A CHE SERVE NETFLIX QUANDO C’È IL PROCESSO BECCIU? – NUOVA UDIENZA IN VATICANO E NUOVE RIVELAZIONI. IL CAPO DELLA GENDARMERIA VATICANA, GIANLUCA GAUZZI BROCCOLETTI, RACCONTA DELL’INCONTRO AVUTO CON IL COMMISSARIO STEFANO DE SANTIS IL 3 OTTOBRE 2020, A CASA DEL CARDINALE: “TEMEVA PER LE NOTIZIE SUL CASO MAROGNA” – QUANDO BECCIU CHIESE A PAPA FRANCESCO DI FIRMARGLI DELLE DICHIARAZIONI SCAGIONANTI (E BERGOGLIO RIFIUTÒ)
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CAPO GENDERMERIA, BECCIU TEMEVA PER NOTIZIE SU CASO MAROGNA
(ANSA) - Nella 50/a udienza del processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, è stato ascoltato oggi, tra gli altri, come testimone d'ufficio citato dal Tribunale il comandante della Gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti.
Il capo dei Gendarmi vaticani ha risposto in particolare sull'incontro da lui avuto insieme al commissario Stefano De Santis, la sera del 3 ottobre 2020 in casa del cardinale Angelo Becciu. "Fu lui a chiamarmi prima tramite messaggio e poi a invitarmi perché preoccupato per gli articoli di stampa che stavano uscendo e, dopo una riunione in Segreteria di Stato, lo raggiunsi a casa sua insieme a De Santis - ha riferito -. In quei momenti la stampa era molto assidua e pressante sul caso del Palazzo di Londra e altre vicende.
C'erano articoli che parlavano anche della possibilità di dazioni di denaro della Segreteria di Stato ai testimoni che accusavano il cardinale George Pell in Australia di abusi sessuali".
"Ma io, con l'obiettivo di aiutare e sostenere il card. Becciu - ha proseguito Gauzzi - sentiii la necessità di esporgli la situazione riguardante Cecilia Marogna, perché erano arrivate carte dalla Slovenia su un utilizzo diverso e improprio delle somme che le erano state trasmesse".
"Ora - ha continuato -, sulla vicenda di Pell o sui soldi alla cooperativa Spes di Ozieri il cardinale parve molto distaccato, non particolarmente turbato. Ma quando toccai l'argomento Marogna si piegò, si mese quasi in ginocchio, con le mani sul viso. 'Se uscirà questo argomento provocherà un grave danno per me e per i miei familiari!', disse. E anche in altre occasioni sostenne. 'se fossero uscite quelle notizie mi avrebbero ucciso'".
Secondo Gauzzi, "il cardinale espresse la volontà di rifondere il denaro utilizzato dalla Marogna tramite una sua dazione volontaria". Alla domanda del difensore da Becciu, avvocato Fabio Viglione, se il cardinale aveva detto ai due dirigenti della Gendarmeria che potevano parlare di quell'incontro, Gauzzi ha risposto che "non si è parlato del fatto che il colloquio dovesse rimanere riservato. Tra l'altro, all'epoca il cardinale non era neanche oggetto d'indagine".
Al termine dell'udienza, il card. Becciu, però ha replicato con una dichiarazione spontanea. "Certamente le affermazioni del comandante Gauzzi non mi hanno soddisfatto, sono rimasto piuttosto amareggiato - ha detto -. Gauzzi mi disse di tenere riservato l'incontro, me lo disse. Io non ne parlai con nessuno. Egli mi disse che il truffato ero io, e che non era giusto che ripagassi io le spese della signora Marogna".
"Io chiesi anche - ha continuato - del perché mi accusavano di peculato per i 100 mila euro alla cooperativa Spes e i 600 mila euro giunti dalla Cei. 'Perché lei ha condizionato la decisione della Cei, mi fu risposto. Io non parlai solo della Marogna. Se mi scaldai è perché quello era un segreto. Me lo disse pure il Papa e mi dispiaceva che ne potesse parlare tutto il mondo".
"Non fu solo quello il problema per cui mi scaldai - ha ribadito il card. Becciu -. Il comandante mi disse 'lei è il truffato'. Sono rimasto amareggiato per quanto ha detto oggi. Sono certo che il Tribunale saprà pensare anche a queste prospettive, quando dovrà stabilire qual è la verità. Devo ammettere con grande rammarico che si è incrinata la mia fiducia nel comandante Gauzzi. Ma, pur nella sofferenza, non gli porterò rancore. Sono sacerdote, e portato a comprendere le debolezze altrui. E sempre a perdonare".
