CHE SUCCEDE DOPO LA RITIRATA RUSSA DA KHERSON? – LA CITTÀ È UNO SNODO CRUCIALE SIA PER MOSCA CHE PER KIEV: È L’UNICA CONQUISTATA DA PUTIN A OVEST DEL FIUME DNIPRO, E SI TROVA SOPRA LA CRIMEA: DA LÌ ARRIVANO TUTTI I RIFORNIMENTI IDRICI DELLA PENISOLA OCCUPATA DA “MAD VLAD” – TRA GLI ESPERTI RESTA IL DUBBIO CHE QUELLA DEI RUSSI POTREBBE ESSERE UNA STRATEGIA PER ATTIRARE LA RESISTENZA IN UNA TRAPPOLA (MA SONO DAVVERO COSÌ FURBI?)
-Andrea Marinelli e Guido Olimpio per www.corriere.it
La giustificazione del ritiro di Kherson l’ha data con parole il comandante del contingente russo, Sergei Surovikin, un duro: non eravamo più in grado di rifornirla. Per questo il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha dovuto impartite l’ordine per il quale si erano preparati: una comunicazione lasciata ai militari ma dalle implicazioni politiche.
La città, l’unica conquistata dai russi a ovest del fiume Dnipro, è infatti fondamentale per il Cremlino: la regione di Kherson si trova sopra la Crimea occupata militarmente da Putin nel 2014, e da qui arrivano i rifornimenti idrici per la penisola, attraverso un canale di origine sovietica bloccato otto anni fa dagli ucraini e riaperto dai russi dopo l’invasione.
Per Kherson passa anche l’ultimo miglio del corridoio che permetterebbe di collegare la Crimea via terra alla madre patria, attualmente raggiungibile soltanto attraverso il ponte di Kerch, quello colpito dagli ucraini il mese scorso. Anche per l’esercito di Zelensky la riconquista di Kherson sarebbe di vitale importanza, una vittoria simbolica in chiave militare e diplomatica.
Le prossime ore diranno di più sui modi, la reale situazione, le perdite, le eventuali sorprese. Gli invasori, peraltro, avevano già costituito tre linee difese sulla riva destra del Dnipro, una scelta calcolata in vista di mesi che si preannunciano duri. E resta sempre il dubbio, tra qualche «stratega», che Mosca stia cercando di attirare la resistenza in una trappola, un rischio più volte evocato.
Le mosse russe
Con una serie di post, l’ex generale australiano Mick Ryan ha sintetizzato quali potranno essere le mosse degli schieramenti. Partiamo dagli invasori. Portare avanti la narrazione di una lotta difensiva contro la Nato, anche ai fini interni. Ricatto energetico all’Occidente per incidere sul piano economico e sfruttare malcontento delle opinioni pubbliche.
Proseguimento dei raid per distruggere le infrastrutture civili e strike strategici. Indebolimento dello scudo anti-aereo ucraino oggi in corso di rafforzamento con nuove batterie (Nasams, Hawk…). Garantire la sicurezza nelle zone occupate, in parallelo accelerare il processo di russificazione. Tenere impegnati i nemici al confine bielorusso e in settori lontani dal «cuore» del confronto, la Crimea e le regioni contese. Migliorare logistica ed efficienza dei nuovi reparti mandanti al fronte.
Le mosse ucraine
L’esercito di Zelensky — secondo Ryan, così come per altri osservatori — ha le seguenti priorità. Mantenimento del flusso d’aiuti militari da parte della Nato, con maggiore integrazione. Strategia della corrosione, per logorare in battaglia ma anche nel morale gli occupanti.
Disporre di mezzi adeguati — in particolare tank, blindati, anti-droni, anti-aerei — in modo da poter condurre manovre multiple e coordinate. Sensibilizzare l’Occidente in modo che non venga meno il supporto o che non diventi tiepido, come paiono segnalare le posizioni di una parte dei repubblicani americani e gli umori europei. In questi giorni è stato ripetuto che potrebbero esserci spiragli futuri di negoziato ma prima Kiev deve portare a casa un successo significativo sul campo. Anche Vladimir Putin ha bisogno di vittorie, un obiettivo da raggiungere con il controllo della maggior parte possibile di terra ucraina.
Il clima
I media chiedono il parere di esperti su meteo ed operazioni. Il fango causato da piogge intense ostacola i voli dei droni (così importanti per gli attacchi e nell’assistere le artiglierie), è insidioso per i veicoli ruotati e in certi casi anche per i cingolati. Lo si è visto nei mesi scorsi con mezzi d’ogni tipo, tank inclusi, imprigionati dalla melma.
Questo costringe a spostarsi su strade e di conseguenza può essere un alleato di chi prepara trappole. In teoria dovrebbe favorire chi difende. Con l’abbassarsi delle temperature, però, il suolo diventa più compatto e — per alcuni — restituisce mobilità ai corazzati. Situazione diversa per i soldati, a rischio congelamento in postazioni e trincee, con la necessità di essere sfamati, di avere mimetiche e sacchi a pelo adeguati. Canada, Germania, Baltici, Usa hanno già messo a disposizione le loro scorte con decine di migliaia di «kit», se poi sono stati distribuiti ai reparti è da vedere. Mosca, invece, si sarebbe rivolta alla Nord Corea: tre fabbriche stanno producendo divise «invernali» che saranno trasferite con convogli ferroviari.
Lo scambio
Resta sempre in evidenza l’asse Iran-Russia. Secondo la rete britannica Sky, in agosto Mosca ha versato ai mullah 140 milioni di euro e ha inviato alcuni esemplari di sistemi bellici catturati in Ucraina. In particolare gli anti-tank Javelin (americano), Nlaw (inglese) e l’anti-aereo Stinger. Un pacchetto in valuta e mezzi in cambio di equipaggiamento bellico. La supposizione è che gli iraniani, come hanno fatto per i droni, possano cercare di copiare e produrre loro versioni.
Restano sempre i dubbi sulla reale efficacia dei modelli, anche se molto dipende dal teatro dove saranno impiegati. In quello ucraino, i droni ceduti dagli ayatollah, per quanto poco sofisticati, hanno provocato danni. L’agenzia russa Tass, intanto, ha annunciato una missione a Teheran di Nikolay Patrushev, il capo del consiglio di sicurezza del Cremlino. Nel comunicato ufficiale si cita la cooperazione economica e quella in campo internazionale. Frasi formali. La visita è in parallelo alle informazioni ricorrenti su altre forniture da parte del regime islamico, da nuovi droni-kamikaze ai missili terra-terra, apparati necessari per continuare la campagna di terrore.