Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
Una cosa è certa. Si tratta di un passaggio più importanti di uno dei casi più intricati iniziato 13 anni fa. Protagonista, Julian Assange. Nelle prossime ore, l’Alta corte di Londra dovrà decidere se respingere l’appello rivolto dal team legale del fondatore di WikiLeaks alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti che nel 2019 hanno incriminato Assange sulla base dell’Espionage Act del 1917.
Diciotto capi di imputazione che costerebbero all’imputato 175 anni di carcere Oltreoceano secondo una stima dei suoi legali (gli avvocati di Stato americani parlano di 5-6). Nella prima delle due sedute che si è tenuta ieri a Londra, Assange non c’era, nonostante gli fosse stato concesso di lasciare il carcere di massima sicurezza di Belmarsh, noto anche come la Guantánamo britannica. «Sta male», ha spiegato uno dei suoi legali Edward Fitzgerald senza aggiungere ulteriori dettagli.
Sono anni che si parla di un Assange sull’orlo del suicidio, completamente spezzato dalla detenzione. Ed è proprio sul pericolo di vita dell’hacker australiano che punta la difesa, riprendendo un concetto già espresso più volte dalla moglie dell’imputato Stella Moris: «I servizi statunitensi hanno ordito un complotto per rapire Assange o addirittura ucciderlo quando era rinchiuso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. Se dovesse essere estradato negli Usa potrebbero provarci di nuovo».
E ancora: i legali sottolineano come le accuse rivolte ad Assange siano di natura politica. Perché tutto è iniziato nel 2010, quando Assange pubblicò su WikiLeaks file che mostravano al mondo i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan. «È perseguito per aver svolto la normale pratica giornalistica di ottenere e pubblicare informazioni riservate», ha tuonato ieri l’avvocato Fitzgerald mentre in centinaia manifestavano per Assange paladino della libertà di informazione. […]
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Se l’Alta Corte dovesse procedere contro l’interesse di Assange, i suoi legali hanno già annunciato ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Mossa che rallenterebbe la partenza per Washington. Ma se così non fosse verrebbe confermata la linea della corte distrettuale del Regno Unito che nel 2021 respinse la richiesta di estradizione per «elevato rischio di suicidio», decisione poi annullata dai tribunali superiori. E da Priti Patel, allora ministro degli Interni britannico, che autorizzò l’estradizione.
Assange in partenza per gli Stati Uniti? Se così sarà, il nome dell’hacker incendierà nuovamente il dibattito americano a pochi mesi dalle elezioni che vedono in corsa proprio Donald Trump. Ma c’è anche chi scommette sull’Australia come via d’uscita, dopo che il parlamento di Canberra ha chiesto che ad Assange sia permesso di tornare in patria. […]
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