LE CARCERI SONO UN COLABRODO: CARTABIA SVEGLIA! - GRAZIE AI DRONI, I DETENUTI IN CELLA RIESCONO A FARSI RECAPITARE DI TUTTO, DAI CELLULARI ALLA DROGA FINO ALLE PISTOLE - A FROSINONE ALESSIO PELUSO DETTO "O' NIRO" È RIUSCITO A FARSI MANDARE UNA SEMIAUTOMATICA CALIBRO 7.65 E L'HA PUNTATA SU UN AGENTE, SPARANDO POI A TRE UOMINI TRA CUI GENNARO ESPOSITO, VICINO A "DIABOLIK" PISCITELLI - DOPO CINQUE ANNI DI ALLARMI IGNORATI, I SINDACATI SI INCAZZANO: "I VERTICI DEL DAP E IL MINISTERO SI SVEGLINO"

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Estratto dell'articolo di Fabio Tonacci per "la Repubblica"

 

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Ci sono giorni in cui il carcere di Frosinone sembra un aeroporto di provincia: sei, sette voli di droni ronzanti che recapitano alle mani protese dalle finestre coltelli, microtelefonini, eroina. Domenica scorsa una semiautomatica calibro 7.65.

 

Il detenuto Alessio Peluso detto "o' niro", 28 anni, ritenuto essere l'esattore del clan Lo Russo, ha afferrato la pistola attraverso una rete di protezione sgangherata. Prima l'ha puntata contro un poliziotto per farsi consegnare le chiavi di due celle che non è riuscito ad aprire.

 

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Poi, attraverso la feritoia, ha sparato all'interno contro tre uomini (un albanese e due campani, tra cui Gennaro Esposito, figura emergente dei trafficanti di droga sulla piazza di Roma e vicino a "Diabolik" Fabrizio Piscitelli) che lo avevano picchiato qualche giorno prima.

 

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Infine, come se tutto fosse normale, ha estratto dalla tasca un cellulare. «Avvocato, ho sparato a quei tre. Sono venute le guardie. Ora che faccio?».

 

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La scia di episodi

È la prima volta che una rivoltella piove dal cielo dentro un penitenziario, e se non siamo qui a raccontare una strage è solo perché Peluso ha qualche problema con le serrature. Ma nessuno può sostenere che quanto accaduto nella casa circondariale di Frosinone (513 posti, 526 detenuti) non fosse prevedibile e, dunque, evitabile.

 

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Repubblica ha consultato documenti del ministero della Giustizia dai quali viene fuori che da almeno cinque anni negli uffici del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) si accumulano allarmi e segnalazioni di droni-corriere.

 

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Eppure - con l'esclusione di un progetto sperimentale di "contraerea" a Rovigo - dal 2016 niente di concreto è stato fatto per bloccare un fenomeno che, stando a quanto denunciano magistrati antimafia e gli stessi sindacati della Penitenziaria, è diventato un'emergenza. Che affligge, al pari del sovraffollamento e dell'organico ridotto (mancano 17.000 agenti), il sistema carcerario italiano.

 

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Telefonini nei salami

Quest'anno nelle celle e nelle sezioni di isolamento sono stati trovati quasi 200 cellulari al mese, 6 al giorno. Nel 2020 i poliziotti ne avevano sequestrati 1.761, nel 2019 1.206, una trentina nel 2018.

 

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Numeri che disegnano la preoccupante parabola ascendente. Chi pilota i droni utilizza talvolta dei diversivi per evitare di essere intercettato, come si è visto a Taranto nell'ottobre di due anni fa: mentre venivano trasportati dei microtelefonini e dei wurstel infarciti di droga in una stanza al terzo piano del carcere, i complici facevano esplodere fuochi d'artificio all'esterno delle mura.

 

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A Poggioreale hanno fermato un drone con sei cellulari appesi. Ma è niente rispetto al clamore che ha suscitato, nel novembre del 2019, la scoperta che Giuseppe Gallo detto Peppe "o' pazzo", boss di camorra, usava serenamente tre smartphone nella sua cella di massima sicurezza in regime di 41 bis nel carcere di Parma. Non era mai accaduto prima. Se un capoclan può comunicare con il mondo dei liberi, è come se non fosse detenuto.

 

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L'indagine sulla modalità con cui sono stati introdotti i tre telefoni è quasi conclusa. La lunga teoria di episodi simili, però, fa pensare a canali diversi rispetto ai colloqui con i familiari o a qualche agente della Penitenziaria colluso. I droni, appunto.

 

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