A COSA HA PORTATO L’ONDATA DI INDIGNAZIONE PER LA LISTA DELLE STUDENTESSE PIÙ BRAVE A LETTO MESSA A PUNTO DA UNO STUDENTE DI PALERMO? A UN CAZZO – IL PUTIFERIO CHE SI È INNESCATO DOPO LA DENUNCIA DI UN COLLETTIVO DI FEMMINISTA DEL DOCUMENTO CHE GIRAVA SU WHATSAPP HA PORTATO ALLE STESSE CONCLUSIONI A CUI ERANO ARRIVATE LE DIRETTE INTERESSATE 10 MESI FA OVVERO ALLE SEMPLICI SCUSE DEL RAGAZZO CHE L’HA SCRITTA…
-Estratto dell'articolo di Marta Occhipinti e Tullio Filippone per “la Repubblica”
In viale delle Scienze, il campus universitario dell'Ateneo di Palermo, la vicenda ormai la conoscono tutti. E ieri, le colonne dei plessi, le porte delle aule e le bacheche, erano tappezzate dallo slogan "La violenza sulle donne non si censura". La censura è il silenzio dell'Università portata avanti per ben 10 mesi, sul caso della "lista hot" delle dottorande: una classifica costruita a febbraio con precisione statistica da un collega di studi, che ha raccolto le loro foto da profili social, per poi farle valutare via chat con voti e punteggi sulle parti del corpo, creando infine un ranking diffuso nei gruppi whatsapp. Allora, dopo la denuncia al coordinatore di dottorato, il "caso" si era chiuso con una mail di scuse, con il direttore del Dipartimento a condividere l'anomala procedura.
C'è voluta una lettera anonima su un blog e la ricostruzione di Repubblica, per riaprire una vicenda nascosta e rimasta confinata per quasi un anno negli uffici e nei corridoi dell'edificio 13, il dipartimento di Economia. Dopo le rivelazioni del nostro giornale, il rettorato ha confermato i dettagli con una lettera della prorettrice alle Politiche di genere e inclusione, Beatrice Pasciuta, che ha negato il coinvolgimento dei vertici dell'università.
Poi è intervenuto in prima persona il rettore, Massimo Midiri, che ha ribadito di essere rimasto all'oscuro della vicenda, ma ha ammesso alcuni errori: «È stata sottovalutata - ha risposto a Repubblica - Abbiamo avviato indagini interne, le molestie vanno punite e non possiamo escludere sanzioni disciplinari».
Per questo, ieri pomeriggio, nell'ex facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo di Palermo, il collettivo femminista Medusa, che ha riempito l'università di volantini, ha organizzato un'assemblea pubblica: da una parte le studentesse ad aprire il dibattito, dall'altra i vertici dell'università, in prima fila ad assicurare «che nell'Ateneo di Palermo le donne che denunciano le molestie non sono sole e che ci sono gli strumenti per segnalarle».
Procedure che evidentemente, però, non vennero attivate d'ufficio dieci mesi fa.
«Casi come quello dell'università di Bologna (dove un ex direttore di un dipartimento in pensione ha patteggiato una condanna per violenze sessuali e molestie nei confronti di alcune studentesse, ndr ) dimostrano che il sessismo negli atenei esiste - dice dai banchi la studentessa Ludovica Di Prima - A Palermo, la comunità studentesca si sarebbe aspettata una punizione o delle conseguenze che andassero ben oltre quello che è stato fatto». […]
E l'assemblea, alla fine, difende la loro scelta di 10 mesi fa. Cioè accettare le scuse del collega per email e chiudere il caso adesso di dominio pubblico per la lettera anonima. «Non sta a noi giudicare né compatire chi subisce violenze di genere - si legge nel documento firmato ieri dai collettivi e dalle associazioni studentesche - Sta a noi invece creare una comunità solida che possa essere un supporto». Forse l'ambizione a un quieto vivere, che rivela una questione culturale irrisolta.
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