COLPO DI SCENA NEL CASO CIRO GRILLO! - I RAGAZZI ACCUSATI DI STUPRO CHIEDONO ALLA PROCURA DI SENTIRE DAVID ENRIQUE BYE OBANDO, UN VENTUNENNE ORIGINARIO DEL NICARAGUA MA RESIDENTE IN NORVEGIA, ACCUSATO DI ABUSI, MA NON DENUNCIATO, DALLA 19ENNE SILVIA: “ERAVAMO NELLA STESSA TENDA. ERO CROLLATA DAL SONNO E LUI HA INIZIATO AD APRIRE LA MIA TUTA, MI SONO SVEGLIATA E LUI STAVA VENENDO” - A “LA VERITÀ” OBANDO RACCONTA: “MACCHÉ STUPRO, MI HA GIÀ CHIESTO SCUSA PER LE SUE FALSE ACCUSE..."
Giacomo Amadori per “la Verità”
Il processo al figlio di Beppe Grillo, Ciro, e ai suoi tre amici, accusati di stupro di gruppo ai danni di S.J., coetanea italo-norvegese, potrebbe diventare un caso diplomatico. Le difese dei quattro ragazzi hanno chiesto alla Procura di Tempio Pausania che investiga sulla vicenda, dopo l' invio del secondo avviso di chiusura delle indagini, di sentire David Enrique Bye Obando, un ventunenne originario del Nicaragua, ma residente in Norvegia. Infatti anche quest' ultimo, nel maggio del 2018, sarebbe stato accusato da S.J.
di abusi, ma non sarebbe stato denunciato.
Adesso gli avvocati di Ciro e compagni vorrebbero ascoltare la versione del «violentatore» graziato. Il quale, con La Verità, anticipa la sua possibile testimonianza: «Macché stupro, S. mi ha già chiesto scusa per le sue false accuse». A rendere ancora più d' impatto l' istanza dei legali è l' identità del padre di David: si tratta del settantenne Vegard Bye, giornalista, politologo ed ex parlamentare norvegese (dal 1993 al 1997) con il partito della Sinistra socialista.
Grande esperto di America Latina, è senior partner di una società che si offre di fornire conoscenze e servizi «per un futuro sostenibile». Dalla sua pagina Wikipedia apprendiamo anche che Bye senior «ha rappresentato l' Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani in Angola e Bolivia, ha scritto molto sull' America Latina ed è un consulente specializzato in diritti umani, democrazia, società conflittuali e postbelliche, nonché energia solare». È praticamente un grillino ante litteram. Adesso lui e Beppe sono accomunati dalle accuse di S.J. alla loro prole.
Cercando notizie sulla Rete scopriamo che Bye Obando è cresciuto in un barrio di Managua e si è trasferito a Oslo nel 2017 per studiare e vivere insieme con il padre. David e Vegard hanno scritto a quattro mani, su una rivista che si occupa di cooperazione, un articolo sulla grave situazione politica del Nicaragua, un servizio così presentato: «Un padre e un figlio hanno entrambi, ciascuno a modo suo, vissuto vicino al Nicaragua. Qui raccontano di un movimento (quello sandinista, ndr) iniziato con entusiasmo giovanile e rivoluzionario e finito come un apparato di potere corrotto, violento e oppressivo».
David, politologo in erba, nelle foto sui social, appare come un bel giovanotto mulatto dall' atteggiamento sfrontato. I suoi scatti ricordano quelli di Ciro e dei suoi amici. In un' immagine sfoggia una camicia floreale spalancata sul petto, collanona, occhiali da sole e stringe un sigaro tra le dita. Di fianco un uomo più grande, Silvio, esibisce un look simile. Vegard Bye su Facebook, il 15 dicembre 2019, ha commentato scherzosamente l' istantanea: «Entrambi questi boss mafiosi si definiscono miei figli - mi azzardo ad augurare a tutti voi un Buon Natale???».
Ma veniamo alle accuse di S.J.. Nel 2017 ha lasciato Milano e insieme con il padre T.
si è trasferita in Norvegia per due anni, dove ha completato gli studi superiori. E qui avrebbe subito il primo stupro della sua vita. Nell' immediatezza dei fatti la ragazza si sarebbe confidata con alcune amiche. E una di loro, A.M., nel 2019, ha riferito la cosa ai carabinieri impegnati nelle indagini sulla notte di follia a casa Grillo.
Il 17 febbraio 2020, davanti ai pm Gregorio Capasso e Laura Bassani, S.J. conferma la confessione: «Le ho raccontato la vicenda, ma non nei minimi dettagli perché io e A. siamo amiche, ma diciamo che il nostro rapporto di amicizia è nato a distanza, io ero in Norvegia quando nei primi rapporti, lei essendo più esperte e tutto, beh le chiedevo dei consigli». Lo fece anche dopo la presunta aggressione sarda, «per evitare un' eventuale gravidanza».
Capasso e Bassani chiedono a S.J. di riferire quanto avvenuto nel campeggio. È un momento particolarmente drammatico della testimonianza, in cui S.J. sostiene di non ricordare nei dettagli lo stupro di gruppo, avendo avuto come un blackout («Ho visto nero»). I magistrati provano a farle ricordare se durante i rapporti lei avesse avuto un atteggiamento attivo, come risulterebbe dagli spezzoni di video recuperati nei cellulari degli indagati.
«Tu ti reggevi con le mani oppure le mani le utilizzavi per fare altro?» le domanda la Bassani. Ma di fronte ai pm tutti quei particolari, a distanza di sei mesi, sembrano sfuggire a S.J.: «Non è che non mi ricordo, proprio ero spenta! Io sono sicura di avere visto nero, io non ci vedevo più» esclama. Mostra di essere molto segnata e chiede di non rivedere i filmati di quei rapporti: «No, io non vorrei vedere il video». Verso la fine del verbale il procuratore piazza un quesito forse inaspettato: «Hai mai subito altre violenze, cioè rapporti non consenzienti in cui sei stata costretta?».
