FUNE INGLORIOSA - GABRIELE TADINI CONTINUA A RIPETERE CHE I FRENI D’EMERGENZA SONO STATI DISINSERITI SOLO ALCUNE VOLTE E SEMPRE SULLA CABINA NUMERO TRE DELLA FUNIVIA DEL MOTTARONE. MA C’È UNA FOTO CHE LO SBUGIARDA, SCATTATA DOMENICA 9 MAGGIO, CIOÈ DUE SETTIMANE PRIMA DELL’INCIDENTE IN CUI HANNO PERSO LA VITA 14 PERSONE: SI VEDE LA CABINA NUMERO QUATTRO PIENA DI PERSONE (BEN OLTRE I 18 POSTI CONSENTITI), CON I FORCHETTONI INSERITI…
-Ivan Fossati e Niccolò Zancan per “la Stampa”
C' è una foto che adesso non si può guardare senza provare sgomento. La funivia è proprio in quel punto: quasi in vetta, a pochi metri dalla stazione del Mottarone.
È il primo pomeriggio di domenica 9 maggio, mancano due settimane allo schianto che è costato la vita a 14 persone. È una domenica speciale, la prima in zona gialla. Va in scena l' undicesima edizione del «Trail del Mottarone», una corsa di 20 chilometri in salita. Settecento persone si sono iscritte alla gara.
Partenza da Stresa, arrivo in cima alla montagna. Il fotografo Danilo Donadio è in servizio per La Stampa, scatta molte foto, anche il ritorno a valle dei corridori. Ecco quello che si vede nelle fotografia: la cabina numero 4 è piena zeppa di persone, ben oltre i 18 posti consentiti dalla normative Covid. Ma quel che è peggio, è che la cabina numero 4 ha i famigerati forchettoni inseriti. Si vede la coppia di ceppi rossi, in alto, a bloccare il sistema dei freni d' emergenza.
Per tutto il giorno la funivia si riempie di persone, avanti e indietro, in spregio a tutte le norme di sicurezza. «Abbiamo ricevuto non poche lamentele» dice Max Valsesia, uno degli organizzatori della gara. «Il ritorno in funivia era compreso nell' iscrizione per 30 euro, ma se ne occupava direttamente il gestore Luigi Nerini.
Non so quali fossero le restrizioni e nemmeno conosco i protocolli, spettava a lui occuparsene. So che si era creato un tappo alla partenza, faceva freddino e le lamentele erano per l' eccessiva attesa. C' erano famiglie, molti bambini».
Forse è per quel motivo che le cabine 3 e 4 giravano piene. Quello che non si capisce è perché fossero bloccati i freni anche della numero 4, visto che fino a oggi il capo servizio Gabriele Tadini ha sempre ripetuto che i problemi erano sulla vettura numero 3. E solo quella, la vettura poi precipitata, era stata utilizzata senza freni d' emergenza.
«Gabriele Tadini ripete sempre le stesse parole», dice l' avvocato Marcello Perillo. È appeno stato a colloquio da lui nella casa di Borgomanero, dove si trova agli arresti domiciliari. «Tadini continua a ripetere che i freni d' emergenza sono stati disinseriti solo alcune volte e sempre sulla cabina numero 3, per quel noto problema al sistema idraulico che mandava in avaria l' impianto».
L' unico indagato sottoposto a misura cautelare vive giorni di grande solitudine, quasi tutti i colleghi gli hanno voltato le spalle. Lui ripete di aver preso quella decisione dopo averne parlato con il gestore Luigi Nerini e con il responsabile di esercizio Enrico Perocchio. Ma se è vero quello che raccontano a Stresa, non sarà facile dimostrarlo: «Tadini usa un vecchio telefono, non ha nemmeno WhatsApp».
E Perocchio, davanti al giudice per le indagini preliminari, ha ripetuto questa frase: «Trovatemi una sola mail o un solo messaggio in cui io vengo informato dell' uso dei forchettoni». No, secondo le testimonianze del vetturino Fabrizio Coppi, il solo a confermare la versione di Tadini, quando c' era un problema tecnico il capo servizio telefonava e parlava con i suoi superiori, spesso li aveva sentiti discutere animatamente.
Così gli investigatori cercano eventuali tracce nei computer, nei tabulati e nei telefoni degli indagati. Mentre i periti tornano nel bosco, sotto la stazione di monte. Dove tutti si occupano di stabilire le ragioni del cedimento della fune traente. Lunedì tornerà lassù anche l' ingegner Giorgio Chiandussi del Politecnico di Torino, il perito nominato dalla procura.
Ieri avrebbero voluto avvicinarsi i periti di parte, Riccardo Falco e Andrea Gruttadauria, un fisico e un esperto di ingegneria dei metalli. «Vogliamo fare una ricognizione diretta, finora abbiamo potuto esaminare solo delle fotografie», diceva l' avvocato Perillo. Ma il permesso non gli è stato accordato. «La procura ci ha vietato la ricognizione, sono molto risentito», ha detto l' avvocato allontanandosi.
Insomma, la strage del Mottarone sta prendendo la forma di tutte le tragedie italiane. E infatti ecco arrivare la notizia che «le indagini si allargano a altri incidenti», cioè quelli avvenuti su un altro impianto della stessa società di Luigi Nerini, la Alpyland, una pista di bob su rotaia. Un incidente nel 2017, l' altro nel 2019: feriti un dipendente e un passeggero.
Certo: sono tante le domande in cerca di risposta. Ma oggi, per noi, la più importante è questa: perché domenica 14 maggio la cabina numero 4 della funivia viaggiava piena di persone e senza freni?