BORN TO KILL! – CLAMOROSO: IN OGNI ISTANTE, NEGLI STATI UNITI, SONO ALL’OPERA DUEMILA SERIAL KILLER - PARLA JOHN DOUGLAS, IL “PROFILER” CHE HA ISPIRATO “MINDHUNTER”: “I SEGNALI SI VEDONO PRESTO. A VOLTE SONO I BULLI DELLA SCUOLA, ALTRE I BULLIZZATI. I PIÙ FEROCI? LAWRENCE BITTAKER E ROY NORRIS, CHE NEL 1979 RAPIRONO, STUPRARONO, TORTURARONO E UCCISERO CINQUE ADOLESCENTI A COLPI DI MARTELLO E CACCIAVITI... – VIDEO
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Estratti dell’intervista di Costanza Rizzacasa D’Orsogna a John Douglas per “la Lettura - Corriere della Sera”, da “Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti”
In ogni istante, negli Stati Uniti, sono all’opera duemila serial killer (John Douglas)
(…) «I serial killer non sono così furbi come il cinema e la tv li fanno. La maggior parte ha un’intelligenza nella media, alcuni inferiore. Spesso sono incompetenti i detective».
Come si fa a restare impassibili mentre un serial killer ripercorre i propri delitti?
«S’impara. Io non vado mai in collera quando descrivono i propri reati. Anzi, spesso rido con loro. Per ottenere qualcosa devi metterli a loro agio. Io non registro quasi mai e neanche prendo appunti. Non deve sembrare un interrogatorio. Il profiler, in un certo senso, deve sedurre il serial killer.
E quindi la falsa empatia, farlo sentire importante, rispondere alle sue domande. Per capire cosa avesse precipitato gli eventi, cosa avesse fatto dopo, se fosse tornato sul luogo del delitto. Dopo un po’ inizi a pensare come loro, e puoi insegnarlo agli altri».
E se rifiutano d’incontrarla o di rispondere?
«Nessuno si è mai rifiutato. Molti non vedono l’ora di raccontarsi».
Il criminale più feroce con cui ha avuto a che fare?
«Lawrence Bittaker e Roy Norris, noti come i tool-box killer perché nei loro reati utilizzavano strumenti della cassetta degli attrezzi, la tool-box appunto, come martelli e cacciaviti. In cinque mesi, nel 1979, rapirono, stuprarono, torturarono e uccisero in California cinque adolescenti.
Allora l’autostop era molto in voga: loro giravano con un furgone e registravano torture e omicidi per poi riascoltarli davanti a una birra. Gente così, dopo che l’hai incontrata, non te la togli più dalla testa. Diventi paranoico: fai il terzo grado al ragazzo di tua figlia, ti metti a pedinarlo…».
Lei vive in Virginia, seconda solo al Texas per esecuzioni capitali. È possibile riabilitare un serial killer?
«No. Sono così da sempre, distinguono perfettamente il bene dal male e agiscono secondo la propria volontà. Sono anche grandissimi manipolatori e alla Commissione di revisione della pena diranno che non sentono più quelle pulsioni, mentre per tutto il tempo fantasticano di uccidere di nuovo.
Bittaker nei colloqui era emotivo, piangeva. Ma i serial killer non piangono mai per le vittime. Piangono per sé stessi, perché non possono più uccidere o stuprare. Non provano rimorso. Per loro quelle non sono vittime ma omicidi giustificati».
Si parla spesso di bambini sociopatici e psicopatici. Ma è giusto definirli così?
«Purtroppo i segnali si vedono presto. A volte sono i bulli della scuola, altre sono loro stessi i bullizzati. Hanno comportamenti distruttivi, come le torture di animali, oggi considerate indicatore importantissimo di un futuro serial killer. Un altro indicatore è la violenza domestica. Spesso, commettono il primo omicidio attorno ai vent’anni. I primi delitti non sono perfetti ma imparano velocemente»