Franca Giansoldati per il Messaggero
Micronesia, Fiji, Kiribati, Marshall, Palau, Papua. Il destino di questi arcipelaghi nel Pacifico di sparire inghiottiti dall' acqua potrebbe essere in prospettiva assai simile a quello di chi risiede nella laguna veneta, nei Paesi Bassi o in alcune aree francesi della costa bretone.
Quando cinque anni fa si cominciava timidamente a parlare a livello internazionale del disastro di molte aree del pianeta causato dall' innalzamento delle acque per effetto del climate change, le prime proiezioni (catastrofiche) che arrivavano dagli scienziati e dai climatologi venivano accolte con ondate di scetticismo e una sostanziale indifferenza.
Poi però, le prime avvisaglie dell' innalzamento delle acque dovuto al progressivo scioglimento dei ghiacci, ha alimentato drammatiche emigrazioni ambientali. Intere comunità che avevano sempre abitato su alcuni di questi atolli hanno dovuto abbandonare le proprie terre ormai sommerse.
Case distrutte, villaggi spazzati via, famiglie in fuga con poche cose e la prospettiva della miseria.
L' isola di Nuatambu, ad esempio, abitata da 25 famiglie, ha perso metà della sua superficie e le case sono state distrutte dal mare dal 2011.
IL FRONTE I primi migranti ambientali hanno aperto un fronte nuovo che è stato messo a fuoco in modo esemplare dal libro di Francesca Santolini, esperta di questioni climatiche, intitolato Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno con la prefazione di Marco Impagliazzo, la postfazione di Giampiero Massolo, pubblicato da Rubbettino.
L' autrice mette a fuoco la dimensione di un fenomeno che potrebbe trasformarsi nella piu grave crisi dei rifugiati dalla Seconda guerra mondiale in poi, con flussi migratori senza precedenti. Il World Economic Forum, che riunisce il gotha dell' economia mondiale, riconosce il cambiamento climatico come il rischio piu grande della terra.
Nel rapporto Global Report si legge: la «mancata mitigazione e il mancato adattamento al cambiamento climatico sono il rischio globale numero uno in termini di impatto, mentre il pericolo piu probabile e costituito dalle migrazioni involontarie su larga scala, che registrano quest' anno la piu forte crescita in termini di impatto e di probabilita».
Tuttavia è stato l' Ipcc - l' organismo voluto dall' Onu che riunisce duemila scienziati - che ha quantificato il fenomeno e rilevato che i cambiamenti climatici faranno crescere i rischi di conflitti violenti «amplificando i ben documentati driver di questi conflitti, come la povertà e gli shock economici».
Quello che per esempio sta già accadendo in Africa attorno al bacino del lago Ciad dove si sono accesi conflitti a bassa intensità per il controllo delle acque, generando migrazioni forzate.
L' autrice del libro ha raccolto dati, analisi, proiezioni. Secondo uno studio della Banca Mondiale, entro il 2050 saranno ben 143 milioni le persone costrette a spostarsi dalle proprie terre per motivi climatici. A questo punto si apre un nodo di natura giuridica sullo status di migrante climatico. Al momento questa fattispecie non gode di un formale riconoscimento tra le «categorie» dei migranti. Non vi è un accordo anche se si tratta di migrazioni forzate perché fuggono da luoghi devastati da calamita naturali. Inondazioni, desertificazione, siccità.
Papa Francesco, nella sua enciclica sociale e verde, la Laudato si', ha dedicato diversi punti ai migranti climatici incoraggiando la comunità internazionale a trovare un accordo e a non voltare lo sguardo altrove. A settembre l' Ipcc ha dovuto rivedere le proiezioni includendo tra le terre che verranno sommerse nell' arco di 30 anni il Bangladesh, il Sudest asiatico che è un' area particolarmente vulnerabile, tanto che Ho Chi Minh City e Bangkok saranno sott' acqua entro il 2050, e milioni di persone nel Delta del Mekong.
Una corsa contro il tempo.
francesca santolini profughi del clima