A BUCHA ANCORA ORRORI - SCOPERTI ALTRI 420 CADAVERI, ORA IL BILANCIO NELLA CITTADINA UCRAINA È DI 2.104 MORTI: PRATICAMENTE UNA PERSONA SU CINQUE DI QUELLE RIMASTE È STATA TORTURATA, BRUCIATA O UCCISA DAI RUSSI - CON I SOFTWARE DI SCREENING FACCIALE E ALTRI METODI FORENSI AD ALTA TECNOLOGIA KIEV VUOLE PROVARE A RICONOSCERE I SOLDATI RESPONSABILI DEL MASSACRO - ILYA IVANOVICH NAVALNY È STATO AMMAZZATO SOLO PERCHÉ SI CHIAMAVA COME IL DISSIDENTE ANTI-PUTIN...
-1/9 A passport with the surname “Navalny” lies next to the dead body on the ground. This is one of the people killed in the Ukrainian village of Bucha. Ilya Ivanovich Navalny. pic.twitter.com/vxfdkrTmLv
— Alexey Navalny (@navalny) April 19, 2022
Letizia Tortello per “La Stampa”
Spuntano nelle cantine, dalle buche scavate in fretta. La terra smossa puzza di fossa comune. Sono stati gettati nei pozzi, giacciono nei cortili. Alcuni recano segni di tortura, altri sono stati uccisi dai proiettili dei cecchini, mentre cercavano cibo.
Sono i cadaveri di Bucha, la nuova atrocità scoperta «da sabato sera» nella cittadina a 50 chilometri a Nord di Kiev. «Sono stati trovati altri 420 corpi», riferisce su Facebook il capo della polizia della regione, Andriy Nebytov.
«Stimiamo che una persona su cinque di quelle che erano rimaste in città durante l'occupazione russa sia stata uccisa», ha aggiunto il sindaco di Bucha, Anatoliy Fedoruk.
L'ultimo bilancio delle vittime civili, secondo i dati dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite, è di 2104 morti.
Sugli ultimi corpi esanimi rinvenuti, la polizia inizia un lungo e penoso lavoro di identificazione. Spesso da dettagli, perché il cadavere sottoterra è sfigurato e irriconoscibile.
«Di trecento persone non sono ancora state stabilite le generalità», continua Nebytov. Prima di questa nuova scoperta, erano stati trovati altri 350 cadaveri, mentre 200 persone risultano ancora disperse.
E dare un nome e un cognome agli ucraini massacrati nella guerra di Putin è la missione di Vitaliy Lobas, il capo della polizia del distretto, che prima del conflitto passava le giornate a barcamenarsi tra la piccola criminalità locale, e oggi guida il team che va a caccia dei cadaveri. Il suo quartier generale è una scuola abbandonata.
Davanti a lui, su un banco, c'è una mappa di Bucha. Questo sobborgo della capitale, sconosciuto al mondo fino a pochi mesi fa e ora diventato uno degli scenari dei crimini dei russi, è stato occupato dalle forze di Mosca per un mese, mentre tentavano l'assalto a Kiev. È stato liberato due settimane fa, dando inizio a un lento e doloroso processo di scoperta degli orrori.
Ogni volta che squilla il telefono, Lobas consulta la cartina e annota su un pezzo di carta le informazioni. Una riga per corpo.
In poche ore, il foglio si riempie di indirizzi. Cadaveri da rintracciare e identificare, persone disperse. Denunciate da parenti e amici, che pregano con tutte le forze di scoprirli vivi altrove, al sicuro, magari in campagna o oltre confine.
«Quando ho notizia di uomini e donne colpiti alla testa con le mani legate dietro la schiena, vado di persona. Quando i corpi sono stati bruciati, anche», dice il poliziotto. Le storie partono spesso dai racconti agghiaccianti di chi si trovava con le vittime durante l'occupazione, e poi è stato costretto a scappare.
Come una donna, che rivela come i russi abbiano assalito il condominio in cui si trovava con il fidanzato, puntando contro di loro il fucile per farsi consegnare telefoni e chiavi. «Ci hanno interrogato - spiega -, in stanze separate. Poi ci hanno picchiati e hanno sparato al nostro cane».
Dopo, hanno portato lei nel seminterrato, con altri vicini di casa, e hanno chiuso a chiave la porta. Hanno prelevato il ragazzo, mentre urlavano alla donna che non l'avrebbe mai più rivisto. Così è stato.
Tra i massacrati anche Ilya Ivanovich Navalny, un uomo con lo stesso cognome di Alexei Navalny, anche se il dissidente russo non sa dire se sia suo parente: «Ma è stato ucciso perché si chiamava come me», ha twittato.
Molti dei corpi di Bucha da riconoscere vengono portati all'obitorio di Boyarka, che non ha mai visto tanti cadaveri tutti insieme: «Da tre, prima del conflitto, a 50 al giorno. E otto su dieci sono persone decedute di morte violenta», spiega Semen Petrovych, 39 anni, esperto forense della struttura da 16 anni. Il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, nega ogni responsabilità, ma rilancia dicendo che «la Russia stabilirà la verità su quanto accaduto a Bucha».
Il procuratore ucraino Ruslan Kravchenko, invece, si è organizzato per raccogliere le prove dei crimini. Il suo compito è «identificare i russi autori di ogni aggressione, stupro e uccisione».
Le tecniche di indagine si servono di immagini satellitari e sistemi raffinati di riconoscimento facciale. Sono gli investigatori della Procura, coadiuvati dal ministero della Giustizia ucraino, ad esaminare i video delle telecamere di sicurezza, per riconoscere i volti dei russi che hanno sparato. Utilizzano software di screening facciale e altri metodi forensi ad alta tecnologia.
Le informazioni su quali unità delle truppe russe fossero a Bucha nei giorni dei massacri vengono incrociate con le immagini dal satellite. Gli analisti dei dati combinano le foto con gli account social, per rintracciare i soldati responsabili. Al lavoro ci sono Kravchenko e il gruppo di 28 investigatori.
Anche un pool di avvocati che era al servizio dell'ex presidente Petro Poroshenko interviene nella ricerca. Gli ucraini vanno a caccia di prove, da utilizzare davanti ai tribunali internazionali, per denunciare gli orrori.