BECCIU CHIESE DICHIARAZIONI SCAGIONANTI CHE IL PAPA NEGÒ
Fausto Gasparroni per l’ANSA
Con una lettera del 24 luglio 2021 - la stessa data in cui fu registrata la telefonata col Pontefice - il cardinale Angelo Becciu chiese a papa Francesco di firmargli due dichiarazioni essendo "accusato dai magistrati di aver imbrogliato Lei sia per la vicenda della Suora colombiana, sequestrata in Mali, sia per la proposta di acquisto del Palazzo di Londra che Le presentai a nome di un Fondo Americano".
Alla lettera allegò anche due dichiarazioni con la richiesta al Papa di firmarle, cosa che però Francesco si è rifiutato di fare. Il carteggio è stato letto oggi nell'aula del processo dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, riferendo di averlo ottenuto in un colloquio con la "Suprema autorità". Nonostante l'opposizione di alcune difese, il carteggio è stato ammesso dal Tribunale, presieduto da Giuseppe Pignatone, agli atti del processo. "Io dovrei citarLa come Testimone nel Processo, ma non mi permetterei mai di farlo, tuttavia ho bisogno di due Sue dichiarazioni che confermino come siano avvenuti i fatti (vedi Allegati)", scriveva Becciu al Papa nella lettera.
"Circa la questione della liberazione della Suora colombiana io mi sento legato al Segreto di Stato per ragioni di sicurezza internazionale, mi dica Lei però se devo ritenerlo tale o se mi scioglie da esso e mi rende libero di rispondere a qualsiasi domanda che mi verrà fatta in Tribunale".
Nel primo allegato, dal titolo "Liberazione ostaggio", il Pontefice secondo la richiesta di Becciu avrebbe dovuto sottoscrivere "dichiaro che S.E. Mons. Angelo Becciu, allora Sostituto della Segreteria di Stato, fu da me autorizzato a procedere per la liberazione di Suor Goria Narvaez Argoti, di nazionalità colombiana. A tal fine egli fu autorizzato a recarsi a Londra per contattare un'agenzia specializzata in intermediazione. Dichiaro di aver approvato la somma necessaria per pagare gli intermediari e quella fissata per il riscatto.
Per l'intera operazione ho richiesto assoluto riserbo e segretezza e nel momento in cui S.E. Mons. Pena Parra entrò in funzione di Sostituto, provvidi ad informarlo e ad autorizzarlo a seguire la pratica". Col secondo allegato, "Offerta Palazzo di Londra", il Papa avrebbe dovuto dichiarare "che nel giugno 2020 il Card. Angelo Becciu venne da me a riferire una proposta, ricevuta da parte dell'On. Giancarlo Innocenzi Botti, relativa alla Proprietà Immobiliare sita in Londra.
Ritenendo la proposta interessante, chiesi al cardinale di riferirla al Rev. Padre Guerrero Alves, Prefetto della Spe, e a S.E. il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, per le valutazioni di rispettiva competenza, rimettendosi al loro giudizio". Ma Francesco, nella sua risposta via lettera del 26 luglio 2021 - vigilia dell'inizio del processo -, spiega a Becciu che in una precedente lettera del 21 luglio sperava "di aver chiarito la mia posizione negativa sulle dichiarazioni che intende farmi sottoscrivere" sulla liberazione dell'ostaggio e sull'offerta per il palazzo di Londra da parte di Innocenzi Botti, "Evidentemente sono stato da Lei frainteso".
Inoltre, aggiunge il Pontefice, "in particolare, circa l'opposizione del vincolo di segretezza, ribadisco che l'affidamento di denaro ad un intermediatore, per gli aspetti opachi emersi secondo la tesi accusatoria, non può essere coperto da Segreto di Stato per ragioni di sicurezza, né suscettibile di apposizione del segreto pontificio".
D'altra parte, nella precedente lettera del 21 luglio - che Becciu chiedeva al Papa di dichiarare "nulla" in vista del processo - Francesco scriveva che la proposta presentata da Innocenzi Botti per rilevare il palazzo di Londra "mi parve subito strana per i contenuti, le forme e i tempi scelti", e "la mia originaria perplessità si rafforzò ulteriormente quando compresi che l'iniziativa in questione era, tra l'altro, indirizzata ad interferire, con effetti ostativi, con le indagini dell'Ufficio del Promotore di Giustizia.
La complessiva valutazione di tali elementi mi indusse ad esprimermi in senso negativo sul proseguimento dell'iniziativa". Per quanto riguarda invece le somme di denaro inviate dalla Segreteria di Stato alla società slovena di Cecilia Marogna, il Papa ne parlava come di "estemporanei ed incauti affidamenti di risorse finanziarie distratte dalle finalità tipiche e destinate, secondo le tesi accusatorie, a soddisfare personali inclinazioni voluttuarie. In tal contesto comprenderà bene come non sia possibile l'apposizione di alcun segreto pontificio".