DIETRO LE STRAGI DI MAFIA C’E’ LO ZAMPINO DI PAOLO BELLINI? IL TERRORISTA NERO, CONDANNATO PER LA STRAGE DI BOLOGNA, E’ STATO ARRESTATO PERCHÉ VOLEVA VENDICARSI DELL’EX MOGLIE E COLPIRE ANCHE IL FIGLIO DEL GIUDICE FRANCESCO CARUSO CHE GLI AVEVA RIFILATO L’ERGASTOLO. ORA RISULTA SOTTO INDAGINE ANCHE PER L’ATTENTATO DI CAPACI DEL 1992 - BELLINI AVREBBE “SUGGERITO” A COSA NOSTRA LA STRATEGIA DELLE STRAGI PARLANDO CON IL BOSS ANTONINO GIOÈ E POI CON BRUSCA E RIINA
-Da open.online
Paolo Bellini è stato arrestato perché voleva vendicarsi dell’ex moglie. Maurizia Bonini era stata testimone contro di lui nel processo sulla strage di Bologna. Ma voleva colpire anche il figlio del giudice Francesco Caruso, che gli aveva rifilato l’ergastolo.
Ma le intercettazioni che le Dda di Firenze e Caltanissetta hanno trasmesso ai magistrati bolognesi hanno consentito di appurare che Bellini è sotto indagine anche per la strage di Capaci del 1992. E per quelle di Firenze, Milano e Roma del 1993. Il Fatto Quotidiano scrive che Bellini è indagato come “concorrente morale” nella morte di Giovanni Falcone. Perché avrebbe in qualche modo “suggerito” a Cosa Nostra la strategia delle stragi. Avrebbe parlato con il boss Antonino Gioè. E, successivamente, con Giovanni Brusca, Totò Riina e Leoluca Bagarella.
(...) La Barbera ha raccontato poi che fu Bellini a indicare gli obiettivi degli attentati. Di certo l’ex Avanguardia Nazionale era all’hotel Sicilia di Enna nel dicembre 1991.
Proprio in quell’albergo l’anno dopo si tennero alcune delle riunioni della Commissione Regionale di Cosa Nostra. In Sicilia, tra il 1991 e il 1992, c’era anche Stefano Delle Chiaie. Non ci sono prove della partecipazione di Bellini a queste riunioni.
Ma nel novembre 1992 venne fermato insieme a Rosario Casarotti, imparentato con boss, vicino alla contrada in cui abita Pietro Rampulla. Definitivamente condannato per le stragi di Capaci, in gioventù aveva aderito a Ordine Nuovo. Anche la moglie di Bellini dice che il coniuge si trova in Sicilia nei giorni dell’attentato. Ritorna a casa il 25 maggio. Due giorni dopo l’attentatuni.
STRAGE DI BOLOGNA IL PATTO DEL SILENZIO
Andrea Palladino per “la Stampa”
Un giuramento, che dura da più di quarant'anni. Un patto del silenzio, inviolabile, su quello che è avvenuto nella stazione di Bologna il 2 agosto 1980, quando nella sala di aspetto di seconda classe esplose una bomba micidiale, con 85 morti e 200 feriti.
Lasciano pochi spazi ai dubbi le parole di Paolo Bellini, il «personaggio poliedrico, la cui figura è riemersa per oltre trent'anni nell'ambito delle vicende più opache della storia italiana», come lo hanno definito i magistrati, condannato, in primo grado, per la strage più crudele della storia repubblicana. I suoi furiosi discorsi sono stati registrati dalla Dda di Caltanissetta mesi dopo la fine del processo, mentre il presidente della Corte d'Assise stava scrivendo le motivazioni.
Le frasi intercettate erano dirette minacce alla testimone chiave, l'ex moglie Maurizia Bonini, che lo ha riconosciuto in un filmato girato nella stazione di Bologna pochi minuti dopo l'esplosione della bomba:
«Ho appena finito di pagare 50 mila euro per far fuori uno di voi Bonini, eh non si sa quale!», gridava mentre girava nel salone della sua abitazione. Non solo. Bellini programmava la vendetta nei confronti dello stesso presidente della Corte d'Assise, il magistrato Francesco Maria Caruso, affermando di voler colpire il figlio, console italiano a Porto Alegre, in Brasile.
Non si limitava alle minacce, Bellini, durante i suoi furiosi sfoghi contro magistrati e testimoni: «Io ho sopportato quarant'anni a stare zitto – si legge in una delle intercettazioni – tutto il fango che mi hanno buttato addosso per quarant'anni, quel gruppo specializzato (parole incomprensibili) infamità nei miei confronti e nei confronti di una classe politica particolare, va bene?».
(…) Poi, all'inizio degli Anni '90, poco prima delle stragi di mafia, si avvicina a Cosa nostra, ufficialmente come infiltrato da parte dei carabinieri. Trasferito nel penitenziario di Sciacca, conosce Antonino Gioè, coautore della strage di Capaci. In quegli stessi anni già operava come killer della ‘ndrangheta, legandosi alla ‘ndrina di Vasapollo-Dragone. Aspetti che ancora oggi devono essere fino in fondo chiariti: «I legami tra Cosa nostra ed i gruppi eversivi di destra – scrive ancora il presidente Caruso nelle motivazioni della sentenza di condanna – sono emersi in diverse circostanze, anche in questo processo». Una pista che «lo stesso Giovanni Falcone aveva intuito».