CHE C’AZZECCA CARLA BRUNI CON VANNACCI? – IL GENERALE NEL SUO NUOVO LIBRO (“IL CORAGGIO VINCE”) RACCONTA DELLA SUA INFANZIA A PARIGI: "LA SCUOLA ITALIANA SI RIVELA UN AMBIENTE ECCITANTE. CI SONO I FIGLI DI FACOLTOSI IMPRENDITORI, MANAGER E DIPLOMATICI, TALVOLTA EMIGRATI PER MOTIVI DI SICUREZZA. È IL CASO DELLA FAMIGLIA BRUNI TEDESCHI. PROPRIO COSÌ, CARLA BRUNI, FUTURA MODELLA INTERNAZIONALE E MOGLIE DEL PRESIDENTE SARKOZY, È STATA MIA COMPAGNA DI SCUOLA DALLE ELEMENTARI FINO ALLE MEDIE. PERÒ ANCHE LA MAESTRA DI PARIGI È SPECIALE. SI CHIAMA MARIA ELISA MARTINES ED È LA MAMMA DI ALESSANDRA, LA BALLERINA” - “IN QUEL PERIODO HO VISTO LE PRIME PERSONE DI COLORE. GUARDAVO QUEGLI INDIVIDUI NUOVI, DIVERSI DA ME, E CERCAVO DI...”
Estratto da “Il coraggio vince”, di Roberto Vannacci (ed. Piemme)
[…] Proprio in quel periodo, passato con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, ho visto le prime persone di colore. […] ero un bambino di sei anni e a Ravenna non avevo mai visto una persona con la pelle scura. Guardavo quegli individui nuovi, diversi da me, e cercavo di toccarli. Me la ricordo mia madre che strabuzzava gli occhi quando si accorgeva che li stavo fissando. Mi ripeteva che era maleducazione osservare le persone con insistenza. Ma a Parigi tutto andava veloce, soprattutto il tempo.
Una settimana dopo ero già nel parco a rotolarmi per terra con qualche compagno di giochi di origini africane, arabe o asiatiche. I miei genitori si erano iscritti quasi subito a un club di tennis a Puteaux, su un'isola della Senna alla periferia di Parigi. Io e i miei fratelli li accompagnavamo. Ero molto piccolo ma avevo ricevuto in dono una vecchia Maxima, la racchetta con cui mi divertivo a giocare contro il muro.
Al club ho conosciuto bambini che venivano dai luoghi più diversi, anche molto lontani. C'erano i figli del giardiniere: piccoli, bassi, con i capelli nerissimi, erano portoghesi. Poi c'era Christian, figlio di un francese e di una vietnamita che si erano conosciuti nel Sud-est asiatico quando l'Indocina era una colonia francese. I figli dei gestori del bar erano algerini. Con loro giocavo tutta la giornata soprattutto a primavera inoltrata, quando a Parigi c'è luce fino alle dieci di sera.
Anche a scuola le cose erano cambiate, spesso di pomeriggio ci si ritrovava a casa di un amico. E ogni volta le mamme offrivano cibi strani esotici; in tavola portavano le loro tradizioni, la loro cultura. C'era chi aveva passato tanti anni in Africa, chi in Marocco, chi in Sudamerica; nelle loro case si respiravano profumi sempre diversi e stimolanti. È proprio allora che ho cominciato a pensare alle differenze di lingua e cultura come a territori nuovi da esplorare.
[…] Non è certo negando le differenze che si realizza l'integrazione, piuttosto valorizzandole all'interno di una cultura di riferimento. […] la qualità è il racconto delle differenze. Comunque sia, mi presento a scuola e grazie al lavoro straordinario della maestra di Ravenna capisco che me la caverò alla grande. La scuola italiana si rivela subito un ambiente eccitante da frequentare.
Ci sono bambini di ogni provenienza geografica con diverse traiettorie di vita. Ci sono i figli di facoltosi imprenditori, manager e diplomatici, talvolta emigrati in Francia per motivi di sicurezza. È per esempio il caso della famiglia Bruni Tedeschi. Proprio così, Carla Bruni, futura modella internazionale e moglie del presidente Sarkozy, è stata mia compagna di scuola dalle elementari fino alle medie. Il padre era un importante industriale nel settore dei pneumatici, legato al gruppo Pirelli.
Poi ci sono i figli di italiani in cerca di fortuna: uno ha aperto una pizzeria, un altro fa il calzolaio, un altro ancora il sarto. Pratico molto sport e la cerchia delle amicizie si allarga. Mi dedico soprattutto al nuoto, al tennis, al judo. Poi pallacanestro, pallavolo, un po’ di calcio nel campo sportivo Suffren, ai piedi della torre Eiffel. Ma con il pallone sono una vera frana: posso giocare solo in porta.
La parola che descrive la mia vita a Parigi è libertà. In Italia, la domenica, la mamma ci teneva che mettessimo il cappottino e andassimo in centro a passeggiare facendo le «vasche» tra via Cavour e piazza del Popolo. Adesso sono solo, libero di scorrazzare dove voglio, con chi voglio. E la cosa straordinaria di questa città è che nessuno ci conosce, nessuno pretende niente da noi. Ci sentiamo esploratori di una terra nuova e sconosciuta, dove ogni angolo riserva qualche sorpresa. Non ci sono obblighi, a parte non mancare di rispetto e non essere bocciato a scuola.
Alle elementari è facile. Come dicevo, il primo anno a Ravenna avevamo già svolto tutto il programma. Però anche la maestra di Parigi è speciale. Si chiama Maria Elisa Martines ed è la mamma di Alessandra, la ballerina che sarebbe diventata famosa anche in Italia. Siamo tutti innamorati della maestra Martines, una donna triestina - matta come un cavallo - capace di affascinare i bambini.
Ci racconta della figlia, che è già una piccola stella dell'Operà. Parla delle sue infinite sedute di danza e del cibo che non può mangiare per non ingrassare. Poi ci parla del figlio che fa pesca subacquea in Sardegna e cattura prede enormi. […] Mi piacciono molto le sue lezioni. Però sono un bambino turbolento e finisco spesso in castigo fuori dalla classe. La maestra di francese, la corpulenta Madame Hebert, un giorno mi caccia in corridoio gridando: «Dehors, sinistre voyou!» Fuori, piccolo delinquente! Quando la mamma si presenta ai colloqui, le ripetono sempre: «Roberto potrebbe fare molto bene, ma non ne ha nessuna voglia!» […]