IL CAPOLINEA DELL’ATAC - LA MUNICIPALIZZATA DEI TRASPORTI DI ROMA A UN PASSO DAL CRAC: SERVONO 200 MILIONI - È L'UNICO MODO PER TENERE IN PIEDI IL CONCORDATO FALLIMENTARE CHE HA EVITATO PER UN SOFFIO LA BANCAROTTA A QUESTO COLOSSO DA 11MILA DIPENDENTI - L'EMERGENZA CORONAVIRUS, CON LE CORSE RIDOTTE ALL'OSSO, IL CROLLO DELLA BIGLIETTAZIONE E 4MILA DIPENDENTI GIÀ MESSI IN SOLIDARIETÀ, RISCHIA DI RIAPRIRE UNA VORAGINE DEI CONTI…
-Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”
Quando la crisi sarà finita, Atac rischia di trovarsi di nuovo a un passo dal crac: per evitarlo servono quasi 200 milioni di euro. Questo è l'importo calcolato nelle ultime ore dagli esperti della municipalizzata dei trasporti di Roma. Soldi veri, non anticipi di cassa come quelli ipotizzati fin qui dal Campidoglio.
È l'unico modo per tenere in piedi il concordato fallimentare avviato due anni e mezzo fa e che ha evitato per un soffio la bancarotta a questo colosso da 11mila dipendenti, che gestisce oltre 2mila mezzi tra bus, tram e treni del metrò. L'emergenza coronavirus, con le corse ridotte all'osso, il crollo della bigliettazione e 4mila dipendenti già messi in solidarietà, rischia di riaprire una voragine dei conti che la gestione di Paolo Simioni, presidente e ad dal settembre 2017, era appena riuscita a chiudere. Il bilancio 2018 aveva addirittura fatto registrare un utile, per la prima volta nella storia di Atac, abituata invece a macinare debiti, fino a raggiungere la cifra monstre di 1,4 miliardi.
REBUS CREDITORI
Il 2020 avrebbe dovuto essere l'anno della prova del 9, per la più grande partecipata dei trasporti d'Italia. Perché l'azienda inizierà a ripagare una pletora di creditori. Centinaia di milioni di euro, spacchettati in diverse rate. Soprattutto, Atac avrebbe dovuto dimostrare di saper migliorare le proprie performance: il servizio per i romani, insomma.
Sulla metro, negli ultimi due anni, la frequenza è migliorata e le corse soppresse oggi sono una quota marginale. Il servizio di superficie, quindi bus e tram, invece arranca. Nei primi mesi dell'anno, gennaio e febbraio, era arrivata una prima inversione di tendenza, con una crescita dei chilometri effettuati rispetto allo stesso periodo del 2019. Del resto la flotta si stava via via rinnovando e la direzione del Personale aveva arruolato nuovi autisti pronti a salire in cabina di guida. Poi l'effetto virus ha cambiato tutto.
Passeggeri ridotti al minimo inevitabile con gli spostamenti consentiti solo per «necessità comprovate» e corse quasi dimezzate. Risultato: la cassa della bigliettazione che Atac avrebbe dovuto rimpinguare vendendo più ticket e staccando più multe, è invece semi-vuota. In questo quadro il rischio per i romani è che, al termine dell'emergenza, si ritrovino con i trasporti pubblici precipitati di nuovo sul ciglio del burrone finanziario. Simioni ne è perfettamente consapevole. In una lettera del 20 marzo, l'amministratore delegato ha evidenziato che Atac «sta subendo rilevanti danni a causa della riduzione del servizio e della contrazione del traffico e dei ricavi». Da qui l'appello «a tutte le istituzioni affinché ci aiutino a non vanificare il salvataggio e l'azione di risanamento di Atac». Il collasso della partecipata di via Prenestina metterebbe in forse la tenuta dei trasporti pubblici della Capitale.
PREVISIONI A VUOTO
Per il 2020, la municipalizzata prevedeva di maturare utili per 20 milioni. Ma la crisi ha cambiato tutto: «Il risultato del 2020 ormai è evidentemente sfumato», ammette Simioni. Consapevole che in un frangente così delicato «le nostre forze non bastano. Auspico quindi che il Governo, la Regione e Roma Capitale, ognuno per la propria parte, intervengano senza indugio». Per gli esperti di Atac non bastano neanche manovre correttive puntate solo a rimodulare le risorse già previste, come l'anticipo di alcuni versamenti da parte del Comune. La crisi è molto più seria. Servono soldi extra. Una cifra di poco sotto ai 200 milioni. Come ha scritto Simioni, «non c'è più tempo».