CEDRO APPASSITO – L’ESPLOSIONE AL PORTO DI BEIRUT È SOLO L’ULTIMO DRAMMA DI UN PAESE IN GINOCCHIO: LO STATO È IN DEFAULT, LE BANCHE CHIUSE, L’ENERGIA ELETTRICA SUBISCE TAGLI FINO A 20 ORE AL GIORNO. SENZA CONTARE IL CORONAVIRUS – BEIRUT IMPORTA TUTTO CIÒ CHE CONSUMA,  ANCHE IL CIBO, E CON IL PORTO SONO ANDATE IN FUMO PRATICAMENTE TUTTE LE SCORTE DI GRANO -  QUIRICO: “TUTTO PARLA DI DECLINO, POVERTÀ, INIMICIZIA, IMPOTENZA. FORSE A MALINCUORE BISOGNA RASSEGNARSI: IL LIBANO È UN'ALTRA PRIMAVERA CHE SI ESTINGUE”

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1 – IL DOPPIO DISASTRO DELL'ESPLOSIONE A BEIRUT

Estratto dell’articolo di Daniele Raineri per “il Foglio” (integrale: https://www.ilfoglio.it/esteri/2020/08/04/news/il-doppio-disastro-dell-esplosione-a-beirut-330114/?underPaywall=true&paywall_canRead=true)

 

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esplosione al porto di beirut 11

Il disastro accidentale arriva in un momento di crisi profondissima e potrebbe aggravare l’emergenza umanitaria che in questi mesi colpisce il Libano.

 

Il paese importa tutto, anche il sessanta per cento del cibo che consuma, da fuori, e adesso il porto e i depositi sono stati distrutti, con tutte le scorte che contenevano e i terminal per ricevere le importazioni dall’estero.

 

il presidente libanese michel aoun consiglio di difesa libano

Il terminal del grano è quello che si vede saltare in aria nei video dell’esplosione, da lì passa quasi tutto il fabbisogno del Libano, di solito comprato dalla Russia.

 

E’ possibile che il medesimo problema ci sarà per il carburante, che arriva al porto da Kuwait e Algeria, e alimenta le centrali elettriche

 

 

2 – L'ULTIMO DRAMMA DI UN PAESE TRAVOLTO DA CRISI E TENSIONI (E IN ATTESA DI UN VERDETTO)

Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”

 

SAAD HARIRI

Sono tempi difficilissimi per il Libano in ginocchio. L'esplosione di ieri non può che mettere in luce le deficienze di un apparato statale che non funziona più. E ad aggravare la situazione c'è la strana coincidenza con il momento cruciale nell'annoso processo per l'assassinio dell'ex premier Rafiq Hariri 15 anni fa.

 

Domina la crisi economica lacerante, le banche chiuse, l'inflazione alle stelle con l'affossarsi della lira libanese e il valore dei salari medi sprofondato in meno di un anno da circa 900 dollari mensili ai 150 attuali. «Non possiamo più ritirare i nostri risparmi dalle banche. Nascondiamo i pochi dollari che ci restano sotto il materasso. Non possiamo viaggiare all'estero, non c'è futuro», ci spiegava solo pochi giorni fa Christian Francis, un imprenditore di Beirut che solo nel 2018 trascorreva le vacanze in Francia e ora non ha più neppure il contante per pagare la bolletta della luce. Del resto gli serve molto poco.

libano, fortino di hezbollah

 

Al momento l'energia elettrica subisce tagli sino a 20 ore al giorno persino nei quartieri residenziali della capitale. Gli uffici pubblici funzionano a singhiozzo, con la valuta scivolata al 20 per cento del suo valore trionfa il mercato nero. Crescono nel frattempo le proteste di piazza contro i partiti e il governo. Le manifestazioni erano iniziate nell'autunno scorso.

 

esplosione al porto di beirut 10

Sciiti, sunniti, cristiani, tutti uniti contro la corruzione imperante. Si parlava di una nuova primavera araba che forse poteva cambiare le cose e porre fine ai settarismi tradizionali. Ma poi sono arrivate le paure per il coronavirus e le serrate delle attività economiche. La gente si è chiusa in casa. Il turismo, una delle tradizionali fonti di ricchezza, è collassato. Oggi le proteste sono riprese, mentre i media locali parlano apertamente di «Stato fallito».

 

RAFIC HARIRI 1

Sono diminuiti a quasi nulla gli invii di valuta pregiata che in genere la forte diaspora libanese ha sempre garantito ai parenti rimasti in patria. A rendere tutto più complicato saranno le tensioni politiche in vista del verdetto, atteso per venerdì, del tribunale internazionale organizzato dall'Onu per investigare la morte del premier sunnita il 14 febbraio 2005.

 

esplosione al porto di beirut 12

Allora un'autobomba non molto lontano dal luogo dell'esplosione di ieri uccise Hariri assieme a una ventina tra passanti e guardie del corpo. Il dito fu subito puntato contro il movimento sciita di Hezbollah (il Partito di Dio) alleato col regime siriano di Bashar Assad e sostenuto dall'Iran. Hariri era l'unico politico di spessore che potesse separare il Libano dall'abbraccio di Damasco e Teheran.

