COME DAGO-DIXIT, HAMAS SI È SPACCATO IN DUE: L’ALA MILITARE ORMAI NON RISPONDE PIÙ A QUELLA POLITICA, GUIDATA DA ISMAIL HANIYEH, CHE SE NE STA NEL LUSSO DEL QATAR A FARE LA BELLA VITA – LE BRIGATE SUL CAMPO ORMAI TRATTANO PER CONTO LORO CON MOSSAD E CIA, E DA TEMPO CHIEDONO DI ACCELERARE SUL RILASCIO DEGLI OSTAGGI. VOLEVANO CINQUE GIORNI DI TREGUA, E SPERAVANO IN UN CESSATE IL FUOCO DEFINITIVO. E INVECE, DOPO LA PAUSA, LA GUERRA CONTINUERÀ. E PASSERÀ DAL NORD AL SUD DI GAZA…

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IL VIDEO MESSAGGIO DI ISMAIL HANIYEH - LEADER DI HAMAS

1. DAGOSPIA DELL’11 NOVEMBRE 2023 - NELLA GUERRA IN MEDIORIENTE STA PER CAMBIARE TUTTO: HAMAS È SPACCATO IN DUE – L’ALA MILITARE, CHE COMBATTE CONTRO ISRAELE NELLA STRISCIA, È IN-GAZATA NERA CON QUELLA POLITICA, GUIDATA DA ISMAIL HANIYEH, CAPACE SOLO DI DARE ORDINI E FARE LA BELLA VITA IN QATAR. COMPLICI DELLA “SVOLTA”, GLI AGENTI DI CIA E MOSSAD, CHE STANNO TRATTANDO (E CONVINCENDO) I MILIZIANI CON GARANZIE E PROMESSE – MOHAMMED DEIF, CAPO DELLE BRIGATE MILITARI AL-QASSAM, NON RISPONDE PIÙ ALLE DIRETTIVE DI HANIYEH https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/dagoreport-guerra-medioriente-sta-cambiare-tutto-hamas-373955.htm

 

2. LE DECINE DI PRIGIONI DI HAMAS NELLE CASE DI FAMIGLIE FEDELI

Estratto dell’articolo di Francesco Semprini per “La Stampa”

 

ISMAIL HANIYEH EBRAHIM RAISI

Una catena di subappalti rende l'individuazione degli ostaggi quasi impossibile ma ostacola anche la loro liberazione. I 240 prigionieri catturati nel terrificante blitz del 7 ottobre sono la carta più preziosa nelle mani dei jihadisti, l'arma più potente. […] Dividerli in molti piccoli gruppi e portarli nelle profondità dei tunnel non bastava. Perché quello sarebbe stato il primo obiettivo nel mirino. L'ala militare di Hamas ha a quel punto pensato ai "subappalti". Nuclei di due, tre, al massimo quattro sequestrati da affidare a gruppi affigliati minori, che a loro volta li davano in gestione a famiglie considerate di fedeltà assoluta, distribuite in tutta la Striscia. La ricerca a questo punto diventava "casa per casa" […].

 

MOHAMMED DEIF

[…] I due capi principali Yahya Sinwar e Mohammed Deif, il capo dell'Intelligence e mente degli attacchi del 7 ottobre, restano in sella, con tutta probabilità dopo aver ripiegato a Sud del Wadi Gaza, a Khan Younis. Ma hanno sempre più difficoltà a comunicare con le brigate impegnate a tenere il fronte a Nord. Lo stesso portavoce del movimento, Abu Obeida, ha ammesso di aver «perso i contatti» con alcuni gruppi «che gestiscono gli ostaggi». Una frase che ha fatto venire i brividi ai negoziatori. E che rivela in maniera quasi candida le difficoltà della "resistenza", triturata giorno dopo giorno dalla spaventosa potenza di fuoco del nemico.

 

Ma la "confessione" di Abu Obeida rivela anche altro, forse più decisivo per gli sviluppi futuri. E cioè una frattura all'interno di Hamas. L'ala militare, rimasta nella Striscia, è sempre più insofferente nei confronti dell'ala politica, che nel comodo degli appartamenti nei grattacieli di Doha, in Qatar, conduce le trattative attraverso le autorità dell'Emirato. Le brigate in prima linea hanno subito perdite insostenibili, fino al 50 per cento degli effettivi.

 

truppe israeliane a gaza 6

Centinaia di militanti sono stati catturati, e torchiati dagli israeliani. E la liberazione dei compagni nelle galere non sembra la priorità dei capi politici, Ismail Haniyeh e Khaled Meshal, impegnati in tour nella regione soprattutto per farsi riconoscere come veri rappresentanti dei palestinesi.

