Paolo Colonnello per “La Stampa”
Adelante, adelante, il giudice che confondeva «l'innocente col criminale e il diritto col carnevale» ha perso una grande occasione per tacere. Tratteggiato mirabilmente in una canzone di Francesco De Gregori, l'uomo che ha preferito il cavillo dei codici all'evidenza dei fatti scarcerando e annullando in oltre 500 sentenze le condanne a mafiosi e terroristi quando era presidente di Cassazione, è riuscito a passare il segno del rispetto dovuto a chi, a differenza sua, i criminali li ha combattuti davvero fino ad essere ucciso in un'orrenda strage 30 anni fa.
Eppure per questo ineffabile campione del garantismo peloso, Giovanni Falcone fu «sopravvalutato» e decadde «per il suo desiderio di carriera». Che come è noto lo portò ad essere escluso sia dalla guida dell'antimafia che dalla guida della Procura di Palermo.
Una carriera coi fiocchi che terminò saltando in aria sull'autostrada di Capaci. Ma non contento, il giudice "ammazzasentenze", quel Corrado Carnevale che intercettato aveva definito Falcone «un cretino», per sporcarne ulteriormente il ricordo è riuscito a mettere il magistrato che fece condannare la cupola di Cosa Nostra sullo stesso piano dei boss mafiosi: «Sono tutti uguali davanti alla legge».
Tranne quando qualcuno diventa più uguale di altri. Proprio vero che a certuni la storia non insegna nulla. Nel gran carnevale delle dichiarazioni che purtroppo segnano ogni anniversario, e che non costano nulla, queste sono di gran lunga le più oscene.
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