TRA UNA BOMBA E L’ALTRA, “BIBI” DETTA LE SUE CONDIZONI – NETANYAHU, SOSTENUTO DAI SUOI GENERALI, È DISPOSTO A UN CESSATE IL FUOCO IN LIBANO A PATTO DI AVERE MANO LIBERA PER IMPEDIRE CHE HEZBOLLAH SI RIARMI O SI RIPOSIZIONI SUL CONFINE ISRAELIANO. MA È IMPROBABILE CHE BEIRUT E LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE ACCETTINO LE RICHIESTE – IL SEGRETARIO DI STATO USA, ANTONY BLINKEN, TORNA IN ISRAELE E TENTA L'ENNESIMA MEDIAZIONE: PIÙ POTERI ALL’UNIFIL, CON L’AUTORITA’ DI PERQUISIRE CASE E AVAMPOSTI...
-'PIANO USA, HEZBOLLAH LONTANO DA CONFINE, POTERI A UNIFIL'
(ANSA) - L'inviato americano Hochstein, da ieri a Beirut, ha presentato una proposta per arrivare al cessate il fuoco in Libano, del piano parlerà il segretario Usa Antony Blinken che arriverà oggi in Israele. Lo riferisce la tv Kan.
Il quotidiano libanese al Akhbar, vicino a Hezbollah, riporta il documento Usa: "Lo scopo è impedire qualsiasi presenza armata nelle zone libanesi e nei villaggi vicini al confine", ossia espandere l'area dove non ci sarà la presenza di Hezbollah a qualche chilometro oltre il fiume Litani. L'Unifil verrà rafforzato e avrà l'autorità di perquisire case, veicoli o avamposti sospettati di contenere armi.
LIBANO, LA MOSSA DI BIBI E DEI GENERALI: SÌ A UN CESSATE IL FUOCO ALLE NOSTRE CONDIZIONI
Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
La risoluzione 1701 suona troppo tecnica per il gergo aggressivo dei militari. Così la fonte nello stato maggiore aggiunge subito: «Per noi potrebbe anche funzionare, ma deve avere i denti». A mordere sarebbe lo stesso esercito israeliano. È questa la proposta che Benjamin Netanyahu sta portando avanti per lasciare aria alla diplomazia, mentre l’offensiva in Libano toglie l’ossigeno a Hezbollah, anche quello finanziario con i bombardamenti sulle sedi della sua «banca» a Beirut.
I portavoce delle forze israeliane accusano il movimento di possedere un bunker sotto a un ospedale con 500 milioni dollari in oro e contanti e avvertono di evacuarlo.
Su come raggiungere un cessate il fuoco che permetta il ritorno nel Nord del Paese degli oltre 60 mila sfollati israeliani, il primo ministro e i generali sono in sintonia: le condizioni consegnate agli americani richiedono la possibilità — scrive Axios — d’intervenire e impedire che il gruppo sciita si riarmi o si riposizioni sul confine, oltre alla libertà di operazione, ovvero di raid, per i jet nei cieli libanesi. È improbabile che il governo a Beirut e la comunità internazionale accettino le richieste.
Amos Hochstein, inviato della Casa Bianca, è arrivato ieri nella capitale araba per cercare di raggiungere un’intesa e ammette che la risoluzione approvata dalle Nazioni Unite nel 2006 non basta. In qualche modo lo riconosce pure Najib Mikati, premier ad interim libanese: «Potremmo accettare nuovi patti per implementarla».
Perché in questi 18 anni passati dai 34 giorni tra luglio e agosto — ribadiscono gli israeliani — i paramilitari non sono rimasti a Nord del fiume Litani, come prevede il documento Onu, e le loro mosse offensive non sono state bloccate né dall’esercito libanese né dalla missione Unifil. Hezbollah ieri ha bersagliato lo Stato ebraico con un centinaio di missili, uno è esploso vicino a Tel Aviv; cinque droni sono stati intercettati al largo della costa.
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Nella regione arriva oggi anche Antony Blinken, il segretario di Stato americano: sembra l’ultimo tentativo della Casa Bianca per premere verso una pausa nei combattimenti, soprattutto nella Striscia, dove i palestinesi uccisi sono quasi 43 mila e la situazione umanitaria nel Nord è catastrofica.
Fonti di Hamas dicono all’emittente Al Jazeera , di proprietà del Qatar, che «una donna ostaggio è morta in quelle aree». Blinken discuterà anche della risposta israeliana all’attacco missilistico iraniano che sarebbe «pronta».
Netanyahu – scrive Haaretz – ha cercato in questi giorni di rassicurare le diplomazie internazionali: l’incursione massiccia dell’esercito iniziata due settimane fa non punta a spingere con la forza la popolazione di Gaza verso il Sud del territorio. Il problema è che allo stesso tempo ministri nel suo governo, e qualcuno del suo partito, a pochi chilometri dalla Striscia hanno celebrato il progetto per la ricostruzione delle colonie evacuate su ordine di Ariel Sharon nel 2005.