Tiziana Lapelosa per “Libero Quotidiano”
Gli italiani studiano poco. E capita che parte di quei pochi che riescono a fare l'esame di Maturità o a mettere in testa la corona d'alloro, se ne vadano all'estero, a servire su un piatto d'argento le proprie capacità per mancanza di meritocrazia in patria. E poi ci sono le donne: studiano più dei maschietti ma hanno più difficoltà a trovare lavoro.
Eppure non mollano. A costo di rimetterci. Nel confronto con l'Europa a 28, la scuola italiana ne esce a pezzi. Un diploma in tasca ce l'ha, per esempio, soltanto il 62,2% tra quanti hanno un'età compresa tra i 25 e i 64 anni. Ci fregano Germania (86,6%), Francia (80,4%) e i sudditi della regina Elisabetta (nel Regno Unito la percentuale di diplomati è dell'81,1%).
Possiamo atteggiarci soltanto agli occhi di Spagna, Malta e Portogallo, che hanno meno voglia di studiare di noi, ma che come noi faticano ad "approfittare" della bravura delle donne. La fotografia scattata dall'Istat sui livelli di istruzione, infatti, ci dice anche che le donne sono più brave degli uomini a barcamenarsi sui libri - da noi le laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini - ma che quando si presentano per ottenere un posto di lavoro, ricevono per lo più porte in faccia.
Certo, lo Stato non aiuta con la gestione di una famiglia (per chi una famiglia è riuscita a farsela), e spesso si è costretti a scegliere tra casa, gestione dei figli e lavoro. Non a caso, il tasso di occupazione femminile è del 56,1% contro il 76,8% dell'altro sesso. Un divario così marcato, inoltre, si registra solo in Italia. Almeno così è successo nel 2019.
DIFFERENZE
La geografia dell'istruzione, inoltre, ci fornisce un altro dato di cui non andare fieri: al sud si studia meno che al nord e succede che poco più della metà della popolazione da Roma in giù ha un diploma incorniciato. In più, per non farsi mancare proprio nulla, le statistiche registrano che meno si è istruiti e meno possibilità si hanno di trovare un impiego. Non che una laurea risolva tutto...
Superati tutti gli ostacoli per ottenerla - almeno per quelli economicamente svantaggiati visti i costi esorbitanti che se ne vanno in tasse e affitto di stanze per chi è fuori sede - non consola affatto sapere che il tasso di occupazione di chi ha la pergamena è superiore soltanto alla Grecia ed è di 5 punti inferiore a quello medio europeo: 81,4% verso 86,3%.
differenze salario uomini e donne
E nemmeno che la quota di giovani laureati nel nostro Paese non cresce, anzi rispetto al 2018 si è ridotta dello 0,2% attestandosi al 27,6%. Inutile dire che in Francia, Spagna e Regno Unito lievita, superando perfino gli obiettivi di Europa2020, che aveva come intenzione l'innalzamento del numero dei laureati tra i 30 e i 34 anni per una «società della conoscenza». C'è poi il capitolo stranieri: l'anno scorso soltanto la metà di quelli che vivono in Italia era diplomato (47,3%).
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
TANTE PROMESSE
Però, un primato ce l'abbiamo: il maggior numero di Neet - giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e nemmeno studiano - risiede in Italia. Sono circa due milioni (22,2%) e superano di dieci punti la media europea (12,5%). In realtà, a pensarci bene, abbiamo anche un altro primato. Che è quello delle parole, delle promesse, dei "faremo", dei "c'è bisogno di"... Puntuali come un orologio svizzero, ieri, sono stati i commenti da parte di politici, sindacalisti e via così su cosa fare per...
A scorrere le dichiarazioni, verrebbe voglia di prendere quelle degli anni passati se non dei decenni scorsi. Le differenze sono minime. Sintetizzando, suonano più o meno così: «C'è bisogno di strategie sul medio-lungo termine»; «Bisogna ridurre il gap tra Nord e Sud»; «Servono più investimenti per la scuola»; «Serve più impegno per il diritto allo studio»; «Vanno studiate strategie per la parità di genere» e via così.
Nel frattempo, ci dobbiamo accontentare di un orizzonte in cui l'inizio dell'anno scolastico resta incerto, di un ministro che scarica le responsabilità della riapertura sui presidi che dovranno trovare le soluzioni anti-Covid, di un concorso per docenti che ha tutta l'aria di un rebus. Con queste premesse, non c'è da sorprendersi se in Europa siamo agli ultimi posti di qualsiasi classifica, salvo primeggiare nelle peggiori.