CAPRE! CAPRE! CAPRE! – I RAGAZZI NON SANNO PIÙ SCRIVERE, LO PROVA UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA: OLTRE 2 MILA STUDENTI HANNO VERGATO UN TESTO DI MASSIMO 500 PAROLE E, IN MEDIA, HANNO COMMESSO 20 ERRORI – GLI ELABORATI SONO CARENTI DI SINTASSI, COERENZA GRAMMATICALE E SCELTE LESSICALI – I GIOVANI, CHE SPIPPOLANO TUTTO IL GIORNO SU WHATSAPP, NON SONO ABITUATI A SEGUIRE LE REGOLE DELL'ITALIANO E SI ARENANO QUANDO GLI TOCCA REDIGERE UN TESTO PIÙ COMPLESSO...

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Estratto dell’articolo di Emanuela Giampaoli per "La Repubblica"

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Scrivono, costantemente. Messaggi brevi, spezzettati, arricchiti di emoticon. Frasi non per forza stringate ma immediate, ispirate dal momento, sollecitate dall’interlocutore. Con il risultato che nessuna generazione ha mai scritto tanto quanto i ventenni di oggi.

 

Tra chat e social è un profluvio di parole quotidiane. Quando però devono dare forma a un testo complesso, si arenano. Anche gli studenti universitari. Si perdono nel mare della punteggiatura, tentennano nella sintassi.

 

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È il risultato di uno studio che ha coinvolto 2.137 studenti di 45 atenei italiani. A guidarlo Nicola Grandi, ordinario di glottologia e linguistica a Bologna, capofila del progetto condotto insieme agli atenei di Pisa, Macerata e all’università per stranieri di Perugia. «Nel febbraio 2017 — spiega Grandi — una lettera inviata da seicento professori al presidente del consiglio, al ministro dell’istruzione e al parlamento denunciava le carenze linguistiche degli studenti, messi sotto accusa per l’italiano scritto con errori “appena tollerabili in terza elementare” […]».

 

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Così Grandi e il suo gruppo di lavoro sono voluti andare a fondo con il progetto Univers- Ita, la prima ricerca sistematica condotta in Italia sulle capacità di scrittura di chi è iscritto a un corso di laurea. A ogni partecipante è stato chiesto di redigere un testo formale tra le 250 e le 500 parole, un elaborato in cui si doveva mettere nero su bianco la propria esperienza durante il lockdown (era la primavera del 2021). Gli scritti sono stati poi corretti in base a numerosi parametri, tra cui lessico, sintassi e punteggiatura. Con il risultato che per ogni elaborato sono presenti in media 20 errori, di cui la metà di punteggiatura.

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«L’abitudine alla scrittura in ambito informale — osserva Grandi — sembra aver pervaso l’ambito formale. Una sorta di parlato digitato, con una assai limitata articolazione sintattica e una struttura dell’argomentazione abbastanza “spezzettata” ».

 

Testi carenti di sintassi, coerenza, scelte lessicali. E l’uso di punti e virgole ne è la manifestazione più evidente: «D’altronde la punteggiatura non è, come spesso si insegna, solo un fatto grafico, ha un forte valore testuale, cioè scandisce l’organizzazione del testo. Ed è risultata molto deficitaria».

 

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D’altronde scorrendo i risultati della ricerca solo il 17,5% del campione legge più di dieci libri in un anno, mentre il 52% si cimenta a malapena con cinque volumi in 12 mesi. Altro dato sorprendente è che gli studenti di area scientifica sono più bravi nella redazione di un elaborato rispetto agli umanisti. […]

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