Estratto dell’articolo di Luca Castelli per https://torino.corriere.it/
È tempo di battesimi per Gino Paoli. Giunto a ridosso del novantesimo compleanno (il 23 settembre), il maestro della canzone d’autore debutta giovedì 9 maggio al Salone del Libro, presentando alle 18.15 in Sala Rossa la sua prima autobiografia Cosa farò da grande (Bompiani, scritta con Daniele Bresciani), che «come tutte le cose della mia vita mi è capitata addosso».
Fu così anche con la musica?
«Sì, facevo il grafico pubblicitario e Gianfranco Reverberi mi convinse a registrare alcune canzoni che voleva presentare alla Ricordi. Nanni Ricordi, uomo straordinario che stava portando l’etichetta dalla classica alla leggera, disse: “Le canzoni forse non mi interessano, ma il cantante mi piace”. Per due anni l’ho fatto per gioco, finché il direttore della ditta mi fece notare che per una serata prendevo il doppio di quanto mi dava lui di stipendio: “Non pensi sia il caso di lasciare il lavoro?”».
Da allora non l’ha più mollata?
«Solo nel ‘68, quando hanno iniziato a chiedermi canzoni politiche. Non capivo che cacchio intendessero: per me la vita è politica. Non avevo più voglia di cantare, magari finendo pure “processato” come De Gregori. Così trovai un casinò a Levanto che aveva bisogno di un gestore e per qualche anno lavorai lì. Facevo tutto, organizzavo anche concerti grazie all’amicizia con Sergio Bernardini della Bussola».
Quando ha deciso di tornare a cantare?
«In quel periodo mi facevo un po’ di cocaina, un giorno hanno arrestato il mio pusher e sono rimasto senza. Avevo continuato a scrivere delle cose, sono andato a rileggerle da “sano” ed erano orrende. Non sopporto la mancanza di controllo su me stesso, quindi ho smesso di farmi e ripreso a scrivere. Finché Gianni Borgna mi ha convinto a tornare su un palco al Pincio a Roma. Avevo una fifa terribile, ho cantato 15 minuti e sono scappato, ma il pubblico continuava a chiamarmi».
GINO PAOLI CON LA GATTA CIACOLA
Molti suoi colleghi hanno scritto romanzi. Non ha mai pensato di darsi alla letteratura?
«Avrò iniziato a scrivere un libro almeno dieci volte, ma intorno a pagina 111 ho sempre buttato tutto. Credo molto nelle parole, nella loro magia, consistenza, significato: la parola è ciò che definisce l’uomo e lo distingue dalla scimmia. Quando devo metterne una vicina all’altra divento pignolissimo, completare un libro per me è troppo difficile».
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Se le dicessero che può auto-candidarsi al Nobel, con quale delle sue canzoni lo farebbe?
«Quella che è riuscita meglio a trasformare un’emozione astratta in fatto concreto è Sassi».
La musica d’autore andrebbe insegnata a scuola?
«Sì, ma nel modo giusto. I poeti — Carducci, Pascoli, Leopardi — sono stati massacrati dalla scuola, che cercando di imporli li ha resi polverosi. Quando poi li riscopri da adulto, ti rendi conto di quanta bellezza ci sia nell’albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno da’ bei vermigli fior...».
Qual è stata la sua scuola di musica?
«Il primo contatto vero fu grazie ai carri armati americani. La mia casa era l’ultima di Pegli, dietro c’era il loro comando e si erano portati dietro persino i giradischi. Dai carri usciva la musica fantastica di Louis Armstrong e altri. E visto che avevano solo roba in scatola, erano golosissimi di cibo fresco e noi avevamo un orto di guerra, scambiavo un pomodoro con un disco».
Qual è invece il più bel ricordo di Torino?
«I ricordi più belli sono sempre legati a una donna. A Torino, tanto tempo fa, conoscevo una ragazza carinissima e dolcissima che purtroppo è morta in macchina una sera di nebbia»
LUIGI TENCO E GINO PAOLI fabrizio de andrè beppe grillo gino paoli gino paoli fumatore gino paoli fumatore ornella vanoni e gino paoli