COME SBLOCCARE IL GRANO BLOCCATO NEL MAR NERO? - IL MEZZO PASSO AVANTI DI PUTIN NON SPOSTA LO STALLO ATTUALE: 20 MILIONI DI TONNELLATE DI CEREALI SONO BLOCCATE NEI PORTI UCRAINI - IL PRESIDENTE FRANCESE MACRON CALDEGGIA IL PASSAGGIO VIA TERRA ATTRAVERSO IL CONFINE ROMENO, MA SAREBBE UN'IMPRESA TITANICA E MOLTO LENTA - LA TURCHIA INVECE HA PROPOSTO UNA NUOVA SOLUZIONE: INVECE DI SMINARE I PORTI...
-Francesco Malfetano per "il Messaggero"
Sul grano l'ultima mossa è di Vladimir Putin. Ieri infatti alla plenaria del forum economico di San Pietroburgo, il presidente russo ha spiegato che il Cremlino «accoglie con favore l'invito dell'Onu per il dialogo sulla sicurezza alimentare».
Una dichiarazione vista come un mezzo passo in avanti che in realtà - almeno per il momento - non sembra spostare di un millimetro lo stallo attuale, con i 20 milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti ucraini destinati a non prendere la via del mare a breve.
Anche perché ieri lo stesso Putin ha subito ribadito come Mosca non solo non starebbe affatto ostacolando le forniture, quanto di «non aver neppure minato i loro porti», alludendo ad un ipotetico piano di Kiev per utilizzare il grano come merce di scambio per nuove armi.
LE ACCUSE In pratica rimanda al mittente le accuse avanzate giovedì dal premier Mario Draghi sull'«uso politico» di gas e grano fatto strategicamente dal Cremlino.
Una visione distorta che, al netto dell'impegno Onu nel cercare di stabilire un nuovo negoziato, oggi fa prevalere lo scetticismo su una possibile risoluzione da valutare già al G7 che inizierà il 26 giugno a Elmau, in Germania. Tant'è che lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, appena rientrato dal viaggio in Ucraina assieme a Draghi e al cancelliere tedesco Olaf Sholz, ieri ha spiegato come pur auspicando questo tipo di confronto guidato dal segretario generale delle Nazioni Unite, «non crede molto in questa strada».
Il presidente francese, che prima della visita a Kiev è stato in Romania, continua infatti a caldeggiare il passaggio via terra attraverso il confine romeno. «Ho già avuto colloqui alcune settimane fa con il presidente Putin - ha detto alla stampa francese - ma lui non ha voluto accettare una risoluzione Onu su questo tema».
In ogni caso il tentativo di dialogo è l'unica strada possibile. In primis perché spostare solo via terra il grano e stoccarlo nei silos al confine (come suggerito dagli Stati Uniti) è un'impresa titanica quanto lenta; in secondo luogo perché la rotta che passa per la Romania, arrivando a Costanza a bordo delle chiatte sul Danubio, rischia di trasformarsi in un collo di bottiglia nonostante i piccoli quantitativi spostati fino a questo momento (tant'è che l'Ucraina sta testando una nuova rotta che parte dai paesi baltici e arriva in Spagna); infine, in termini di diplomazia, ad oggi quello sul grano sembra essere l'unico tema in grado di aprire un qualche spiraglio di dialogo in tempi ragionevoli.
Non un dettaglio. Anche perché, nel mentre, la Russia starebbe continuando con la sua operazione di vendita del grano sottratto all'Ucraina. Stando alle immagini satellitari della società Maxar, in questi giorni alcune navi battenti bandiera della Federazione ma partite da Sebastopoli, sarebbero attraccate in Siria cariche di cereali.
IL DIALOGO E così l'Onu continua a cercare un punto di contatto con Mosca. Al Cremlino, che nei giorni scorsi ha ribadito di essere disponibile a garantire «un passaggio sicuro», viene quindi garantito che le eventuali rotte messe a disposizione verrebbero utilizzate esclusivamente per spostare il frumento. Prima però ci sarebbe bisogno di sminare le acque dei porti di Odessa, Chornomorsk, Yuzhny e Mykolaiv. Azione, questa, di cui i russi - guadagnando così tempo e potere contrattuale - non vogliono saperne nulla.
L'Italia quindi, che ha offerto la sua disponibilità a più riprese, resta alla finestra. Con la consapevolezza che però non si tratta di un'operazione rapida ma che, come spiegano dalla Difesa, sarebbero necessarie almeno «due o tre settimane» per portarla a termine. Il conto alla rovescia, specie in vista di settembre e del nuovo raccolto, corre veloce.
IL PIANO Anche per questo la Turchia ha tentato di proporre una nuova soluzione: non sminare i porti, ma scortare le navi cargo e aggirare le mine. Secondo Reuters infatti, i turchi ritengono nota la posizione sia degli esplosivi posizionati dagli ucraini che di quelle riconducibili ai russi, e quindi valutano semplicemente di poter girarci attorno.
Un'iniziativa mai presa davvero in considerazione fino ad oggi perché considerata troppo rischiosa o comunque perché avrebbe comportato costi troppo alti in termini assicurativi per gli armatori delle navi commerciali. Con lo stallo attuale però, il piano potrebbe ugualmente finire al centro delle trattative, sempre sotto l'egida dell'Onu.
«Lavoriamo in stretta collaborazione con le autorità turche su questo tema» ha infatti spiegato Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Lo spazio per un'intesa, anche in questo caso, appare stretto. La soluzione non solo non è vista di buon occhio dalla Francia, ma neanche dalla Russia e dall'Ucraina. L'idea però sembra essere comunque di provare a portare al tavolo - sempre ad Ankara, dove si sono già tenuti i negoziati falliti le scorse settimane - i ministri degli Esteri di entrambi i Paesi entro la prossima settimana. Un accordo di questo tipo del resto, secondo le prime stime, permetterebbe di spostare 2 milioni di tonnellate di grano al mese a partire da luglio. Solo un primo passo considerando che prima del conflitto ne venivano spostate 5 milioni di tonnellate, ma pur sempre un inizio.