ERA MEJO SE CHIUDEVANO L'ISOLA – LA PARABOLA INVERSA DELLA SARDEGNA, DA COVID-FREE A FOCOLAIO D’ITALIA NEL GIRO DI UN MESE – I VACANZIERI HANNO PORTATO IL CORONAVIRUS, IL TILT DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE E LA QUARANTENA A SANTO STEFANO: I POSITIVI SONO SALITI A 21 TRA AI 470 TURISTI “COSTRETTI” NEL RESORT A 5 STELLE...
-1 – COVID IN RESORT, 21 POSITIVI DOPO I PRIMI 300 TAMPONI
Da www.ansa.it
Sono 21 i casi di positività al Covid-19 sui primi 300 tamponi già processati tra i 470 effettuati nel resort di Santo Stefano, nell'arcipelago di La Maddalena, in seguito all'allerta scattata dopo il contagio di un lavoratore stagionale della struttura alberghiera.
Turisti e personale sono costretti a non muoversi dal resort in attesa degli esiti definitivi dei test, previsti dopo le 14. I controlli molecolari hanno permesso di accelerare le operazioni di screening, processando i tamponi a grandi blocchi.
2 – DA COVID-FREE A ISOLA FOCOLAIO L'AGOSTO FOLLE DELLA SARDEGNA
Nicola Pinna per “la Stampa”
Dal Covid-free al Covid-caos il passo è davvero breve. Di mezzo c'è soltanto Ferragosto, con le sue feste e la baraonda degli sbarchi di massa. Le spiagge affollate, il viavai tra i villaggi turistici e le serate senza troppe regole intorno alle piste delle discoteche.
Al debutto della stagione turistica, dopo i mesi del lockdown, la Sardegna era arrivata ferita sì ma non azzoppata: pochi contagi quotidiani, numero fortunatamente ridotto di morti e quasi nessun intasamento nei reparti di terapia intensiva. Nel momento clou delle vacanze scoppia il caos: tutto accade in pochi giorni.
Un gruppo di ragazzi romani appena rientrato da Ibiza sparge il virus a Porto Rotondo e ancora non si sa quante persone siano state realmente contagiate. Dopo tre giorni di paura una nuova emergenza: nel paradiso di Santo Stefano, una delle sette isole dell'Arcipelago di La Maddalena, 470 persone sono in quarantena all'interno di un resort.
Un dipendente stagionale è finito in ospedale e nessuno può allontanarsi, finché non arriveranno i risultati dei tamponi. In due hanno pure cercato di allontanarsi con l'intenzione di raggiungere l'aeroporto ma la fuga è durata solo pochi chilometri.
Il primo allarme che rovina le vacanze dorate in Costa Smeralda arriva dal mare, dalla baia di Cala di Volpe, dove ormeggiano i più grandi yacht del mondo, di fronte al mega resort che ospita da 50 anni star, teste coronate e molti dei più ricchi del mondo.
Tre giorni prima di Ferragosto circola la voce di 5 positivi a bordo di uno yacht: al molo arrivano gli infermieri della Asl che fanno i tamponi e confermano l'indiscrezione. Nella spiaggia di Liscia Ruja, quella che i turisti hanno ribattezzato "long beach", si guarda la rada e si sistemano gli ombrelloni a distanza.
Ma la gente è troppa e le distanze sono teoria da Dpcm. La realtà è fatta di asciugamani vicini, di discussioni frequenti tra chi pretende che il vicino si allontani e di mascherine troppo spesso dimenticate a casa. Qualche giorno dopo il sindaco di Arzachena annuncia altri 5 positivi nel territorio: Porto Cervo e le altre borgate turistiche ricadono proprio nel suo territorio, ma dal Comune e dalle autorità sanitarie non arrivano altri dettagli.
E nel dubbio si fa festa. Il governatore Solinas riapre le discoteche dopo 48 ore di incertezze e allora si balla. Così a Porto Cervo, così a Porto Rotondo, l'altra località chic del Nord-Est della Sardegna. La sera di Ferragosto, quando le cene e gli eventi serali sono già iniziati, comincia a circolare la voce di altri positivi. Proprio a Porto Rotondo.
Fino alla conferma, che arriva il giorno insieme all'esito dei tamponi fatti a Roma, la vacanza prosegue all'insegna del menefreghismo. Molti dei ragazzi contagiati durante una festa in discoteca sono già partiti, altri restano bloccati e altri ancora preferiscono fuggire, spaventati anche dalla disorganizzazione della rete sanitaria della Sardegna.
«Abbiamo chiamato la Asl e non abbiamo avuto risposta - raccontano i ragazzi - Volevamo fare i test sierologici prima di partire ma non ci siamo riusciti, neanche a pagamento». Da Roma intanto arrivano altre notizie: gli amici del dj che ha suonato il 9 agosto nella discoteca di Porto Rotondo sono quasi tutti positivi. Hanno passato 7 notti insieme, hanno girato molti dei locali della Gallura, e in 10 hanno contratto il virus.
Tra loro c'è il figlio di Paola Perego, gli altri sono i rampolli di famiglie molto note della Capitale. Maria, il cui cognome è anche un marchio tra i più noti del made in Italy, era alla festa di Porto Rotondo insieme al fidanzato.
«Quando lui ha iniziato ad accusare sintomi influenzali anche lei ha iniziato a preoccuparsi - racconta la madre - Maria ha raccontato subito ai medici che era stata alla festa incriminata e che il fidanzato aveva i sintomi. Molti suoi amici, presi dal panico, hanno deciso di tornare a Roma e a Milano per effettuare il tampone in un centro privato. Io ho detto a mia figlia di non mettersi in viaggio. E per fare un test ho dovuto cercare una raccomandazione».
Mentre scoppia il caos nelle più rinomate località turistiche la Sardegna ancora non consente ai laboratori privati di svolgere i tamponi. A Olbia, città più vicina a Porto Cervo, Porto Rotondo e Santo Stefano, c'è l'ospedale Mater Olbia che ha un macchinario capace di svolgere 750 tamponi al giorno ma che non può operare. Giulio, il figlio di un importante notaio romano, è uno di quelli che è fuggito dalla Sardegna per non rimanere intrappolato nella lentezze sanitarie.
«Il medico - racconta la mamma - si è rifiutato di fare la richiesta per eseguire un tampone. A questo punto Giulio è tornato a Roma. Abbiamo scelto di fare il tampone pagando 200 euro alla clinica Sanatrix che è presa d'assalto da ragazzi dei quartieri vicini appena rientrati, molti in anticipo, dalla Sardegna e dall'Argentario».
Nel giorno del tracciamento impossibile, con altri 12 casi e la mega quarantena a Santo Stefano, il governatore Christian Solinas, che mesi fa invocava il patentino sanitario, si preoccupa solo del rischio contagio attraverso gli sbarchi di migranti nel Sulcis. Eppure la situazione più a rischio è nelle località turistiche scelte dai ricchi per le ferie: tra le suite e 5 stelle e non nei centri di accoglienza.