 

L'ala militare, dicono fonti sia arabe che israeliane, ormai tratta «per conto suo». Vuole accelerare sul rilascio degli ostaggi. Per ottenere i cinque giorni di tregua, di respiro, indispensabili a reggere ancora la battaglia.

 

sinwar hamas gaza

E per portare a casa un risultato minimo, buono per il morale e per il consenso all'interno di una popolazione stremata e sotto choc. La svolta nei negoziati dipende anche da questo. Ma qui arriva la complicazione. Gli ostaggi vanno individuati in un territorio devastato, con le comunicazioni a pezzi.

 

I gruppuscoli affigliati alzano il prezzo e lo fanno anche le famiglie "fedeli", alla disperata ricerca di cibo, acqua potabile, gasolio e medicine. Recuperare gli ostaggi potrebbe richiedere più tempo del previsto e per questo l'ala militare ha rilanciato e si è detta disposta a liberarli soltanto «cinque o dieci alla volta», per ogni giorno di tregua. Lo stop ai combattimenti servirà anche a rintracciarli. Dopodiché riprenderà il bagno di sangue. […]

 

2. IL PATTO APRE LA CRISI NELL’ORGANIZZAZIONE JIHADISTA

Francesca Borri per “la Repubblica”

 

MOHAMMED DEIF

[…] All’improvviso, dentro Hamas tira aria di crisi. Eppure dalla sua prospettiva il 7 ottobre è stato una vittoria - il bilancio di Hamas non include quello dei morti, né israeliani, né palestinesi: liquidati come un sacrificio necessario. Ma Hamas ha ottenuto che la questione palestinese è di nuovo in prima pagina e che Gaza avrà un nuovo governo, probabilmente lo stesso che guiderà la Cisgiordania. E i palestinesi, qui, sono tutti con Hamas.

 

Tutto questo, però, implica una condizione: che esista un Day After. Che esista ancora una Gaza di cui parlare. Ma la guerra andrà avanti. E Hamas è in difficoltà. Avrebbe voluto barattare gli ostaggi, tutti gli ostaggi, con un cessate il fuoco definitivo. E invece, non ha ottenuto che una pausa. Poi la guerra da Gaza nord passerà a Gaza sud. E i palestinesi non avranno più niente a cui tornare. Il problema, è che Hamas non solo non sa cosa decidere: ma come decidere.

 

i tunnel sotto l ospedale al shifa a gaza

Al vertice c’è Ismail Haniyeh. Ma Hamas ha una struttura singolare, progettata proprio per resistere all’eliminazione delle figure apicali . Il vero vertice di Hamas è il Politburo che Ismail Haniyeh guida, con 15 membri eletti ogni quattro anni. E molto autonomi. Ma uniti: perché Hamas non si basa sul voto a maggioranza. I membri del Politburo hanno sempre deciso tutti insieme. Discutendo fino a trovare un’intesa. Fino al 7 ottobre. Ora non decide più il Politburo: decide chi conta di più.

 

Da quanto si sta capendo, il 7 ottobre è stato pianificato da Yahya Sinwar con Mohammed Deif, il capo delle Brigate al-Qassam a Gaza, e Saleh al-Arouri, che è invece il capo delle Brigate al-Qassam in Cisgiodrania efautore della strategia dei sequestri. Sembra che l’obiettivo del 7 ottobre fosse proprio questo: un nuovo scambio di ostaggi. Per guadagnare consenso nella corsa per la successione ad Abu Mazen. Ma poi, è andata come è andata. Con ripercussioni sull’intero Medio Oriente. E si è inserito in gioco Khaled Meshal.

 

Mohammed Deif

Formalmente, non è che il Responsabile Diaspora. Ma ha diretto il Politburo a lungo. Ed è la star di Hamas. È uno che occupa tutto il palco. Tanto quanto Ismail Haniyeh entra in una stanza e si confonde con il grigio del muro. Mentre Saleh al-Arouri vive a Beirut, all’ombra di Hezbollah, Khaled Meshal vive a Doha. E il 7 ottobre, è stato scavalcato da Yahya Sinwar quanto il Qatar dall’Iran. E né l’uno né l’altro intendono restare ai margini. Tanto più che l’Iran non vuole l’allargamento del conflitto e sostiene il cessate il fuoco definitivo. Così Yahya Sinwar è ogni giorno più solo. E più braccato. E a Ramallah, nei giri del potere, ti dicono: qui nessuno pensa che Arafat sia morto di morte naturale...

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OSPEDALE AL SHIFA GAZA
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Yahya Sinwar
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LA GUERRIGLIA ISLAMICA - GAZA E CISGIORDANIA