DIETRO L'INVASIONE DELL'UCRAINA CI SONO QUESTIONI ENERGETICHE? - IL PAESE È SOTTO ATTACCO PURE PER IL LITIO, VISTO CHE LE RISERVE FANNO GOLA A RUSSIA E CINA - KIEV STAVA PER DIVENTARE IL MAGGIORE FORNITORE DEL METALLO PER LE FABBRICHE EUROPEE: L'AUSTRALIANA EUROPEAN LITHIUM SI ERA AGGIUDICATA I GIACIMENTI, A SCAPITO DELLA CINESE CHENGXIN, MA IL CONFLITTO RIMESCOLA LE CARTE...
-Sergio Barlocchetti per “La Verità”
Il sospetto che dietro l'invasione dell'Ucraina ci siano questioni energetiche è fondato: Kiev prima dell'inizio degli scontri stava per diventare uno dei maggiori fornitori di litio a «portata di treno» dalle fabbriche europee di batterie e auto, sbandierando una riserva stimata di 500.000 tonnellate di litio, cruciale per la transizione all'elettrico dell'Unione. Proprio il governo di Zelensky aveva firmato un'alleanza strategica per fornire il prezioso materiale alla Ue il 13 luglio scorso.
Le firme sul documento erano quelle del vicepresidente Maro efovi e del primo ministro Denys Shmyhal, d'accordo nel rafforzare la cooperazione tra Bruxelles e Kiev nei settori del Green Deal e della strategia industriale 2020-2050.
Un accordo simile sarebbe stato possibile anche tra Ue e Russia, ma nella corsa globale all'elettrificazione Mosca credeva meno di quanto facciano i più scettici europei, seppure la società energetica e nucleare statale Rosatom prevedesse di poter raggiungere una produzione nazionale di litio equivalente al 3,5% della produzione mondiale entro il 2025.
Per farlo, tuttavia, sarebbe stata costretta a rivedere le concessioni fatte ai cinesi per sfruttare i giacimenti della Siberia e della Yakutia, acquisire la gestione di attività minerarie di litio in Africa e America Latina e soprattutto ad aggiornare la tecnologia estrattiva e delle semi lavorazioni associate a questa attività.
A onor del vero, a partire dall'ottobre 2019 Rosatom aveva cominciato a produrre litio per batterie presso gli stabilimenti di Novosibirsk, il cui prodotto principale però è il combustibile per le centrali nucleari.
Lo fece dopo che nel 2017 annunciò un investimento pari a 15,6 milioni di dollari per avviare la produzione di batterie, un progetto sul cui effettivo stato si sa poco, soprattutto oggi che gli accordi stipulati dalla società controllata da Rosatom, la Uranium One Group (U1g), con i potenziali clienti sono stati bloccati prima dal Covid e poi dalle sanzioni.
Tra questi pre-contratti, quello per il gruppo canadese Wealth Minerals, nel quale si delineava l'acquisizione da parte russa di una partecipazione di maggioranza nel progetto per il litio «Atacama» della Wealth Mineral, in Cile.
Dove però il governo locale, solleticato dal prezzo stellare che ha raggiunto il prezioso minerale, sta ripensando la politica nazionale che regola la produzione e il commercio del litio.
I timori delle possibili interruzioni delle forniture russe di metalli come alluminio, rame e stagno ne hanno infatti fatto alzare i costi ai massimi storici dall'inizio di febbraio, innescando un fenomeno che si è sovrapposto agli effetti della transizione verso la mobilità elettrica. Ma nessun metallo è aumentato come il litio, che ha quasi quintuplicato il valore in un anno arrivando alla media di 76.700 dollari la tonnellata, con un aumento del 10% in sole due settimane e del 95% da gennaio 2022. Soltanto un anno fa veniva scambiato a 13.400 dollari la tonnellata.
Dunque nel sottosuolo ucraino si troverebbe una ricchezza mineraria in grado di dare un futuro redditizio alla nazione e anche essere irrinunciabile per l'Europa. Nel 2021 Kiev aveva iniziato a mettere all'asta i permessi di esplorazione per sviluppare le sue riserve di litio oltre a rame, cobalto e nichel, e a questo proposito ricordiamo le parole di Roman Opimakh, capo dei geologi ucraini, che nel maggio di quell'anno commentava: «Questi accordi hanno un'importanza strategica per l'affermazione del nostro Paese sulla scena mondiale in un nuovo ruolo».
A seguito delle trattative, nel novembre 2021 la European Lithium, una società che a dispetto del nome è di proprietà australiana (quotata nelle borse di Sydney e Francoforte, rappresentata in Europa dall'austriaca Ecm Lithium At GmbH), aveva dichiarato l'ormai prossima chiusura di un accordo per assicurarsi i diritti su due promettenti giacimenti di litio scoperti negli anni Ottanta e Novanta. Uno si trova a Shevchenkivske, nel Donetsk, l'altro a Dobra, nell'Ucraina occidentale.
Alla luce delle moderne tecnologie di esplorazione entrambi i siti sarebbero stati sottovalutati e conterrebbero ampie risorse. La società australiana, che finora si è fatta un nome in Europa perché proprietaria di un progetto di estrazione di litio a Wolfsberg, in Carinzia, in territorio ucraino è rappresentata dalla Petro Consulting llc Millstone.
Questa ha una partecipazione nei due progetti minerari, quello austriaco e quello nazionale. Ebbene: European Lithium ha dichiarato che l'acquisizione delle miniere ucraine sarà graduale e dovrebbe concludersi, guerra permettendo, nel novembre prossimo a scapito della cinese Chengxin Lithium, che aveva chiesto gli stessi diritti e che per ottenerli avrebbe già investito molto denaro in altri settori con accordi di scambio con Kiev.
Investimenti che la guerra, se persa, vedrebbe a rischio o azzerati. Sarà un caso, l'invasione russa è cominciata proprio mentre l'Ucraina stava cercando di posizionarsi sul mercato come uno dei principali attori nella transizione verso l'energia pulita, cominciando un'evoluzione rapida soprattutto per una nazione che ha costruito a lungo la sua economia su carbone, ferro e titanio.
È quindi chiaro che se ci fosse la pace oggi Kiev sarebbe tra i cinque Paesi maggiori fornitori di litio al mondo insieme con Cina, Australia, Cile e Congo. Non possiamo considerarla la ragione principale dell'invasione russa, tuttavia è ovvio che Mosca ambisca alle caratteristiche minerarie del sottosuolo come alla produzione agricola e alla posizione strategica di questa nazione.