LA CITTA' DI YORK HA STABILITO ALL'UNANIMITA' CHE IL PRINCIPE ANDREA VADA PRIVATO DEL TITOLO DI "FREEDOM OF THE CITY" - SECONDO I CONSIGLIERI, DOPO LE ACCUSE DI ABUSI SESSUALI MOSSE DA VIRGINIA GIUFFRE E RISOLTE CON UN ACCORDO EXTRAGIUDIZIALE, IL PRINCIPE E' UNA "DISGRAZIA" - "LA NOSTRA REGINA LO HA PRIVATO DI QUASI TUTTI I SUOI TITOLI E RESPONSABILITA', TRANNE IL TITOLO DI DUCA CHE CONTAMINA QUESTA CITTA'..."
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Da bluewin.ch
A seguito di un voto unanime dei consiglieri della città, il secondogenito della regina Elisabetta II, che porta il titolo di duca della città nel nord dell'Inghilterra, è stato privato della «Freedom of the city of York».
Questo titolo, precedentemente associato a funzioni importanti ma che oggi conserva solo un valore onorifico, gli è stato conferito nel 1987.
Il principe Andrea, 62 anni, è stato privato di qualsiasi ruolo ufficiale a gennaio e non può più usare il suo titolo di altezza reale dopo che l'americana Virginia Giuffre l'ha accusato di averla aggredita sessualmente nel 2001, quando Andrea era nella cerchia del defunto finanziere americano Jeffrey Epstein.
Ha ottenuto l'abbandono del procedimento civile che era stato avviato nei suoi confronti dinanzi ai tribunali americani grazie ad un accordo confidenziale.
Prima del voto, un residente della città, Gwen Swinburn, ha definito il principe Andrea una «disgrazia», sostenendo che avrebbe dovuto essere dichiarato persona non grata nella città e persino perdere il titolo di duca.
«La nostra regina lo ha privato di quasi tutti i suoi titoli e responsabilità, tranne il titolo di duca che contamina questa città», ha sottolineato.
L'eletto indipendente Mark Warters ha sottolineato prima del voto che privare Andrew del titolo onorifico concessogli dalla città avrebbe inviato un «segnale forte».
Tra i residenti intervistati dall'AFP, Peter Robinson, un pensionato di 65 anni, vede il principe Andrea come «una fonte di imbarazzo per York».
Se alcuni, come John Neal, 61 anni, vedono l'accordo finanziario con la sua accusatrice «un'ammissione di colpa», altri, come Delilah Pinfold, sottolineano che «il problema» è che «non ci sono prove».