BIBI VUOLE CONTROLLARE I GIUDICI. E GLI ISRAELIANI SI INCAZZANO  – I LAVORATORI PRIVATI HANNO SCIOPERATO E CENTOMILA PERSONE SONO SCESE IN PIAZZA CONTRO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA VOLUTA DA NETANYAHU. UN TESTO CHE SOTTOPONE I MAGISTRATI E L’ALTA CORTE AL CONTROLLO DEL PARLAMENTO E DEL GOVERNO – LE OPPOSIZIONI ATTACCANO: “COSÌ CI TRASFORMIAMO NELL'UNGHERIA”. E ACCUSANO IL PREMIER DI AVER ORCHESTRATO LA RIFORMA PER TIRARSI FUORI DAL PROCESSO PER CORRUZIONE A CUI È SOTTOPOSTO…

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Estratto dell'articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”

 

israele proteste contro la riforma della giustizia di netanyhau

[…] Lo sciopero generale del settore privato – inusuale per questo Paese – svuota gli uffici e smuove Israele, le aziende mettono a disposizione gli autobus per andare a Gerusalemme, un corteo che sale verso la città e la Knesset, appuntamento per mezzogiorno, pigiati contro le barriere piazzate dalla polizia.

 

Gli altoparlanti amplificano le parole di Benjamin Netanyahu che dieci anni fa ripeteva «senza una Corte Suprema forte e indipendente non c’è protezione dei diritti. È questa la differenza tra democrazia e dittatura». Adesso – urlano da oltre un mese i manifestanti – è il primo ministro a mettere in pericolo l’equilibrio dei poteri con un progetto che vuole sottoporre i giudici, i magistrati e l’Alta Corte – accusata di iperattivismo e di aver oltrepassato il mandato – al controllo della politica, del parlamento e soprattutto della maggioranza che esprime in quel momento. La maggioranza di destra-destra estrema in questo momento.

 

benjamin netanyahu

Yossi Beilin, il negoziatore degli accordi di pace con i palestinesi nel 1994, avverte che il piano ci «trasformerebbe nell’Ungheria».

 

A Gerusalemme vanno in centomila: i genitori con i figli che saltano la scuola, i professori e i presidi preoccupati dagli interventi sulle materie di studio delle frange oltranziste nella coalizione. Le donne e la comunità Lgbtq+ protestano per i tentativi di ridimensionare i diritti. Partecipano anche quelli che sono considerati elettori tradizionali del Likud di Netanyahu — i mizrahim, gli ebrei arrivati dai Paesi arabi […]

 

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Al Muro del pianto, il luogo più sacro dell’ebraismo, gli ultraortodossi — anche se i partiti religiosi sono al governo — pregano per «proteggere la democrazia». Poco lontano dalle pietre della Città Vecchia riprende il processo per corruzione contro Netanyahu.

 

I critici lo accusano di aver orchestrato la «riforma» per tirarsene fuori, la destra considera l’incriminazione un golpe della magistratura per rimuovere dal potere il primo ministro rimasto in carica più a lungo, oltre quindici anni totali. Bibi, com’è soprannominato, in un videomessaggio accusa l’opposizione di «portare il Paese verso l’anarchia». I suoi sembrano aprire al dialogo e offrono di incontrarsi con gli avversari politici, Yair Lapid e Benny Gantz. «Senza precondizioni» dicono e i più scettici ci leggono il vero significato: noi proseguiamo con la procedura d’urgenza per approvare le nuove leggi. […]

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