 

RAFIC HARIRI

E infatti da allora il figlio Saad, che ne prese il posto, ha sempre dovuto mediare da una posizione di estrema debolezza. Oggi i quattro sospetti in attesa di verdetto sono tutti militanti di Hezbollah. Un quinto, Mustafa Amine Badreddine, uno dei massimi comandanti militari dell'organizzazione, venne ucciso combattendo contro le milizie della rivolta sunnita in Siria nel 2016. Oggi però Bashar è più forte. Grazie al sostegno russo, ha messo in ginocchio la rivolta in casa e sta cercando di riprendere il controllo del Libano. Lo rivelano anche le crescenti tensioni con Israele. Ovvio che, anche nel caso l'esplosione di ieri fosse accidentale, le memorie della sanguinosa guerra fratricida tra il 1975 e 1990 tornano più preoccupanti che mai.

beirut distrutta

 

2 – IL CALVARIO SENZA FINE DI UN PAESE

Domenico Quirico per “la Stampa”

 

Un amico libanese tre anni fa mi portò davanti a una delle innumerevoli banche di Beirut, i veri monumenti della città : «Vedi, fino a quando queste funzioneranno il Paese è salvo. Non c'è guerra o turbolenza che possa mettere in discussione l'incredibile miracolo del mio Paese».

 

esplosione al porto di beirut

Il cielo di Beirut ieri sera si blindava di squame livide, rossastre per una catastrofica e misteriosa esplosione che ha squassato il porto e la città. Chissà se il mio amico potrebbe ancora ripetere quelle sillabe presuntuose. E' vero, il Libano sembrava poter resistere a tutto, più i Paesi vicini venivano risucchiati dal furore degli eventi e cercavano di trascinarlo con sè, più resisteva e rinasceva dalla cenere.

 

Beirut era un luogo imperfetto, un po' volgare, un po' vizioso, un po' furbo. Ma accanito sfacciatamente a sopravvivere, a domare un storia spesso imbizzarrita e crudele. Il libanese con la sua volontà accanita, la dolorosa pazienza, un antico decoro ci stupiva sempre. E ora? Il miracolo libanese è avvilito e ottuso, un deliberato inganno, una pia frode destinata pare a spegnersi nella impotenza politica e nella catastrofe economica.

 

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La moneta che aveva resistito a tutto ha perso il 60% del suo valore, lo Stato ha dichiarato fallimento decapitato da un debito che è il 160% del Prodotto interno lordo; il 45% dei libanesi vivono sotto la soglia di povertà. La pandemia pesa come un macigno anche qui, con un sistema sanitario al collasso, mancano a tratti la corrente elettrica e l'acqua e il telefono come nelle città devastate dalla guerra e dalle miserie del vicino oriente, la vita quotidiana si è fatta travagliosa, piena di crucci e paure.

 

esplosione al porto di beirut 9

Israele e hezbollah, il partito di dio sciita, con il suo esercito bis si scambiano segnali di guerra. Tutto parla di declino, povertà, inimicizia, impotenza. Forse a malincuore bisogna rassegnarsi: il Libano è un'altra primavera che si estingue, arrivata in ritardo con le manifestazioni dell'ottobre del 2019. Da esplosione euforica, vibrante contro scompigli disastri e imposture è diventata cattiva, colma di un selvatico risentimento, in preda alle strumentalizzazioni di gruppi estremisti.

 

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Non poteva essere diversamente, forse: troppo divisa all'interno senza una leadership capace di guidarla, zavorrata dall'avvento del coronavirus e dalle difficoltà della vita quotidiana che hanno costretto alla resa molti entusiasmi. Sunniti e cristiani accusano hezbollah di essere la causa dei problemi del Paese mentre Trump che spera di piegare una costola essenziale del grande progetto sciita e iraniano, muove la leva delle sanzioni, sfrutta il tracollo economico.

 

Hezbollah combatte in Siria dove ha salvato Bashar e addestra gli huthi dello Yemen. Ma l'idea che il partito di Nasrallah sia indebolito e stia per perdere il controllo del Libano è probabilmente illusoria. Anzi: gli attacchi americani rinsaldano il legami nella comunità sciita, offrono argomenti per tacitare i dubbiosi. Il problema è che dopo molti anni il Libano deve drammaticamente reinventarsi.

hezbollah in piazza dopo la morte di soleimani

 

Il suo modello economico che si basava su un debito sfrenato fino dagli anni Novanta non regge più, il Paese deve imparare a produrre mentre oggi importa praticamente tutto, l'aiuto della diaspora potente e ricca (il 12% del Pil) non copre più come una protesi ortopedica gli abissi del debito. Ma è soprattutto sul piano politico che tutto deve cambiare perché tutto è finto.

Ha fallito una classe politica formata da uomini corrotti, da spregiudicati acrobati del compromesso, da capi clan che hanno convertito la mimetica delle milizie con il doppiopetto ministeriale, gente che si sollazza negli equilibri più impropri e vietati. Continuano imperterriti a dominare le loro tribù illudendole di essere lo scudo dei loro interessi e della loro sopravvivenza: praticano solo i loro affari.

esplosione al porto di beirut. 6

             

SAAD HARIRI E ANGELA MERKEL
libano, base di hezbollah
un uomo ferito a beirut dopo l'esplosinoe