LA FABBRICA DI ANAGNI, SEDE DELLA "CATALENT", CHE CONSERVAVA 29 MILIONI DI DOSI DI ASTRAZENECA SCOPERTE DAI NAS SU SEGNALAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, È INAVVICINABILE, COME UN FORTINO - NESSUNO PUO' PARLARE CON LA STAMPA, NON C'E' UN DG, UN SEGRETARIO O UN ADDETTO STAMPA - SECONDO I DIPENDENTI "È TUTTO IN REGOLA. NON SAPPIAMO NULLA DELLE FIALE NASCOSTE"
-Grazia Longo per "La Stampa"
Immersa nelle campagne della Ciociaria sorge la sede italiana della Catalent, multinazionale americana con sede centrale a Somerset (New Jersey) che meno di un anno fa ha acquisito lo stabilimento Bristol Myers Squibb di Anagni. Si tratta di un grande impianto di produzione farmaceutica, a cento chilometri a Sud-Est di Roma, che infiala il vaccino AstraZeneca.
Ma più che un complesso produttivo sembra un fortino, da proteggere a tutti i costi. All'ingresso una gentile guardia giurata è irremovibile nel non concedere la possibilità di contattare chicchessia all'interno dello stabilimento. Non un direttore generale, un segretario, un addetto stampa. Nessuno può parlare con noi.
L'unica concessione è l'indirizzo email del responsabile inglese della comunicazione mondiale. Il quale purtroppo, però, non risponderà alla nostra richiesta di informazioni. Le uniche dichiarazioni ufficiali arrivano in serata dal presidente della divisione europea, Mario Gargiulo: «Dai controlli è risultato tutto a norma» spiega aggiungendo che «le dosi sono destinate allo stabilimento di AstraZeneca in Belgio» mentre non si conosce «la destinazione finale né si sa se saranno inviate nel Regno Unito».
Fuori dalla fabbrica operai e tecnici escono tutti rigorosamente in auto, si fermano alla sbarra e scambiano poche parole. «Sì so che sabato mattina sono venuti carabinieri del Nas, ma qui da noi è tutto in regola» dice uno. «Sono venuti anche domenica - interviene un altro - ma non hanno riscontrato nulla di anomalo». E un altro ancora aggiunge: «Non so nulla su fiale nascoste e ferme qui dentro. Noi lavoriamo e basta».
E così va a finire che l'unica novità ci viene fornita da alcuni tecnici dell'Ima, mentre in pausa fumano una sigaretta nel cortile del parcheggio accanto alla sbarra dell'uscita.
L'Ima progetta e costruisce macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici.
E infatti un tecnico, dal marcato accento toscano, spiega: «Siamo qui per allestire le macchine che serviranno per la produzione del vaccino americano Johnson & Johnson. Dovrebbero iniziare tra un mese».
Per quanto concerne, invece, le fiale dell'AstraZeneca siamo costretti a limitarci ai dettagli che emergono nel sito ufficiale della sede Catalent di Anagni. Ovvero che l'industria acquistata la scorsa estate ha aperto nel 1966 e occupa circa 19.300 metri quadri su un'area di 34 ettari: produce e confeziona, tra le altre cose, farmaci cardiovascolari, neurolettici, antitumorali, metabolici e antinfiammatori oltre che antibiotici non a base di penicillina, antivirali, analgesici iniettabili e biologici. E che ora «presta» il sito per la produzione di vaccini ad AstraZeneca per centinaia di milioni di dosi.
Gli impianti di Anagni, infatti, oltre a continuare a produrre i farmaci di Bristol Myers Squibb, si sono caratterizzati per la produzione conto terzi di prodotti biologici e con lo scoppio della pandemia, soprattutto di vaccini. Per primo quello prodotto appunto da AstraZeneca e presto il Johnson & Johnson.
Attraverso i reparti sterili e personale specializzato si provvede qui a infialare il vaccino. Nel mondo, Catalent impiega oltre 11 mila persone presso oltre 30 stabilimenti in 5 continenti e nell'esercizio 2018 ha generato più di 2 miliardi e mezzo di dollari di fatturato annuo.
Sulla questione delle dosi nascoste, il sindaco di Anagni, Daniele Natalia, osserva che «è spiacevole diventare famosi per un presunto occultamento di vaccini. Se quanto emerso al momento corrisponderà al vero mi dispiace non per Anagni, ma per gli italiani e gli europei».