CRONACA VERA: LA MOLESTAVA E POI L'HA DENUNCIATA PER DIFFAMAZIONE - IL TITOLARE DI UNA CONCESSIONARIA DI AUTO DI ROMA È STATO CONDANNATO A DUE ANNI DI CARCERE PER AVER MOLESTATO UNA SUA DIPENDENTE – LA DONNA SI ERA LICENZIATA DOPO AVER SCRITTO LA LETTERA IN CUI DESCRIVEVA GLI ATTEGGIAMENTI MOLESTI DELL'UOMO: BATTUTINE, BACI SUL COLLO FINO ALLE PACCHE SUL SEDERE – IL CAPO HA RISPOSTO CON UNA DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE MA ALLA FINE...
-Estratto dell’articolo di Andrea Noci per “il Messaggero”
Lui era il suo capo, proprietario di una concessionaria di auto. Lei la sua segretaria. Ma c'è voluto molto poco prima che A.E. iniziasse ad abusare della sua posizione per molestare la ragazza, che di quel lavoro aveva bisogno. […] Per quelle molestie la prima sezione del Tribunale ha condannato il proprietario dell'autosalone a due anni di reclusione, ritenendolo responsabile di violenza sessuale aggravata e calunnia.
LA LETTERA
Quando la ragazza si è licenziata, nella lettera di dimissioni, aveva motivato la decisione facendo riferimento alle molestie quotidiane e reiterate, culminate con quello schiaffo al fondo schiena. Dopo aver ricevuto le dimissioni, l'imputato l'aveva denunciata per diffamazione. E così, finita sotto accusa in un processo, la donna, […] ha deciso di denunciare, sia per le molestie che per la calunnia. Il giudice di pace, chiamato a decidere sulla diffamazione, aveva dato ragione alla ragazza, archiviando l'accusa e inviando gli atti in Procura. La vittima era lei e quello che aveva scritto nella lettera di dimissioni era la verità.[…]
LA VICENDA
Gli abusi iniziano nel marzo del 2018, poco dopo che la ragazza aveva cominciato a lavorare in quella concessionaria. «Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, - si legge nel capo d'imputazione - costringeva la vittima con violenza e contro la sua volontà, a subire atti sessuali». Lui la obbligava «ripetutamente a baciarlo, e in un'occasione, le toccava con violenza i glutei con la mano destra completamente aperta». Per la donna ogni volta era impossibile reagire.
[…] Per lui non era vero che la ragazza fosse «stata fatta oggetto di reiterate e sgradevoli attenzioni a carattere sessuale», come riportato nel capo d'imputazione. A quattro anni da quella pacca, un'altra sentenza, ha dato ragione alla ragazza.