COME SONO MORTE GAIA E CAMILLA - PIETRO GENOVESE GUIDAVA OLTRE I LIMITI DI VELOCITÀ CONSENTITI SU QUEL TRATTO DI STRADA (90 KM ORARI ANZICHÉ 50), AVEVA BEVUTO (IL TEST ALCOLEMICO HA RILEVATO 1,4 GRAMMI PER LITRO) E STAVA SPEDENDO UN MESSAGGIO WHATSAPP CON IL CELLULARE. LA POSIZIONE DEL RAGAZZO, FIGLIO DEL REGISTA PAOLO, SI È AGGRAVATA IN SEGUITO ALL'ULTIMA INFORMATIVA DELLA POLIZIA POSTALE DEPOSITATA IN PROCURA...
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Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”
Guidava oltre i limiti di velocità consentiti su quel tratto di strada (90 km orari anziché 50). Aveva bevuto (il test alcolemico ha rilevato 1,4 grammi per litro). E stava spedendo un messaggio WhatsApp con il cellulare. La posizione di Pietro Genovese, figlio del regista Paolo, si è aggravata in seguito all' ultima informativa della polizia postale depositata in Procura. Genovese, accusato dell' omicidio stradale plurimo di Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann, è stato arrestato (domiciliari) lo scorso 26 dicembre. Nei suoi confronti il procuratore aggiunto Nunzia D' Elia e il pm Roberto Felici hanno già chiesto il processo con rito immediato, senza passare per l' udienza preliminare.
Le certezze dei magistrati si sono consolidate con l' ultima informativa depositata dagli investigatori. Informativa nella quale si documenta come Genovese, in quei secondi che hanno determinato l' impatto (era mezzanotte e mezza) stesse maneggiando il cellulare, spedendo quattro immagini e un video ad alcuni indirizzi WhatsApp. Di questa circostanza non si era minimamente fatto cenno durante il colloquio con il giudice per le indagini preliminari che lo aveva ascoltato durante l' interrogatorio di garanzia.
In quell' occasione, assistito dai difensori Gianluca Tognozzi e Franco Coppi, Genovese aveva offerto la propria versione dei fatti sforzandosi di attenuare le proprie responsabilità. Tra le altre cose aveva sostenuto che quella notte lungo il viadotto di corso Francia, la velocità era contenuta e se erano stati superati i 50 chilometri orari, era stato di pochissimo, essendo appena ripartita la vettura dopo una sosta davanti al semaforo rosso. La perizia del consulente della Procura, Mario Scipioni, gli aveva dato torto.
Secondo l' expertise del tecnico Genovese viaggiava a una velocità di 90 chilometri orari, un dato accertato attraverso una complessa analisi sui vistosi danni riportati dall' automobile. Nessun dubbio, dunque, che la notte fra il 21 e il 22 dicembre Genovese abbia agito con «imprudenza, imperizia e negligenza» marciando, non completamente lucido a una velocità non consentita.
Come non vi sono dubbi che Gaia e Camilla stessero correndo lungo la carreggiata, procedendo - scrive Scipioni - a una velocità pari a 3,5 metri al secondo (fra i 12,5 e i 17,3 chilometri orari). L' esperto è riuscito, nel corso di una complessa simulazione e con l' aiuto delle telecamere di un «Compro oro» e di un distributore di benzina nei pressi, a individuare il punto dell' impatto, all' altezza del civico 177 di Corso Francia.
«L' impatto - è scritto nella perizia - si verificava fra il frontale dell' autovettura e i fianchi dei pedoni e si concretizzava nella corsia sinistra di Corso Francia in direzione Roma centro, nei pressi dell' inizio del guardrail posto a separazione delle due carreggiate».
Definitivo il giudizio dello stesso esperto: «La velocità di marcia della Renault - scrive ancora nella sua perizia - ha avuto un' incidenza causale con l' incidente stradale: il sinistro non si sarebbe verificato se Genovese avesse marciato alla velocità massima di 50 chilometri orari».