DE GREGORIO, LA GUARDIANA DEL PRETORIO – CONCITA TRAFITTA DAL VIRUS DEL RADICAL CHIC: ''COSA CI HA FATTO RIVALUTARE L’ISOLAMENTO COATTO? COME CI HA CAMBIATI? LA QUARANTENA È UN SETACCIO. SEPARA QUEL CHE È DAVVERO INDISPENSABILE DA QUEL CHE NON È. FINALMENTE BASTA CON TUTTE QUESTE CENE. MICA POSSIAMO ANDARE A UNA PRIMA E/O A UN VERNISSAGE OGNI SANTO GIORNO!'' - E DELBECCHI LA PUNZECCHIA: “QUESTA ME LA SEGNO..."
-
Nanni Delbecchi per "il Fatto quotidiano”
Ora che con la fase 2 potremo perfino andare ai funerali, tutti se lo chiedono. Cosa ci ha fatto rivalutare l’isolamento coatto? Come ci ha cambiati? Domande forse retoriche (anzi, senza forse). Ma se se lo chiede Concita De Gregorio bisogna stare all’erta. “La quarantena è un setaccio. Separa quel che è davvero indispensabile da quel che non è” osserva Concita su Robinson, l’inserto culturale di Repubblica nel megapezzo titolato “Ricomincio da dieci. O forse meno”.
Un setaccio, dunque. Ottimo per separare tante generiche raccomandazioni dalle puntuali prescrizioni di Concita. Prendiamo nota: “Le cene. Le prime. I vernissage. Le convenzioni sociali. Gli appuntamenti a cui non puoi mancare, se no qualcuno si dispiace. Pazienza. Rinunciare, rinnegare”. Mo’ me li segno. Basta con tutte queste cene. Dobbiamo gettare alle ortiche il carnet. Mica possiamo andare a una prima e/o a un vernissage ogni santo giorno. L’esercito di persone che ci ha atteso invano capirà. C’è il setaccio.
E se i nostri anfitrioni non capiranno, citeremo di nuovo Concita, chiamando a testimoni i grandi del passato. “I grandi del passato che hanno vissuto sulla loro carne la sofferenza e che oggi rileggiamo in Rete per aiutarci a vicenda a capire, a sopportare”. È cosa nota: Dante disertava le prime, Leonardo non sopportava i vernissage, Dostoevskij respingeva qualsiasi invito a cena, a costo di far digiunare gli altri ospiti per il dispiacere. Ma ci sono anche i grandi del presente.
“L’amore e la verità nell’amore, mi disse una volta in ascensore il principe Caracciolo, editore di giornali, è l’unica cosa di cui possiamo disporre”. Bello, vero? Anche a noi è capitato una volta di prendere l’ascensore con il principe Caracciolo. “A che piano va?”, mi disse.
Andavo al piano terra, ma l’ascensore saliva, lui pure, e ci salutammo così (La sofisticata Concita non la prenda sul personale. L’abbiamo elevata a caso esemplare – molto esemplare e molto chic – di come vive la ripartenza il giornale faro della sinistra italiana).
Ricomincio da dieci O forse meno
Estratto dell’articolo di Concita De Gregorio per “la Repubblica – Robinson”
(…) Quindi chi vorrebbe lasciare indietro cosa, del tempo di prima? Dipende. Solo cose enormi o minuscole, si possono elencare. Quelle enormi.
Uno: il tempo. Fare quel che desideriamo del nostro tempo, d' ora in poi e sempre. Abbiamo solo quello, e non sappiamo per quanto. I morti insegnano, portiamo rispetto almeno alla morte. Gli dei si divertono con noi: ci mandano doni, li scambiamo per pericoli. Si deve ascolto agli dei, sono vendicativi.
Due: la possibilità di dire di no. Rifiutare quel che non ci corrisponde, non c' è niente da perdere che non sia già perduto, altrimenti.
