DIO NON ABITA PIÙ QUI –SCUOLE DI CIRCO, DISCOTECHE E PERSINO NIGHT CLUB: LE CHIESE DISMESSE, SCONSACRATE E VENDUTE SI TRASFORMANO IN TEMPLI LAICI DEL DIVERTIMENTO – A MANHATTAN UNA CHIESA NEOGOTICA SI È TRASFORMATA NEL “LIMELIGHT” REGNO DELLE CUBISTE SCOLLACCIATE E DELLA MUSICA TECHNO NEI PAESI BASSI INVECE C'È UNA CHIESA DIVENTATA SKATE PARK. E IN ITALIA...
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Domenico Agasso Jr per “la Stampa”
Se in una chiesa non «abita» più Dio, può restare chiusa e abbandonata con le ragnatele sugli altari, oppure avere una «seconda vita». Da sconsacrata. E diventare magari luogo di attività sociali e culturali, un museo o una libreria.
O qualcosa di più clamoroso: una discoteca con impianti di luci psichedeliche sotto volte antiche e affrescate; un garage, una gelateria, un negozio, bar, ristorante, palestra, centro estetico, circo, skatepark. E anche night club, come è accaduto a Praga.
In tempi di secolarizzazione e di parrocchie che si svuotano, quello dei luoghi sacri in disuso è un fenomeno frequente negli Stati Uniti, in Canada e in vari Paesi europei: Belgio, Francia, Germania, Olanda, Svizzera, Inghilterra, Spagna.
E anche in Italia, dove su 65.920 chiese di proprietà ecclesiastica circa 2.000 non sono utilizzate per vari motivi: calo delle vocazioni e dunque di parroci e di attività pastorali, crisi economica, diminuzione dei fondi pubblici. E poi, comprese, ci sono le centinaia di chiese coinvolte dai sismi.
Quando diocesi o parrocchie non riescono più a mantenere qualche edificio di culto, si possono trovare costrette a decisioni dolorose: venderlo. E a quel punto si aprono scenari imprevedibili e ingovernabili, perché gli acquirenti possono avere progetti svariati e fantasiosi.
Gli «incubi» per prelati e fedeli si sono materializzati per esempio a New York, Manhattan, con il «Limelight», chiesa neogotica sconsacrata sulla Sesta Avenue divenuta regno di cubiste e musica techno che risuona nelle navate; oppure, nei Paesi Bassi, dove la chiesa di San Giuseppe dal 2011 è diventata l'«Arnhem Skate Hall» con rampe per gli skaters sui pavimenti in marmo; mentre a Bristol, in Inghilterra, l' ex basilica di San Paolo è stata trasformata in una scuola di circo. Nel Belpaese un caso simbolo è il «Diavolo Rosso» ad Asti, locale e ristorante dedicato alla musica dal vivo ricavato nella cornice seicentesca della Chiesa sconsacrata di San Michele.
Da due anni il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche stanno approntando una stretta a queste «derive». Le linee guida sono state lanciate nel novembre 2018 alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, con un convegno organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura, presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi, e dalla Conferenza episcopale italiana (Cei). Nel documento finale è stato indicato che, se proprio si deve cedere una chiesa, «sono certamente da preferirsi adattamenti con finalità culturali (musei, aule per conferenze, librerie, biblioteche, archivi, laboratori artistici) o sociali (luoghi di incontro, centri Caritas, ambulatori, mense per i poveri)».
Nel frattempo, le parrocchie e le diocesi «stanno investendo molte risorse economiche per provvedere a ricostituire il patrimonio» dismesso, spiega a La Stampa don Valerio Pennasso, direttore dell' Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l' edilizia di culto della Cei. In questi anni sono stati realizzati oltre 11.000 interventi «impiegando oltre 2.827 milioni di euro utilizzando i fondi dell' Otto per mille».
E nelle zone terremotate nel 2016 «sono state coinvolte circa 3mila chiese. Oltre 140 lavori già realizzati con fondi statali. Altre 600 stanno attendendo norme per avviare i cantieri». Inoltre, ogni anno le diocesi «presentano circa 700 richieste per interventi di restauro, con impegni economici di oltre 200 milioni di euro». L' obiettivo è uno solo: «La piena rifunzionalizzazione dell' edificio di culto».
Dove non è possibile, «si cerca di intervenire per una nuova destinazione: attività sociali e comunitarie o culturali». Quando invece si tratta di modificare la funzione da chiesa ad altro uso oppure trasferirne la proprietà «le cose necessitano di maggiore attenzione frutto di responsabilità condivise con la comunità», a cominciare dalle autorità civili.
Il cambio di proprietario infatti mette a rischio «l' integrità dell' edificio non tanto per gli aspetti di tutela formale del patrimonio storico artistico, ma soprattutto per il suo valore e identità «immateriale» che, se non fosse garantita, rischierebbe anche lo scandalo dei fedeli».
Pennasso cita due casi «virtuosi». La Cappella di SS. Madonna delle Grazie a La Morra (Cuneo), «costruita nel 1914 come riparo per i lavoratori dei vigneti, successivamente diroccata e ridotta a rudere, ma utilizzata come chiesa, viene restaurata alla fine degli anni '90 con interventi degli artisti Sol LeWitt e David Tremlett, che l' hanno trasformata in testimonianza di arte contemporanea.
Oggi è una celebre meta turistica denominata la «Cappella del Barolo». Mentre a Fano (provincia di Pesaro e Urbino) c' è il complesso monumentale di Sant' Agostino, su cui «la diocesi, con il coinvolgimento di enti diversi, intende realizzare un restauro proponendolo come luogo di incontro e di cultura».