La studentessa non esita: «Quando ero in Norvegia. Il mio migliore amico, però era avvenuto in modo diverso. Lì lui non sapeva che stessi dormendo e allora cioè c' era stato un flirt e tutto, eravamo nella stessa tenda soltanto che anche lì avevo messo in chiaro che non volevo nulla e né niente ehm soltanto che io ero crollata dal sonno e lui ha iniziato a fare non so aprendo la mia tuta e io mi sono svegliata e lui stava venendo. Però io in quel momento stavo dormendo».
Capasso: «Quando è successa questa storia?». S.J.: «A maggio, due anni fa, 2018».
Capasso: «Questo ragazzo è ancora tuo amico?». S.J. : «No». Capasso: «Era italiano». S.J.: «No, del Nicaragua». Il procuratore sembra spiazzato: «E stavate in Norvegia in tenda?». S.J. spiega: «Era tipo un camping che aveva organizzato la scuola». Capasso: «Ah è un compagno di scuola?». S.J.: «Sì, sì, sì». Capasso: «Ah compagno». S.J.: «No, era il mio migliore amico, comunque. Io all' epoca ero fidanzata con un ragazzo che aveva come migliore amica la sua fidanzata, quindi eravamo comunque entrambi fidanzati».
Capasso chiede alla ragazza come abbia reagito alla presunta violenza. E lei di rimando: «Vabbè, quando l' ho visto che stava facendo, che stava venendo così, sono uscita dalla tenda, sono scappata nel bosco e sono andata in bagno cioè fuori a piangere poi sono tornata al camping che c' era la mia amica che si era svegliata, ho preso le mie cose e me ne sono andata. Sono andata a casa e quando sono arrivata a casa mi sono messa sotto la doccia e ho chiamato il mio migliore amico. Però non sono andata a denunciarlo».
Capasso: «E come mai?». S.J.: «Perché non avevo capito che cosa fosse successo e poi un po' per paura e poi anche per il fatto che era il mio migliore amico [] mi sembrava strano, non lo so». Capasso: «Ne hai parlato con lui di questa cosa cioè ne avete riparlato? Ci sei tornata su con lui?».
S.J.: «No, non l' ho più rivisto perché abbiamo cambiato scuola».
Capasso: «Quindi non avete mai riparlato?».
S.J.: «No. Di questo no, no».
Capasso: «E l' hai confidata questa cosa a qualcuno?».
S.J.: «Sì alla mia migliore amica Sharia. E anche a May. E poi lo sapeva anche Isabel. E niente loro mi sono state vicine e volevano portarmi dai dottori e tutto, ma io non volevo e avevo paura non volevo parlare con nessuno. Infatti a mia mamma l' ho raccontato tipo un anno dopo, al mio compleanno (che cade a novembre, ndr)».
Il procuratore le chiede se lo abbia rivelato a qualcun altro al ritorno in Italia e S.J. replica: «Eh R. (l'altra presunta vittima del procedimento sardo, ndr) lo sapeva».
Capasso: «E poi?».
S.J.: «E vabbé eeeeeh l'altra R. e A.».
Capasso: «Anche A.?».
S.J.: «Sì, eh».
Il procuratore sa che anche il maestro di kitesurf della ventunenne italo-norvegese ha dichiarato ai carabinieri di aver ricevuto questa confidenza e allora cerca conferma: «Ricordi se avevi fatto una confidenza anche all' istruttore? Ne hai parlato con lui? Questo Marco».
S.J. conferma: «Di questa cosa? Sì []. Perché lui mi ha raccontato delle cose di quando era piccolo».
Il procuratore insiste: «Con questo ragazzo amico non hai più chiarito?».
S.J.: «No, non l'ho più visto».
La toga continua: «Ti ha detto qualcosa lui?».
S.J.: «Di prendere la pillola del giorno dopo».
Capasso: «Puree pure questa».
S.J.: «Sì (ride)».
Capasso: «Sì, ma lui si è giustificato?».
«No lui mi ha detto che non sapeva che stessi dormendo, ma me l'ha fatto arrivare attraverso May, la mia migliore amica. Perché è andata lei a parlare con lui. Io non ce la facevo a vedere».
Ieri abbiamo provato a contattare David e Vegard Bye, a cui abbiamo inviato alcuni quesiti. Il primo a rispondere è stato il padre: «Ho appena parlato con David. Dice di aver sentito S. e che lei si è scusata per la diffusione di una falsa accusa. Ho insistito affinché parlasse di nuovo con lei per ottenere una dichiarazione formale. Lui nega categoricamente l'accusa. Questo è quello che posso dire».
Poco dopo David ci ha inviato un messaggio in cui esprimeva giudizi severi su S. J.. Ma ha cancellato il suo sms quasi in tempo reale, dando, successivamente, questa spiegazione: «Ne ho discusso con mio padre e so che lui le ha risposto. Non ho nulla da aggiungere al suo messaggio. Chiederò a S. di fare una dichiarazione formale per confermare le scuse che mi ha fatto».
E quando avrebbe fatto retromarcia? «Lo stesso anno dei fatti». Ma allora perché ha ripetuto le sue accuse ai magistrati italiani nel 2020? «Non lo so. Io non ho idea di chi siano questi ragazzi italiani, né sapevo nulla della loro vicenda giudiziaria fino a quando non me ne ha parlato lei. Ma se la magistratura italiana chiederà la mia deposizione, ovviamente la farò».