]
La democrazia è una parola così grossa e a buon mercato che la si dovrebbe usare con parsimonia. Sarebbe democrazia, ci chiedono i ribelli all'Ordine, la dinastia dei Bongo, Karzai, al Sisi, Putin quando ci faceva comodo, l'etiopico Abiy Ahmed, i cleptocrati nigeriani, i capogang libici, il tunisino Kais Saied, tutti fedelissimi del mondo virtuoso?
L'ordine attuale non è forse tenuto in piedi dalla connessione tra interessi egemonici e un sentimento arrogante e monopolistico di superiorità morale che serve solo a ungere la macchina degli interventi, degli ultimatum, delle sanzioni?
Macron che alla notificazione del nuovo governo golpista nigerino di aver tolto il gradimento all'ambasciatore francese chiedendone la sostituzione come è previsto da normale pratica diplomatica, replica: resta lì! Come se regolasse affari di casa sua. Non è la ennesima manifestazione schiumosa dell'ordine coloniale?
Si replica indignati: ma questi perturbatori, questi ribelli non sono altro che sordide dittature, Putin, Xi Jinping, gli ayatollah, i colonnelli felloni! Non assomigliano agli educati Non Allineati di Bandung degli Anni cinquanta; questi esigono solo un piatto più grande alla supergreppia a cui vogliono continuare ad attingere.
Colonnelli ed autocrati sono canaglia, sono la leva senza cui il disordine necessario non potrebbe fare forza, dare nuovo equilibrio. Ma il disordine è una soluzione in sospeso, in attesa di predicazioni nuove, fino a quando ai popoli non serviranno più.