FATEVE UNA RISATA! – VIVIAMO NELL’ERA DELL’INCONGRUO E DEL GROTTESCO: DA PARASITE AI MEME. PERCHÉ ANCHE NEI MOMENTI PIÙ DIFFICILI NON RIUSCIAMO A NON RIDERE? IL FANTASTICO SAGGIO “BREVE STORIA DELLA RISATA” CI SPIEGA PERCHÉ L’UOMO ABBIA SEMPRE AVUTO NECESSITÀ DI ALLEGRIA – DA GOETHE ALLA COMICITÀ DEI FUNERALI FINO AGLI SCOPPI DI ILARITÀ BANDITI DALLA CHIESA NEL MEDIOEVO
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Andrea Camprincoli per “Libero quotidiano”
«L' uomo sensuale ride spesso dove non c' è niente da ridere» diceva Johann Wolfgang Goethe aprendo nuovi scenari, perfino intriganti, su ciò che può suscitare una risata. «Seguendo l' intelletto, quasi tutto è ridicolo; seguendo la ragione, quasi niente lo è», continua Goethe ne Le affinità elettive, spiegandoci quante cose possiamo sapere sul carattere di una persona se capiamo ciò che essa trova ridicolo. Dimmi cosa ti fa ridere e ti dirò chi sei. «Si conosce un uomo dal modo in cui ride», scriveva Fedor Dostoevskij, indicando quanto sia profondamente umana la risata, come un bisogno primario.
A spiegarci proprio tutto sul perché l' uomo abbia necessità di ridere fin dai primi vagiti è il bellissimo saggio Breve storia della risata (Il Saggiatore, pp. 189, euro 17) di Terry Eagleton (1943), critico letterario inglese, docente universitario che ha insegnato presso le università di Oxford e Manchester. Uno studio approfondito e molto colto ma anche brillante e versatile, che farà addirittura ridere, per le numerose barzellette e battute che contiene. Si leggono esempi concreti di risata insieme a spiegazioni di natura filosofica, artistica, storica, letteraria, scientifica, sociologica, umanistica ed evoluzionistica.
Insomma, si conosceranno tutte le varie teorie sull' umorismo. Tra le quali una in particolare sembra scegliere l' autore indicandola come la più plausibile sul perché ridiamo, ed è la «teoria dell' incongruenza». Ovvero si ride quando non c' è niente da ridere ma capita qualcosa di strano, di fuori posto, come una nota stonata, un accidente inaspettato, che strappa una risata. Come in quella storiella in cui un uomo chiede di essere castrato nonostante i medici cerchino di dissuaderlo.
Alla fine dell' intervento chiede al compagno di stanza di cosa sia stato operato, e quello risponde: «Circoncisione». Ed egli battendosi la fronte esclama disperato: «Ecco come si diceva». Oppure quando si ride ai funerali è un altro esempio di risata incongruente. Nel libro lo spiegano sia Kant che Schopenhauer che collegano la risata all' incongruenza.
sorpresa emozionante Così come si leggerà, anche, Charles Darwin sostiene che la risata è causata da «qualcosa di incongruo o di inspiegabile, una sorpresa emozionante».
Insomma, siamo nell' era dell' incongruo, della risata grottesca e dello humour nero, stando a questo libro, che insiste su certi autori come Samuel Beckett (Giorni Felici, ancora in scena all' Auditorium di Roma, nell' esilarante interpretazione di Nicoletta Braschi). A questo proposito c' è una scena grottesca, del film drammatico, premio Oscar di quest' anno e già Palma d' oro, Paraside, del sudcoreano Bong Joon-ho, in cui allo spettatore viene strappata una risata nel momento di massima della tensione emotiva, il punto più alto diventa l' anticlimax in cui la traiettoria dall' alto si sposta verso il basso, e la risata incontra la morte. Quella smorfia buffa sul volto dell' uomo che sta per ricevere il colpo fatale, fa ridere e quasi ci libera da quel dramma portandoci altrove.
«L' essenza del grottesco - si legge nel libro - sta nell' esprimere la contraddittorietà e la pienezza bifronte della vita che ha in sé la negazione e la distruzione (morte di ciò che è vecchio) come momento indispensabile, inseparabile dall' affermazione, dalla nascita di qualcosa di nuovo e migliore».
«La morte, solitamente incoronata con significati sinistri - spiega Terry Eagleton - viene momentaneamente disarmata, ridotta a farsa beckettiana, e l' energia che investiamo nel reprimere la certezza della nostra stessa mortalità può essere scaricata nelle risate».
Si sa che in tempo di guerra, quando il popolo sta male, c' è più bisogno di ridere. Con la comicità si cerca di annullare la realtà, come nel periodo del carnevale si diventa, con la maschera, qualcosa di altro da se stessi. Spiega Freud che la risata ci libera dalla tirannia del "principio di realtà" ci fa ribellare al dispotismo e ci permette di accedere al "principio del piacere". Ovvero la barzelletta fa per gli adulti ciò che il gioco fa per i bambini.
il potente disagio
Nel film Joker la risata è un simbolo potentissimo di disagio, della malattia mentale che viene negata dalla società. La risata di Joker è inconsapevole, portatrice di un dolore psichico profondo, un tic nervoso, che echeggia perfino dinanzi alle scene più tragiche di morte. Eppure, anche «se la risata è satanica», scriveva Charles Baudelaire, «è quindi profondamente umana». Come il nostro Joker povero diavolo, malato, antieroe, bisognoso di amore e di cure. Demoniaco è lo scoppio di risa beffarde, come commenta il diavolo nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, si tratta dell' elemento ribelle e deviato che impedisce al mondo di crollare sotto il peso della propria mitezza. L' inferno, tradizionalmente, risuona delle risate oscene.
Per Aristotele la risata è una delle tre virtù sociali insieme all' amicizia e alla veridicità, ma questo tipo di verve richiede raffinatezza e educazione, come pure l' utilizzo dell' ironia. «Il riso abbonda nella bocca degli stolti», è il motto latino che ci ricorda che la Chiesa, durante il medioevo, aveva messo al bando la risata. Invece, ridere è la migliore medicina: «Dieci volte al giorno devi ridere ed essere allegro: altrimenti lo stomaco, che è il padre di ogni mestizia, ti disturberà nella notte», scriveva Friedrich Nietzsche.