LA CASSAZIONE RESPINGE IL RICORSO DI LUCA PALAMARA: DIVENTA DEFINITIVA LA SUA RADIAZIONE DALLA MAGISTRATURA - PER I GIUDICI, L'EX PM TENTO' IN TUTTI I MODI DI DANNEGGIARE PAOLO IELO, CERCANDO DI CONDIZIONARE LA NOMINA DEL NUOVO CAPO DELLA PROCURA DI ROMA - RESPINTA LA RICHIESTA DI NON UTILIZZARE LE INTERCETTAZIONI EFFETTUATE ALL'HOTEL CHAMPAGNE NEL MAGGIO 2019, QUANDO PALAMARA E CINQUE EX CONSIGLIERI DEL CSM DISCUTEVANO DELLE NOMINE CON I DEPUTATI COSIMO FERRI E LUCA LOTTI. I COLLOQUI ERANO STATI CAPTATI GRAZIE AL TROJAN INSERITO NEL CELLULARE DI PALAMARA…
-Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera"
Quasi ossessionato dalla figura del procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, Luca Palamara avrebbe tentato di danneggiarlo con ogni mezzo a disposizione. Inoltre con, l'obiettivo di interferire nelle nomine di uffici giudiziari importanti come Roma e Perugia, avrebbe cercato di pilotare le nomine dei procuratori capo. Fatti «gravissimi» e un particolare «dispregio verso le regole codificate e gli standard di comportamenti dovuti» dimostrato da Palamara convincono i giudici delle sezioni unite della Cassazione a respingere il suo ricorso contro la radiazione dalla magistratura decisa nell'ottobre scorso dalla sezione disciplinare del Csm.
Palamara non potrà più vestire la toga. E a Perugia è stato appena rinviato a giudizio per corruzione. I giudici di piazza Cavour bocciano la difesa dell'ex pm e confermano che vi fu «una strategia unitaria diretta da parte dell'incolpato a ricercare una soluzione di discontinuità rispetto alla gestione Pignatone alla procura di Roma». E così confermano le «manovre» per condizionare la scelta del nuovo capo dell'ufficio della Capitale.
La Cassazione ha respinto la richiesta di non utilizzabilità delle intercettazioni effettuate all'Hotel Champagne nel maggio 2019, quando Palamara e cinque ex consiglieri del Csm discutevano delle nomine con i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti. I colloqui erano stati captati grazie al trojan inserito nel cellulare di Palamara e sono stati ritenuti utilizzabili dalla Cassazione perché la presenza dei parlamentari è stata ritenuta casuale.
Quei discorsi non furono «libera manifestazione di idee e valutazioni personali in tema di politica giudiziaria» come sostenuto dai difensori di Palamara, bensì un tentativo di interferire sulle nomine. Concordano i giudici di piazza Cavour con la disciplinare del Csm: «Tutte le numerose condotte intenzionalmente poste in essere sono state concepite, preparate e messe in opera con assoluta consapevolezza della loro contrarietà alle regole codificate e con "chirurgica" determinazione strategica degli obiettivi, delle azioni da programmare allo scopo, dei soggetti da coinvolgere nelle iniziative, delle modalità di attuazione del programma così accuratamente architettato».
Motivi e «rancori» personali avrebbero alimentato le decisioni dell'ex magistrato «avendo egli agito principalmente se non unicamente sotto la spinta di ragioni personali variamente calibrate tra la soddisfazione di aspirazioni rancorose in confronto di taluni soggetti e più radicalmente obiettivi egoistici di affermazione personale e non già in base al nobile proposito di procurare la collocazione negli uffici giudiziari di quelle professionalità soggettive che, nella sua particolare rappresentazione, gli apparivano come le più idonee». «La battaglia continua, porterò il mio caso in Europa», reagisce in serata Palamara.