Tre: respingere la violenza. Le spiegazioni saccenti, le manipolazioni seduttive, le adulazioni capziose e interessate, ogni forma di sopraffazione fino a quella suprema, fisica. Avete visto, no, a casa, in questi giorni, come funziona la convivenza: qualcuno si aspetta qualcosa da voi fino a che non smettete di farlo. Provate a smettere. Se io non faccio allora fai tu? Provate.
Poi le cose minuscole. In ordine sparso.
Uno. Non serve il pubblico comandato di applaudire nei talk show. È meglio senza. Non serve la rissa: a quelle fra sovranisti si sono sostituite quelle fra virologi, non una grande alternativa.
Avevamo sperato nel ritorno delle competenze fin quando le competenze non hanno scoperto la ribalta e la sua seduzione. Che peccato. Per un momento, all' inizio di tutto questo, avevamo immaginato che la solidarietà la condivisione il rispetto del sapere fossero gli antidoti al tempo che corre, alle nuove dittature. Invece. Forse non servono più i talk, nella forma del colosseo: ma questo sarebbe forse sperare troppo. Un' informazione diversa, in definitiva. Più lenta, se occorre. Più esatta, più al servizio dell' interesse comune. Sperare non costa.
Due. La verità vi prego sull' amore. Gli amanti sono stati di fatto sgominati dalla quarantena. Milioni di consuetudini coniugali si sono ricodificate in ritrovate armonie, allegrie di naufragi, cortesie fra reclusi. Non saranno i divorzi a impennarsi, come tanti prevedono: saranno i congedi dagli oggetti del desiderio mai arrivati allo stato di bisogno necessario ad essere dichiarati. La quarantena è un setaccio. Separa quel che è davvero indispensabile da quel che non lo è, il resto sono chiacchiere e fate i vostri conti. È un setaccio che scandaglia le illusioni, polverizza le promesse, rivela la natura delle cose. La verità contro la sua rappresentazione. Usatelo.
Tre. I no vax. Speriamo che il vaccino arrivi presto anche per loro, come la democrazia è arrivata anche per i fascisti grazie al sacrificio dei partigiani, diciamolo adesso che è 25 Aprile. Sarà divisiva, la celebrazione, certo: lo è. Fra i neofascisti e gli altri, un discrimine netto: scusate se qui si fa anche politica.
Quattro. Le cene. Le prime, i vernissage. Le convenzioni sociali. Gli appuntamenti a cui non puoi mancare, se no qualcuno si dispiace. Pazienza. Rinunciare, rinnegare. Andare contro la famiglia, trasgredire. Questo ci insegnano i grandi del passato che hanno vissuto sulla loro carne la sofferenza che - lei sola - genera bellezza, e che oggi rileggiamo in rete per aiutarci a vicenda a capire, a sopportare. Ecco. Andiamocene da lì. Almeno ascoltiamoli, se no cosa li leggiamo a fare. Ma poi hanno tutti ragione, avete - abbiamo tutti ragione. Perché dipende. Cosa riusciamo a fare, di cosa riusciamo a liberarci dipende unicamente da chi siamo. Da chi eravamo prima, e da chi oggi siamo dunque ancora di più.
Anche avere accesso a questo sarebbe un risultato notevole. L' amore e la verità nell' amore, mi disse una volta in ascensore il principe Caracciolo, editore di giornali, è l' unica cosa di cui possiamo disporre. Mi spaventò e mi intimidì molto, era tanto tempo prima del coronavirus. L' amore quando c' è fa luce e se ne accorgono tutti, mi disse un giorno Severino Cesari, editore di libri. Poiché questo faccio, scrivere, anche se non è proprio coerente alla consegna - mi scuso - questo che ho detto lo dedico a loro. E a tutti noi. Non andrà tutto bene. Andrà come deve, come può. Ma soprattutto: andrà come vogliamo che vada.