CHE FARÀ ISRAELE? NETANYAHU HA PROMESSO CHE SRADICHERÀ HAMAS E, DOPO I BOMBARDAMENTI A NORD DELLA STRISCIA DI GAZA, SI PASSERÀ ALL’INVASIONE DI TERRA FINO ALL’AREA METROPOLITANA DI GAZA CITY DOVE I MILIZIANI HANNO I LORO BUNKER – I BOMBARDAMENTI SUGLI AEROPORTI DI ALEPPO E DAMASCO, IN SIRIA, SONO UN MESSAGGIO PRECISO: GLI ISRAELIANI NON VOGLIONO REGOLARE I CONTI SOLO CON GLI ESECUTORI, MA ANCHE CON I MANDANTI…

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1 - «RIPULIRE» L’AREA, ENTRARE VIA TERRA, SRADICARE HAMAS MISSIONE IN 3 FASI

D. F. per il “Corriere della Sera”

 

BENJAMIN NETANYAHU

Questa guerra sarà lunga. Lo confermano le mappe che gli strateghi stanno preparando e i progetti che gli ingegneri stanno disegnando. Il governo ha deciso di costruire in tutta fretta nuovi villaggi con villette prefabbricate per le migliaia di israeliani evacuati dal fronte sud invaso sabato scorso all’alba.

 

La prima fase — scrive su Haaretz l’analista Anshel Pfeffer — si è proprio concentrata nel rastrellare le zone attaccate e nel ripulirle dalla presenza di terroristi, qualcuno si può ancora nascondere vicino ai centri abitati.

BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA

 

Queste operazioni sono servite anche per permettere agli infermieri volontari di Zaka, scortati dalle truppe, di recuperare e seppellire i corpi delle oltre 1.200 persone massacrate. «La mossa successiva — continua Pfeffer — è definire gli obiettivi della campagna e soprattutto della inevitabile incursione di terra. Perché il primo ministro non può permettersi di promettere una vittoria che poi non siamo in grado di ottenere».

 

SISTEMA ANTI MISSILE ISRAELIANO IRON DOME

[…] L’invasione di terra è quindi inevitabile. I carrarmati hanno accerchiato i 42 chilometri di lunghezza e gli 8-9 di larghezza della Striscia, un assedio totale. I soldati che si stanno ammassando attorno al corridoio di sabbia stretto tra Israele, l’Egitto e il Mediterraneo sono 300 mila. I generali sanno che i capi di Hamas — lo hanno ammesso loro stessi — hanno impiegato due anni a pianificare il raid dell’orrore.

 

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Non possono non aver predisposto con altrettanta minuzia le difese dalla reazione israeliana. I bombardamenti di questi giorni vogliono spingere la popolazione palestinese verso sud, oltre Gaza City, fino al confine con l’Egitto. Gli analisti ipotizzano che la tattica questa volta non sia tagliare la Striscia a metà come nel 2009 ma premere da nord in progressione per arrivare all’area metropolitana più grande dove i boss avrebbero concentrato i loro quartieri generali nei bunker sottoterra.

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2 - I NUOVI PIANI ISRAELIANI NESSUNA TOLLERANZA CON I NEMICI AL CONFINE

Daniele Raineri per “la Repubblica”

 

Raid aerei israeliani colpiscono negli stessi minuti l’aeroporto internazionale di Damasco, poco a Sud della capitale siriana, e l’aeroporto internazionale di Aleppo, la seconda città del Paese. I jet di Israele prendono di mira almeno una volta al mese questi scali grazie a informazioni d’intelligence perché sono usati dalle Guardie della rivoluzione iraniane per trasferire armi – in particolare: missili di precisione – alle milizie sciite appostate a ridosso del confine Nord di Israele.

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I raid rallentano l’accumulo di materiale bellico – che prima o poi sarà usato contro lo Stato ebraico. Questa volta però è diverso. Non c’è uno scopo tattico, c’è un messaggio più ampio ai vicini di Israele che riguarda il nuovo medio oriente creato dalla fine dell’illusione di sicurezza a Gaza. Questo doppio bombardamento in Siria è il primo dopo che squadre di Hamas hanno sfondato i reticolati e hanno massacrato più di mille civili israeliani nelle città e nei kibbutz attorno alla Striscia. Non era mai accaduto in passato che i jet colpissero in modo simultaneo entrambe le piste e le rendessero, secondo testimoni locali, inutilizzabili a causa dei danneggiamenti troppi estesi.

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Le bombe non hanno mirato al suolo uno degli aerei usati per trasportare le armi, nelle stive capienti, che spesso sono di proprietà di compagnie fittizie iraniane e non hanno colpito nemmeno un convoglio come facevano di solito: hanno cessato di far funzionare i due aeroporti.

Le piste saranno prima o poi rabberciate, ma il ministro degli Esteri dell’Iran, Hossein Amir-Abdolahian, che ieri era in volo verso Damasco per una visita ufficiale, è stato costretto a tornare indietro.

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In questi giorni si discute un rapido mutamento di dottrina tra i circoli politici, militari e d’intelligence di Israele. Le regole sono cambiate, il panorama è diventato irriconoscibile e tutte le premesse considerate valide per decenni di colpo non lo sono più. Ieri un generale israeliano intervistato dal New York Times ha sintetizzato questo cambio così: «È un livello di brutalità che non avevamo mai visto da quando Israele è stato fondato. Adesso dobbiamo cambiare l’intera dottrina che riguarda Gaza. Hamas non può più esistere».

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[…] La fiducia nella tenuta della recinzione di Gaza, che doveva tenere sotto controllo Hamas, e nel sistema Iron Dome, che deve occuparsi dei razzi ma non può intercettarli tutti, non funziona più. […]Quando il primo ministro Benjamin Netanyahu dice che Hamas è come lo Stato islamico intende che non è più possibile alcun compromesso politico e, come con lo Stato islamico, la guerra finirà soltanto con la sconfitta militare del gruppo. Nessuno nell’opposizione contesta questa decisione.

 

Un secondo punto di questa dottrina riguarda gli sponsor e gli alleati di Hamas, e quindi l’Iran e il cosiddetto asse della resistenza, che comprende Hezbollah in Libano, il regime di Assad in Siria, gli Houthi in Yemen e le milizie sciite in Iraq.

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[…] Adesso Israele potrebbe cominciare a pensarla allo stesso modo: è inutile occuparsi soltanto degli esecutori a Gaza, come già avvenuto in passato, se non si colpiscono mandanti e collusi altrove. Il nemico è lo stesso, dalla Striscia di Gaza a Beirut a Teheran. In parole povere si rischia l’allargamento della guerra. […]

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distruzione a gaza
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