EPPURE LA FUNIVIA SEMBRAVA INTEGRA - L'ULTIMA VERIFICA NEL NOVEMBRE DEL 2020 NON AVEVA REGISTRATO ANOMALIE SUL CAVO CHE POI SI È SPEZZATO CAUSANDO LA STRAGE DI STRESA - ERA STATO SOSTITUITO NEL 1998, I DANNI COMUNQUE NON SAREBBERO RICONDUCIBILI A UN FULMINE - INSOMMA SECONDO I CONTROLLI E LE RELAZIONI ERA TUTTO OK, COME DEL RESTO ACCADDE PER IL PONTE MORANDI: PECCATO CHE IN QUEL CASO I DOCUMENTI FOSSERO FALSI...
-Andrea Pasqualetto per www.corriere.it
L’indagine passa da lì, dalla causa prima della sciagura del Mottarone: la rottura della fune. Se non si fosse verificato questo rarissimo evento nulla di tragico sarebbe accaduto domenica scorsa sul Mottarone. Indipendentemente dal fatto che i freni della funivia fossero o meno funzionanti.
Ma chi doveva controllare lo stato di salute di questa fune di 2 centimetri e mezzo di diametro, installata nel 1998, che traina le cabine da una stazione all’altra della montagna? Come doveva controllare? E quando?
La Procura di Verbania sta mettendo insieme i tasselli di un grande mosaico di norme, regolamenti, report. E di nomi: quelli delle ditte e dei soggetti che dovevano vigilare, verificare, intervenire e verbalizzare.
Tadini e i controlli a vista
Partiamo dall’operazione più semplice e quotidiana. Domenica scorsa, come ogni mattina, il dovere di Gabriele Tadini, lo storico macchinista della società di gestione Ferrovie del Mottarone, ora in carcere, oltre che togliere i forchettoni che bloccavano i freni, doveva fare un controllo a vista sulla fune. Posizione, rumori sospetti.
I fulmini
Inoltre, secondo la regola, visto che durante la notte c’era stato un temporale con fulmini, era tenuto a osservare il cavo per un giro a velocità ridotta. Se avesse trovato delle anomalie, l’impianto non avrebbe potuto aprire. In questo caso sarebbe scattata la segnalazione al direttore di esercizio, Enrico Perocchio, l’uomo più alto in grado nella catena di comando della funivia, in cella pure lui.
Inoltre, ogni mese, lo stesso Tadini, nella sua funzione di capo servizio, deve fare un esame più approfondito delle varie componenti: cavo, pulegge, centralina. «Soprattutto dove ci sono state rotture di fili e altri danni esterni», prescrive l’allegato tecnico del decreto 18 maggio 2016, un po’ la Bibbia dei controlli sugli impianti a fune. Fin qui, il colpo d’occhio.
Sateco e i calamitoni
Il controllo più serio viene fatto una volta l’anno. L’ultimo è datato 5 novembre 2020 ed è firmato dalla torinese Sateco, 37 anni di esperienza su 3 mila impianti in 11 nazioni. La Sateco ha utilizzato il sistema magnetoinduttivo che rileva le condizioni della fune con dei calamitoni (come previsto dal decreto).
Il controllo è in grado di rilevare la percentuale deteriorata di metallo. Se arriva al 6% (ma la quota sale al 10 o al 25 a seconda della dimensione della superficie presa in considerazione) è allarme e la fune dev’essere sostituita.
In novembre il cavo del Mottarone è risultato sotto questa soglia e Sateco l’ha comunicato con un report a Perocchio, che a sua a volta ha spedito il risultato all’Ustif del ministero delle Infrastrutture, l’organo pubblico che sovrintende alla sicurezza su questi impianti.
Leitner e la «testa fusa»
La parte più fragile della fune è quella terminale, tecnicamente «testa fusa». Fragile e sospetta, perché i calamitoni in quel punto non arrivano e dunque anche il controllo annuale può essere eseguito soltanto a vista.
Il ministero ha prescritto un modo per superare il problema: la sostituzione ogni cinque anni. Si taglia un pezzo di cavo, circa una spanna, e si rifà la «testa». Operazione che è stata fatta il 22 novembre 2016 dalla Leitner di Vipiteno (Bolzano), il gruppo che ha fornito le cabine del Mottarone e che si occupa della maggior parte delle manutenzioni. I cinque anni scadono quindi fra sei mesi.
Nel frattempo, a vista, pare non sia emerso nulla di allarmante. Quanto alla durata del cavo, installato nel 1998, «non c’è più il termine dei 30 anni — spiega l’esperto —. Viene sostituito quando la parte di metallo sano scende sotto le soglie stabilite dal ministero».
I controlli
Insomma, i vari report sulla funivia della sciagura riportano numeri insospettabili. C’è però un precedente che un po’ inquieta: il ponte Morandi. Anche in quel caso le relazioni sfornavano percentuali da struttura in salute. Avevano però un difetto: erano false.